1500 caratteri, Renzi

Matteo Renzi, l’uomo del Vaffanbagno

Io credo che se cinque anni fa avessimo chiesto ai sostenitori del neonato Movimento Cinque Stelle “che cosa vuoi davvero”? pochissimi avrebbero risposto “Beppe Grillo al governo”. Nemmeno Beppe Grillo avrebbe detto una cosa del genere.

Molti avrebbero risposto, invece: “chiudere Equitalia”: e Grillo tra loro.

Il Post

E quindi oggi chi deve festeggiare: Matteo Renzi che governa e si prende la responsabilità di politiche non sempre popolari, o Beppe Grillo che senza sporcarsi le mani ottiene quello che Beppe Grillo per primo ha desiderato e formalizzato in una richiesta? Equitalia è solo un nome; alcuni debiti restano, altri Renzi li condona per motivi elettorali che non scandalizzano nessuno. Ma “chiudiamo Equitalia” era uno slogan, e chi l’ha coniato ha evidentemente conquistato l’egemonia nel dibattito politico.

Perché perder tempo a governare quando puoi ispirare l’azione di governo a distanza, da un blog, e tirare pure un po’ di soldi coi banner? Grillo dice: abbasso la casta! e Renzi s’ingegna a ridurre i parlamentari. Grillo tuona contro le auto blu, Renzi le requisisce e le mette all’asta su eBay. Grillo richiama l’attenzione sul fatto che molta gente è costretta a pagare gli interessi sui debiti, e Renzi provvede. Grillo ottiene quello che domandava e Renzi forse vincerà il referendum che gli preme tanto: ma con che faccia viene a proporsi come alternativa all’antipolitica? Perché non dovremmo considerarlo, piuttosto, un grillino dal volto umano? Uno che dal movimento del Vaffanculo ha preso due o tre istanze che funzionavano, le ha moderate aggiungendo qualche spezia progressista o liberale, e con questo polpettone prova a vincere, anche lui, un po’ di elezioni?

Certo, “Bye bye Equitalia” suona molto meno truce di “Chiudiamola”. In parrocchia, da bambini, non volendo offendere troppo il nostro interlocutore (e non sapendo ancora molto di sodomia), a volte dicevamo “vaffanbagno”. Matteo Renzi è un po’ così, uno che cerca di combattere il Vaffanculo col Vaffanbagno. Magari funziona.

1500 caratteri, Beppe Grillo, coccodrilli, elezioni 2013

L’anno che ci colpì in testa

Nel gennaio del 2014 Pierluigi Bersani fu ricoverato – emorragia cerebrale. Tutto sommato gli andò bene, e un mese dopo era già in grado di votare la fiducia al governo Renzi. In aprile fu Gianroberto Casaleggio ad accusare dolori al capo. Anche lui prontamente operato per un edema, anche lui sembrò rimettersi. Bersani è del ’51, Casaleggio del ’54. Entrambi venivano da un anno molto complicato: la campagna elettorale, la crisi al buio, la sofferta rielezione di Napolitano, la tremolante parabola del governo Letta. In mezzo a tutto questo, la trasformazione del M5S da movimento di opinione a principale forza d’opposizione parlamentare, con le inevitabili defezioni ed estromissioni.

Per la Z era forse previsto
un secondo volume (zuzzurellone!
zimbello! zozzo!)

A distanza di qualche anno forse cominciamo a dimenticarci di quanto fu pesante il 2013. Lo fu per me, che avevo un posto fisso e scribacchiavo – lo fu senz’altro molto di più per personaggi pubblici e leader che si trovarono, contemporaneamente, alla berlina sui media, e soli davanti alle decisioni più importanti. Non è così assurdo ipotizzare che lo stress pre- e post-elettorale sia stato una delle cause del malore di Bersani: e Casaleggio forse negli stessi mesi era sottoposto a una tensione ancora maggiore. In più, doveva far fronte alla curiosità faziosa dei media: un’esposizione a cui Bersani era abituato per formazione, mentre per un consulente-imprenditore come lui si trattava di una relativa, e sgradita, novità.

Certo, Beppe Grillo la taglia un po’ troppo semplice quando dice: l’avete ammazzato voi giornalisti. Ed è abbastanza indicativo che di fronte all’intrusione dei media, il cosiddetto guru delle nuove tecnologie abbia reagito alla vecchia maniera, accumulando querele. Diciamo che trasformare un’idea un po’ vaga di democrazia dal basso in quella macchina da guerra che è diventato il M5S richiedeva uno sforzo di energia che qualcuno ha pagato. A un certo punto anche Grillo si sentiva “stanchino“: Casaleggio era già stato operato almeno una volta. La politica è sangue, sudore, riflessi nervosi, materia cerebrale. I giornalisti certo non usano i guanti, ma in generale è il pubblico che non ha pietà. Io perlomeno nel mio piccolo non ne ha avuta, e lo sfogo di Grillo un po’ lo capisco.

1500 caratteri, migranti

Ja, Sie werden durchkommen (Sì, passeranno)

Cari eventuali lettori austriaci: ho scoperto in questi giorni, come tutti, che il vostro governo ha pensato di risolvere una futura emergenza migranti alzando un muretto di 250 metri al Brennero.

L’affetto che provo per la vostra bella terra e per voi non mi impedisce di domandarvi: ma voi sul serio ci credete ancora a questa cosa di essere austriaci, che a Robert Musil sembrava un anacronismo già nel 1919? È che ne conosco parecchi a cui sta stretta l’Italia o persino l’Europa: possibile che a voi calzi ancora bene un concetto come l’Austria – per carità, comodo, confortevole, heimlich, ma insomma – pensate solo alle autostrade. È da un po’ che si usano. Non ce n’è neanche una diretta tra Innsbruck e Vienna. Si passa, come sapete, dalla Baviera. Lo spazio di Schengen lo avevamo inventato anche per superare questa sciocchezze – voglio dire, due frontiere per andare dal Tirolo a Salisburgo? Sul serio vorreste tornare a un’Europa così?

La seconda è: avete sentito parlare di Mouaz Al Balkhi e Shadi Kataf? In caso contrario vi rimando a Mazzetta. Per farla breve è la storia di due profughi siriani che dopo qualche mese d’attesa nel limbo di Calais, non avendo abbastanza fondi per pagare qualche scafista che li portasse in Inghilterra, si sono comprati due mute da Decathlon e hanno provato a farsela a nuoto. Da Calais a Dover. Il cadavere di uno dei due lo hanno trovato in Olanda, l’altro in Norvegia. Storia abbastanza agghiacciante.

Ora, ditemi voi.

La disperazione che porta un giovane siriano a tuffarsi nella Manica e a tentare di attraversarla a nuoto, qualcuno sul serio pensa di contrastarla con un muretto di 250 metri in fondo al valico? È vero, è gente che non ha mai visto le Alpi.

Ma hanno visto di peggio. Si conteranno i soldi in tasca, magari compreranno un paio di scarponi allo Schoelzhorn Sport, saranno a Gries prima che canti il gallo. Di lì è tutta discesa fino a Schönberg. Se ce l’ha fatta Annibale, credete di fermarli?

1500 caratteri, Renzi, Roma

A governare comincia tu

A pochi mesi dalle tormentate dimissioni di Ignazio Marino – il sindaco a cui si imputavano scontrini sospetti e parcheggi in divieto di sosta – il centrodestra sta pensando di candidare Guido Bertolaso, che risulta tuttora iscritto nei registri di alcune procure. Poi per carità, su questo blog sono tutti innocenti fino al terzo grado – Bertolaso semmai si può criticare per come ha gestito diverse emergenze, in modo magari non illegale ma abbastanza disastroso – e comunque non è senz’altro il candidato peggiore che si poteva trovare, anzi.

Però sul serio i romani di centrodestra se lo voteranno? Un tizio che si porta con sé già gli scandali pregressi, uno che dopo qualche mese o anno al Campidoglio potrebbe essere processato per omicidio colposo? Possibile che Forza Italia e compagnia non riescano a trovare un nome un po’ più credibile, votabile? Perché a questo punto danno veramente la sensazione di tirare a perdere. Dopotutto Roma ormai è un tale caos, forse è meglio chiamarsi fuori. Come sta facendo ormai da anni il Movimento 5 Stelle coi suoi candidati qualunque.

Sul finire del secondo anno di Renzi, gran parte dell’arco parlamentare sembra intento a mettere in scena l’opposizione, più che a praticarla davvero. A volte mi domando se non ho sottovalutato il tizio: più probabilmente stavo sopravvalutando i suoi avversari, e la loro determinazione a batterlo, sbandierata a parole, negata dai fatti. Non ho altro di intelligente da aggiungere, per cui mi cito: “Non siamo in uno di quei momenti storici in cui il popolo intravede in un individuo il concretarsi del destino collettivo. Piuttosto in uno di quei secoli bui in cui il potere è un po’ di chi se lo piglia, di chi passava nel palazzo in quel momento in cui i pretoriani fanno fuori il Cesare pazzo e nessun altro accetta di farsi acclamare”.

1500 caratteri, Beppe Grillo, omofobie

Aspettarsi corerenza da Beppe Grillo

(L’hanno presa bene)

Non so se qualcuno ha già notato il paradosso: da una parte c’è un politico (Beppe Grillo) che ha sempre creduto nel vincolo di mandato, che ora chiede ai senatori del suo partito di “votare secondo coscienza”…

…e dall’altra ci sono i suoi detrattori, che invece nel vincolo di mandato non ci hanno mai creduto – e più volte hanno difeso il principio per cui i senatori del M5S non sono i pigiatasti del privato cittadino Beppe Grillo – e adesso se la prendono con lui. Che ha fatto? Ha chiesto ai parlamentari del suo partito di votare secondo coscienza.

E dunque come funziona questa cosa di rinfacciarsi la coerenza? Ok, Grillo è incoerente, ma chi lo critica non lo è in eguale misura? Forse alla fine ci appassioniamo di politica proprio perché è un gioco di specchi. Le questioni di principio diventano questioni di metodo, i metodi materia di compromesso, i compromessi petizioni di principio, e così via, all’infinito.

Cosa vorresti domani? Un’Italia un po’ più civile in cui gli omosessuali possono farsi una famiglia. Servirebbe una maggioranza di sinistra – non c’è. Possiamo offrire ai centristi un po’ di sottosegretariati e confidare nella coerenza di Beppe Grillo. Sulla seconda cosa spero nessuno facesse davvero affidamento.

1500 caratteri, famiglie, non ho voglia di tuffarmi in un gomitolo

Emiglio è ancora meglio?

Secondo me è andata così: a metà anni Novanta qualcuno alla Giochi Preziosi scrisse un numero sbagliato su un documento. Una virgola spostata, o uno zero in più. Cose che succedono.

Il risultato è che il signor Preziosi ha capannoni dismessi pieni di Robot Emiglio, e continua a comprare spazi pubblicitari sotto le feste per ricordarci che Emiglio è meglio. Lo stesso spot (non questo) da dieci anni. Lo stesso robot di plastica che andava ai tempi della Fiat Tipo. Stavano sostituendo i telefoni a gettone coi telefoni a schede magnetiche. Se siete passati per qualche negozio di giocattoli sotto le feste avrete visto uno dei simboli del lato oscuro del Natale – la piramide degli scatoloni di Robot Emiglio. Costa pure un sacco di soldi.

Voi però nel negozio ci andavate per cercare i Paw Patrol.

Non li ha promossi nessuno. Sono introvabili. Quando arrivate alla corsia giusta, tra l’oggettistica dell’orsetto Paddington e il merchandising di Peppa in offerta speciale da due anni, c’è il classico buco. Sono gli animaletti di Paw Patrol. Nessuno intendeva venderteli a Natale. Poi Cartoonito aveva un buco nel palinsesto e lo ha riempito con le repliche del simpatico cartone animato in cui i cuccioli forniscono servizi socialmente utili in cambio di crocchette.

E adesso Skye è introvabile.

Skye è la cucciola che pilota l’elicottero – è anche l’unica di cui si può desumere il sesso femminile (secondo me è femmina anche il dalmata pompiere, ma non è chiaro). Il lupetto poliziotto e il bulldog cantierista te li tirano dietro, ma Skye non si trova. Tutti i negozi di giocattoli di tre popolose province italiane. Amazon. Ebay. Niente. Santa Lucia non ce l’ha fatta, e ha passato la pratica a Babbo Natale. Babbo Natale ha chiesto alla Befana. La Befana ha proposto uno sconto sul robot Emiglio.

(E anche queste feste ce le siamo messe alle spalle. Sarà un grande 2016).

1500 caratteri, auto, sport

L’anno che Valentino ha perso contro uno, boh, con una moto.

Fatevi passar la rabbia, perché meglio di così davvero non poteva andare. Valentino Rossi ha vinto nella sua carriera non so quanti mondiali di cui a me, e a milioni di persone come me, non è fregato niente.

Oggi invece ha perso, partendo in fondo allo schieramento a causa di una penalizzazione di cui si è parlato molto ma di cui non mi era fregato niente fino a oggi, quando ho visto Valentino Rossi risalire dieci posizioni senza farsi prendere dalla rabbia.

Quando poi l’ho visto perdere lo stesso ho sentito qualcosa; mi sono sorpreso a sperare che in questo periodo Valentino Rossi abbia risolto le sue pendenze col fisco, non solo perché per la prima volta nella vita ho tifato Valentino Rossi – non sarebbe la prima volta che tifo uno sportivo non irreprensibile – ma perché nei prossimi giorni mi potrebbe capitare di tirarlo fuori coi ragazzini, Valentino Rossi, come esempio di vita o perlomeno di carattere, come esempio di come certe volte si vince anche quando non si vince, e viceversa. Del resto domattina sarà difficile parlare d’altro.

Ma ho la sensazione che ne parleremo anche tra un anno, e tra dieci, e quando ormai nessuno si ricorderà più bene quanti motomondiali ha vinto Rossi, ma ci ricorderemo di quello in cui è stato in testa alla classifica fino all’ultima gara, e ha perso contro uno di cui nessuno si rammenta più il nome.

Io perlomeno me lo sono già dimenticato, e anche voi dovreste.

1500 caratteri, giustizia

Assolto per non aver commesso un fatto interessante

Se Erri De Luca non va in galera, siamo tutti contenti. Se lui nel frattempo si richiama a Mandela e Gandhi, non si può fare a meno di notare che loro in prigione ci hanno passato degli anni, proprio perché incitavano alla rivolta contro regimi repressivi.

Se De Luca sostiene che l’Italia odierna sia un regime analogo; che il potere asservito al profitto rubi la terra e l’acqua agli abitanti; e che sia giusto pertanto ribellarsi e sabotare… se la pensa così, potrebbe persino aver ragione, ma a questo punto in galera dovrebbe volerci andare volentieri proprio proprio come ci entrava Gandhi; il quale mai si sarebbe spinto a cavillare, come l’avvocato di De Luca, sull’accezione più o meno estesa del termine “sabotare”. Perché insomma, questo Stato repressivo che condanna uno scrittore per le sue opinioni, in Italia almeno da questa sentenza non risulta. De Luca ha fatto bene a difendersi, ed è comprensibile che festeggi: ma in cuor suo dovrebbe essere deluso.

Io invece sono perplesso. Sabotare un cantiere è un reato? Pare di sì. Incitare a commettere un reato non è istigazione a delinquere? Non in questo caso. Quando usciranno le motivazioni della sentenza, le leggerò. Per ora l’unica ipotesi che mi viene in mente è quella triste del buon senso; il giudice potrebbe aver concluso che nessuno al giorno d’oggi si arma di martelli e tronchesi per aver letto un testo di Erri De Luca. Più che l’innocenza di uno scrittore, la sentenza ratificherebbe lo scarso credito della sua professione, la letteratura.

1500 caratteri

L’UE è un’enorme Padania

Che la vicenda greca sia stata una sconfitta per l’Europa può anche essere possibile; trovo più difficile considerarla una sconfitta della democrazia, colpita al cuore da tecnocrati, banchieri, economisti, eccetera. Scusate se da qui sembra proprio l’opposto: c’è fior di tecnocrati ed economisti che parla ormai da anni della necessità di condonare i debiti alla Grecia – del resto chi mastica un po’ d’affari sa da sempre che la bancarotta fa parte del gioco del debito e del credito; per tacere della necessità geopolitica di non creare altre turbolenze nel Mediterraneo. Fosse stato per il Fondo Monetario Internazionale, o per i vertici Nato, i greci da questo tunnel sarebbero già fuori da un pezzo. Non è un malvagio ministro delle finanze tedesco a voler la Grecia fuori dall’Euro: è la maggioranza degli elettori tedeschi. E baltici. Se non carpatici. E questo, mi rendo conto, è uno choc.

Lo è almeno per molti della mia generazione, che guardavano all’Europa come all’orizzonte di fuga dal bassissimo livello della politica italiana. Per anni abbiamo invocato un’Europa che ci salvasse dalla grettezza dei parvenus leghisti, e oggi scopriamo che a nord della Padania non c’è necessariamente più welfare e libertà, ma una Padania altrettanto gretta e parvenue, moltiplicata per venti. La retorica contro il sud fannullone e parassita la conosciamo bene; l’ansia dei popoli appena approdati al benessere occidentale, che sospettano di poterlo perdere da un momento all’altro, non dovremmo faticare molto a capirla. A non volere un’Europa unita nella buona e nella cattiva sorte non sono tecnocrati e banchieri – ai quali anzi si può rimproverare di aver fatto un passo più lungo della gamba, mandando avanti una moneta unica nella speranza che creasse le premesse per qualcosa di più solido – ma gli europei. Non tutti, no, ma la maggioranza. Quella che in democrazia decide, ahinoi.

1500 caratteri, economie

L’europistola alla parete

Di economia capisco poco, a differenza di tutti a quanto pare. Quello che sta succedendo purtroppo continua a sembrarmi ragionevole non già da un punto di vista finanziario (ci perderemo tutti) o men che mai strategico (sembra che abbia prevalso l’autolesionismo), ma ahinoi, narrativo. Il Grexit è la famosa pistola appesa alla parete nel primo atto, che nel secondo qualcuno fatalmente impugnerà, sennò che storia sarebbe. Non già i greci, che pure qualche tendenza suicida l’avevano mostrata, ma – colpo di scena – i tedeschi. Dietro di loro, gli europei più giovani e affamati, meno propensi a comprendere la tragedia di una nazione che ha vissuto per decenni al di sopra delle proprie possibilità.

Dire che questa è la fine dell’Europa mi sembra un po’ ingiusto: per quanto l’ultimatum alla Grecia (75 anni dopo il nostro) possa risultare disastroso, è una delle scelte maggiormente condivise che i dirigenti europei abbiano preso. Si tratta semplicemente di un’Europa molto diversa da quella che avevamo immaginato: a trazione centrosettentrionale, con a disposizione ancora qualche serbatoio di manodopera sottosviluppata nelle nuove province ad est. Il mediterraneo avrebbe ancora un’importanza strategica, ma vallo a spiegare ai politici (e ai loro elettori). Vista dalle pianure baltiche, la Grecia deve sembrare un pastrocchio piccolo e sacrificabile.

L’Italia – si spera – sarà un’altra faccenda: però a questo punto possiamo aspettarci davvero di tutto. I nostri rappresentanti hanno seguito tutta la cosa con la consueta superficialità e mancanza di visione: ma prendersela con loro è già un morsicarsi i codini sulla via verso il mattatoio. Con questi tedeschi (e lettoni, e finlandesi, e slovacchi, ecc.) non ci avrebbe salvato un De Gasperi: Renzi evidentemente non lo è.

1500 caratteri, Berlusconi, dialoghi, elezioni 2015

È facile confonderli

Quindi quelli erano…
“La concorrenza”.
“I comunisti”.
“Una specie”.
“Non li immaginavo… così”.
“Erano giovani”.
“E niente bandiere”.
“Così è facile confonderli”.
“Avete visto cosa hanno fatto… mi hanno circondato e… hanno tirato fuori quegli affari”.
“Gli smartphones”.
“Proprio come se fossero i nostri. Non me lo sarei mai immaginato”.
“Che immaginava che sarebbe successo?”
“Non so. Un lancio di monetine. Una statuetta sui denti”.
“I tempi sono cambiati”.
“E invece sono venuti a farsi il selfie. Cosa sta succedendo?”
“Non se la prenda troppo, Presidente”.
“Domani tutti mi prenderanno in giro perché non so riconoscere la mia gente, mi daranno del vecchio rincoglionito. Ma cosa sta succedendo a loro? Perché non mi hanno cacciato via?”
“Erano giovani”.
“I giovani di solito erano i più incazzati. Possibile che io non faccia più paura?”
“Presidente…”
“Neanche un po’ di rabbia? Niente?”
“…È stato solo un misunderstanding, vedrà che domani dichiareranno di essersi incazzati tantissimo per la sua provocazione”.
“Forse sono davvero un vecchio rincoglionito”.
“No, Presidente, lei no…”
“Posso accettare di essere un vecchio rincoglionito. Ma resto lo stronzo di sempre, non è che se mi invito a casa vostra voi vi mettete in posa. Sono sempre il vostro nemico numero uno, v’ho battuto per vent’anni, non scordatevelo mai”.
“Non se lo scordano, Presidente”.
“È una questione di rispetto”.
“Siamo arrivati, Presidente”.
“Questi sono i nostri, quindi?”
“Questi sì”.
“Da cosa li distingue?”
“Più nokia che iphones”.

1500 caratteri, Renzi

Come democristiani avete ancora molto da imparare

Può persino darsi che Rosy Bindi sia la cinica manovratrice che dipingete, e che la pubblicazione nell’ultimo giorno di campagna elettorale di un elenco di candidati con pendenze giudiziarie (i cosiddetti impresentabili) sia un colpo basso contro Renzi. Perché no.

Un’accusina da niente

Dopo tanti anni di tiro alla Bindi, l’accusa di machiavellismo è almeno qualcosa di nuovo. Il punto è che, subdola o meno, la Bindi non ha fatto altro che recepire le direttive votate all’unanimità dal parlamento: potrà anche far male come un colpo basso, ma è stato un colpo regolare. Invece a strepitare su twitter che non si fa così, che non è giusto, che non è bello, cosa si ottiene? Magari sbaglio, ma vista da lontano la scena di Scalfarotto e Faraone che danno lezioni alla presidente della Commissione Antimafia non è proprio quella che mi aspetterei da un partito che domani si gioca un appuntamento elettorale importante. Sul serio non è giusto, non è bello, informare i cittadini che il tal candidato è stato rinviato a giudizio?

Faraone ci spiega a cosa non serve
la Commissione Antimafia.

Il renzismo vi tira fuori il peggio. C’è un tipo di arroganza che il vostro boss si può permettere – è il suo stile, e poi davvero il boss è lui – che trasferita ai sottoposti suona terribilmente falsa. Lui peraltro ci aveva anche provato, a minimizzare la cosa. Si vede che un po’ di scuola DC l’ha frequentata: che l’idea di lavare in casa i panni sporchi in casa non gli è aliena. Voialtri invece boh, sembrate una compagnia di quarantenni al ristorante che si fomentano tra loro.

1500 caratteri, scuola, software

Il ministero che vuole più Microsoft a scuola (e chi paga?)

Egregio Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca:

sono un docente che ogni anno partecipa alle rivelazioni Invalsi. Ogni anno sono tentato di protestare pubblicamente per il fatto che il MIUR continui a usare Microsoft Office. Un prodotto costoso (e deperibile) che non offre a docenti e funzionari nulla che non sia possibile fare con prodotti più leggeri e, soprattutto, gratuiti. Poi ogni anno la stanchezza prevale.

Le scrivo perché ho scoperto che il 15 maggio ha stipulato un protocollo di intesa con la Microsoft, che prevede “percorsi formativi rivolti ai dirigenti scolastici su tematiche relative alla didattica e alla gestione delle risorse”, e per i docenti “una serie di incontri di formazione sulle tematiche dell’innovazione nella didattica”, il tutto a “titolo gratuito”: e ci mancherebbe che la Microsoft volesse pur esser pagata, per entrare nelle scuole a pubblicizzare i suoi prodotti.

Egregio Ministro, noi non abbiamo bisogno di lezioni gratis su come usare programmi costosi e deperibili. Avrebbe più senso qualche lezione su come usare altri programmi, che fanno tutto quello che fa Microsoft Office, però gratis. Per una formazione del genere varrebbe persino la pena di pagare: e sarebbe comunque un investimento.

Un tempo la Microsoft era lo stato dell’arte del software. Oggi è un marchio prestigioso che ti imbottiglia l’aria che respiri e prova a vendertela. Mi spiace che ci sia cascata: in ogni caso nelle mie classi quella roba lì non entra più. Saluti.

1500 caratteri, elezioni 2015, Renzi

Un voto utile (non a Matteo Renzi)

È dai tempi in cui era solo un sindaco di belle speranze che Renzi propone di vincere sfondando al centro: conquistando elettori moderati e delusi da Berlusconi. Non è che l’idea non abbia un senso, soprattutto nel momento in cui B. tramonta dopo aver divorato tutti i suoi più plausibili eredi. Però a questo punto almeno la manfrina sul voto-utile-a-sinistra ce la potrebbero risparmiare. Se vuoi piacere ai liberisti all’amatriciana, e per farlo vari riforme liberiste all’amatriciana, magari al centro sfondi, ma ti scopri al bordo. Non lo sapevano i renziani che sarebbe andata così? Lo sapevano: ma attaccare l’autolesionismo a sinistra è una di quelle classiche cose che funzionano sempre. Berlusconi ci ha campato 20 anni; normale che abbia degli emuli.

Per quel che conta, ho sempre creduto al voto utile (o meglio: non-idiota). Ho sempre notato che chi col suo voto cercava di punire un centro-sinistra troppo tiepido, otteneva puntualmente il risultato opposto, un ulteriore intiepidimento. Ma stavolta? Più in là in quella direzione non credo che Renzi possa andare. A questo punto il margine di manovra è più a sinistra che a destra. Quanto agli avversari, non sono mai stati così deboli e divisi. Berlusconi non è più la belva in grado di approfittare di ogni minimo vantaggio, ma finché resta lì fa ombra a qualsiasi germoglio di futuro: ritardarne la caduta potrebbe quasi avere un senso tattico (detto questo, io Toti non lo voterei mai. O liguri, fate un po’ voi, io mi fido).

1500 caratteri, elezioni 2015, giornalisti, Renzi, sondaggi

Renzi è in crisi, o è solo quello che vogliamo sentirci dire?

Il momento in cui Renzi spiega che la Liguria non è un “caso nazionale” è probabilmente poco successivo al momento in cui un sondaggio riservato comincia a dirgli male. Ugualmente, l’idea che la Liguria sia la sua “ultima spiaggia” mi sembra un po’ forte. Non sarà l’esigenza giornalistica di individuare svolte del destino anche dove c’è una banalissima rotonda? Non dovesse vincere al primo turno, la Paita passerà al secondo in assoluto, otterrà la maggioranza relativa; e dopo qualche giorno non farà più nessuna differenza. Anche l’enorme astensione in Emilia sembrava dover aprire una discussione, subito chiusa perché progetti credibili alternativi a Renzi, fuori o dentro del Pd, per ora non ce n’è.

Non ce ne sarebbero neanche se invece di vincere per 6 regioni a 1, come prometteva qualche tempo fa, o per 4-3, come dice oggi, il Pd risultasse sconfitto. Poco credibile: ma i sondaggi tendono a illudere gli sconfitti negli ultimi giorni; è una tendenza mondiale (vedi UK). Più che a prevedere i risultati, ormai servono a creare suspense.

Alla fine basta scegliere tra tante rilevazioni quelle che insistono a vedere un testa-a-testa finale: non le più attendibili, ma le più intriganti per i lettori. Poi si vota davvero e le maggioranze silenziose (e timide) si dimostrano più prevedibili. Che il blocco sociale coagulatosi intorno a Renzi si stia già squagliando mi pare discutibile, ma ne so meno del più piccolo dei sondaggisti, che è impossibile che sbagli sempre. Dal punto di vista statistico, almeno.

1500 caratteri, attivismo, la sinistra perde anche per questo motivo

Podemos e la generazione invisibile (in Italia)

È normale che oggi la sinistra italiana guardi a Podemos, come era normale che guardasse a Syriza ieri; mi chiedo lo stesso se questo affannoso voltarsi qua e là in cerca di modelli vincenti non sia un equivoco. Ieri il futuro doveva arrivare dalla Grecia, oggi dalla Spagna; e se invece fosse già passato, e non ce ne fossimo accorti? Se Podemos e Syriza nascono a sinistra ma attraggono fette di elettorato diverse, profittando di un diffuso sentimento anti-austerity; se mettono in crisi il bipolarismo tradizionale, forse il Podemos italiano c’è già stato, e non è passato così inosservato: era il Movimento Cinque Stelle.

Certo, Grillo non è Iglesias. Il primo viene dalla tv e, moderno San Paolo, una volta convertito alla politica dal basso ha emesso una fatwa contro il satanico strumento che pure lo ha reso un volto noto a tutti. Il secondo viene da quella galassia dei movimenti che 14 anni fa protestava a Genova: ha scritto una tesi sui Disobbedienti e fatto un po’ di carriera accademica mentre si faceva conoscere come conduttore e opinionista in tv. Vista da qua la Spagna sembra un’oasi serena, dove l’accademia non è vista con sospetto, e la tv non seleziona urlatori ma leader intelligenti e affabili. E torniamo all’eterna domanda: cos’è andato storto da Genova in poi? se al governo c’è un venditore di pentole, e all’opposizione un vecchio comico stanco, sarà colpa di quei due o di un’intera generazione che in dieci anni non si è fatta viva con leader, con progetti, con qualcosa?

1500 caratteri, omofobie

L’Arcigay che si boicotta da sola

Oggi, mentre in Irlanda i gay festeggiano la vittoria del referendum sul matrimonio, l’Arcigay chiede a iscritti e simpatizzanti di evitare alcune località del lago di Garda, ree di ospitare i raduni delle Sentinelle in Piedi. È un gruppo di estrazione cattolica (ma anche qualche islamico pare sensibile al messaggio omofobo) che prega nelle piazze contro aborto e matrimonio gay.

La Minaccia Omofoba.

Non essendo numerosi né rumorosi, nessuno se ne accorgerebbe, se i loro avversari non cadessero ogni volta nello stesso trabocchetto, protestando contro di loro in modo più o meno molesto, e trasformandoli nelle vittime che essi pretendono di essere. L’invito dell’Arcigay al boicottaggio è un autogol esemplare: che avranno mai fatto di male ristoratori e commercianti di Desenzano o Salo; di quale reato omofobo si saranno macchiati, se non sono riusciti a impedire a qualche decina di tranquilli fanatici di trovarsi in piazza? Che dovrebbero fare da qui in poi per evitare ritorsioni: chiedere a sindaco o prefetto di impedire una libera manifestazione?

Nei libri si leggerà che in Italia il matrimonio gay arrivò in ritardo rispetto agli altri Paesi dell’Europa occidentale. Gli storici spiegheranno il fatto con l’influenza del Vaticano. Con un po’ di fortuna passerà inosservata l’insipienza dall’Arcigay, che mentre i gay irlandesi vincevano un referendum, se la prendeva coi commercianti di località turistiche assai più gay friendly della media, perdendo tempo in zuffe da cortile con quattro bigotti.

1500 caratteri, omofobie

In Italia si chiacchiera, in Irlanda ci si sposa

La repubblica d’Irlanda ha legalizzato le “attività omosessuali” nel 1993: prima costituivano reato. Nel 2010 è stata varata una legge che introduceva le unioni civili anche tra coniugi dello stesso sesso; nel ‘15 queste unioni sono state quasi equiparate al matrimonio; da oggi i gay irlandesi possono sposarsi. È stata un’evoluzione rapida, ma graduale. Questa gradualità è un aspetto importante: la legge del ‘10 magari era insoddisfacente, ma ha consentito a tante coppie di uscire allo scoperto e mostrare la propria normalità. I cittadini, cattolici e no, hanno potuto osservare le coppie gay, si sono resi conto che non costituivano nessuna minaccia sociale, e in capo a cinque anni le hanno accettate e istituzionalizzate.

In Italia che abbiamo fatto per tutto questo tempo? Ne abbiamo discusso. Neanche molto in verità, visto che favorevoli e contrari alle unioni gay sembrano refrattari a qualsiasi compromesso. Eppure tre anni prima degli irlandesi, nel 2007, si discuteva alla Camera dei DiCo: una proposta che non piacque nemmeno a diversi esponenti gay: troppo tiepido, bisognava ottenere di più. Magari tutto. O niente. Non si ottenne niente. Sono passati 8 anni e le coppie gay, in Italia, continuano a non godere di nessun riconoscimento. Ora, con calma, arriverà in parlamento il ddl Cirinnà: e chi non voleva farsi riconoscere qualche diritto da Rosy Bindi, cercherà di ottenerli da Giovanardi. Spero che malgrado tutto ci riesca: è già molto tardi.

1500 caratteri, cultura, Renzi, scuola

La Card di Lodoli, la sconfitta di Baricco

È come se per Lodoli il prof migliore non fosse quello che si aggiorna professionalmente, bensì colui che nutre la sua mente con libri e spettacoli teatrali. Occorre perciò sollecitarlo in tal senso, corrispondendogli parte del salario in sconti su libri e biglietti e non in denaro (col quale rischia di saldare insulse bollette, invece di elevarsi sul piano culturale). Più che un premio agli insegnanti, la card sembra un’idea per assicurare un indotto minimo a scrittori e teatranti. Lodoli al mattino insegna e la sera scrive e forse pensa: non sarebbe un mondo migliore se i miei colleghi al mattino insegnassero e la sera mi leggessero?

Mi spiace che alla corte di Renzi abbia vinto lui e perso Baricco, pur così applaudito alla Leopolda. Non per il valore letterario, ma perché B. vedeva il problema in modo diametralmente opposto, e un giorno osò scriverlo: basta aiuti al teatro, investiamo tutto nella scuola e nella tv. Inutile foraggiare prodotti culturali di nicchia, se a scuola alleviamo analfabeti; il teatro rinascerà quando e se scuola e tv produrranno cittadini in grado di apprezzarlo. Mi pareva l’unica proposta logica, ma alla Leopolda Baricco non la portò (non ne ebbe il coraggio?) Ha vinto il modello-Lodoli, che insiste a vedere nella classe docente non un insieme di lavoratori che deve adeguarsi a determinati standard professionali, bensì una casta intellettuale che celebra la propria identità andando a teatro, leggendo libri: “cultura”, insomma in senso antropologico.

1500 caratteri, italianistica

"In bagno non c’è carta" "Usate la card".

Casomai v’avanzasse qualche euro
sulla card

Sono grato a Marco Lodoli, al suo caratteristico candore che lo ha portato ieri ad ammettere che il nome “La Buona Scuola” non è la pensata di un pubblicitario prestato al marketing politico, ma è sua. Come sua è l’idea della card da 500 euro per l’”aggiornamento professionale” – ma Lodoli è più schietto: lui non pensa a corsi di didattica, ma a libri e biglietti di teatro. “Troppi insegnanti perdono contatto con lo spirito del tempo, con quanto di bello viene prodotto. Dicono che la cultura costa troppo…”

Quanto a pedagogia e didattica, son parole complicate e Lodoli è sospettoso davanti a nomi strani; ad esempio “dispersione scolastica” è difficile, la gente nn capisce, bisogna semplificare, e semplificando si arriva a “Buona scuola”, il contrario di scuola-no-buona. La scuola da cui rincasando, in luogo di recitare il trito ruolo di prof disillusi, i colleghi dovrebbero rinfrancarsi andando a teatro, o leggendo libri nuovi. Insomma la proposta dello scrittore italiano contemporaneo è: comprare più romanzi contemporanei. Un collega replica che avrebbe preferito pagare le bollette. Lodoli nn risponde.

Sono grato a Lodoli, perché dimostra che non è una cieca avversione a Renzi a rendermi indigesta la riforma: ricordo infatti di aver sentito parlare di una card del genere tantissimi anni fa, proprio in un’intervista a Lodoli; e ricordo che già allora mi pareva una stronzata, da Marie Antoniette della cultura: non c’è più carta nei bagni? Si arrangino con gli ultimi romanzi.

1500 caratteri, aborto, cristianesimo, giornalisti, omofobie

Un’altra #croce, un altro #bluff

Adinolfi non è mai riuscito a essermi antipatico come dovrebbe e vorrebbe. Anche a causa della stazza, l’ho sempre assimilato a quei personaggi che a scuola capiscono di non poter recitare altro ruolo che quello del bersaglio, e invece di interpretarlo con rassegnazione, vi si spendono con voluttà. Dopo tanto aver penato tra democristiani e democratici; dopo aver cavalcato la battaglia generazionale prima d’altri, ma con minor fortuna; dopo aver venduto i segreti di giocatore d’azzardo (i vincitori di solito se ne guardano bene), Adinolfi s’è ritrovato come al solito da solo: abbastanza solo da giocare la carta del bigottismo antigender, che a dispetto della pubblicità che gli fanno gli avversari, è una nicchia assai piccola: certo, a un passo c’è l’enorme bacino dei cattolici mediamente omofobi, che se prospetti lezioni di omosessualità a scuola, magari si spaventano e ti comprano il giornale… no. Ci ha provato, non ha funzionato. Ma probabilmente lo sapeva dall’inizio. Fu già Ferrara 7 anni fa con la sua lista pazza antiabortista a dimostrare quanto sia poco sensibile a queste novità il ventre molle del cattolicesimo italiano: La Croce era un progetto fallito in partenza, ma fallire è sempre meglio di non esistere. Avrebbe potuto aprire un blog, ma non glielo avrebbe pagato nessuno: lo ha stampato di carta per qualche mese, e adesso ha un argomento per vendervi un abbonamento on line. Contenti voi. D’altro canto, fidarsi di uno che vendeva consigli su come vincere a poker.

1500 caratteri, scuola

La scuola competitiva, nel caso anche un po’ islamica

Supponi invece d’essere un docente che a giugno comincia a comporre le prime dell’anno prossimo. Ogni tanto la dirigente passa a dare un’occhiata; all’inizio tutto sembra andar bene. Però passa spesso, come se volesse dirti qualcosa. Un mattino che i corridoi sono sgombri, ti spiega il problema. Troppi cognomi strani. Dove “strano” sapete entrambi che vuol dire. Troppi extra. Alcuni hanno la cittadinanza, altri no, non importa. Che figura ci facciamo? C’è un sacco di gente (alcuni pagano fior di bonus) che quando vedrà il proprio pargolo in una lista tra due cognomi strani, lo ritirerà. La scuola privata un isolato più in là, di cognomi strani ne tiene giusto un paio per classe, a mò di fiore all’occhiello. Noi ne abbiamo troppi.

Tu potresti anche obiettare che alcuni dei “troppi” sono italiani a tutti gli effetti, e arrivano con ottimi voti. Sì ma il genitore che guarda il tabellone mica lo sa, è irrazionale, siamo stati tutti genitori e lo sappiamo, hai paura di tutto, figurati di un cognome che comincia per X o Y. E quindi? Mica possiamo cacciarli.

Certo che non possiamo, spiega la preside. Li concentriamo in alcune sezioni, e in altre ne teniamo uno o due: così restiamo competitivi con le private. Ecco la lista dei genitori che hanno già versato il bonus. Lei sa dove metterli.

Che dice? Razzista io? M’offende. Se un giorno venisse un facoltoso contribuente islamico – e un giorno verrà – io una classe-madrasa gliela apro senza problemi. I soldi non han razza, né religione.

1500 caratteri, Renzi, scuola

La scuola del merito e dei bonus: una simulazione

Supponi d’essere un giovane docente, assunto da un dirigente che vede in te qualcosa, chissà cosa, nemmeno tu lo sai ancora. Un giorno ti convoca e attacca i complimenti per la didattica innovativa e il buon rapporto coi genitori, anche se l’ing. Pierini è preoccupato per i brutti voti del figlio in matematica. E italiano. E scienze. E insomma non possiamo aiutarlo ‘sto ragazzo?

Al che candido replichi che certo potresti aiutarlo, se studiasse di più e cerbottanasse meno palline di carta. Dovrebbe cambiare atteggiamento. E il preside paziente a spiegarti che è un po’ tardi per cambiare atteggiamento; si fa giusto in tempo a cambiare i voti, sennò Pierini jr rischia d’essere bocciato e suo padre lo iscriverà a un’altra scuola. Così niente lavagna interattiva a settembre. Ci siamo capiti?

Tu lo guardi sorpreso ed è evidente che no, non vi siete capiti. E lui, sospirando: ma ha capito chi è l’ing. Pierini? Lo sai quanto ci può devolvere in school bonus? Vuole rinunciare ai suoi soldi perché il figlio è deficiente? È una disgrazia, ma è anche un’opportunità. Così riusciamo a metter via i soldi per la lavagna. Non mi dica che non le piacerebbe una lavagna.

E non la prenda in questo modo. Non era questo che vedevo in lei. Vedevo un giovane abbastanza intelligente e disperato per capire ed eseguire i miei ordini. Ci rifletta: tra il figlio scioperato di un papà ricco e generoso e un giovane docente inflessibile, di chi posso fare a meno a settembre?

1500 caratteri, delitti e cronaca, scontro di civiltà, scuola

Guerra di religione nell’intervallo

Volevo dirvi, e già pregusto l’interesse che in voi scatenerò, che ieri la Pippi di seconda P ha preso per i capelli la Cacchi di prima Q perché le diceva che dopo essersi tosato l’emisfero destro col rasoio non sembrava Scarlett Johansson agli Oscar, ma piuttosto un istrice schiacciato in autostrada.

A quel punto è intervenuta la Merdy di III R (ripetente), che pur non sapendo cosa fosse un istrice, né la Johansson, né un emisfero, né un Oscar, né dove si trovasse in quel momento, ha pestato la Pippi perché ehi, in quel corridoio se vuoi menarti devi chiedere a lei, non è che puoi graffiar bambine senza invitarla. Ma sbagliava corridoio, quindi la Gwanda di II W è andata a dirlo al fratello, il quale disprezzando i litigi tra femmine e gli sfregi che procurano ha deciso di non intervenire direttamente, bensì sgonfiando la bici della colpevole; e non capendo chi fosse esattamente, non riuscendo a districare la catena di cause ed effetti dalla Pippi alla Cacchi alla Merdy, ha sgonfiato un’intera rastrelliera, quaranta ruote, Dio è grande e riconoscerà le sue.

A quel punto voi avreste mandato il fratello di Gwanda dal preside, ma bisogna prendere appuntamento, del resto ha otto plessi, così ho pensato di chiamare i giornalisti. Sì, perché il ragazzino è musulmano, e invece di Dio è grande ha detto Allah Akbar. E quindi capite, lo scontro di religioni, di civiltà – chi l’avrebbe detto che il nostro quarto d’ora di celebrità sarebbe stato quello dell’intervallo.

1500 caratteri, Berlusconi, Renzi

Downgrading Matteo Renzi

Ma lo ricordate il rottamatore che con l’entusiasmo dei 39 anni accusava gli avversari di voler infilare i gettoni dell’iphone? Ricordate Matteo Renzi quando era il futuro, e non si faceva inquadrare per 17 minuti davanti a una lavagna – non di quelle digitali, no, una lavagna vecchio stile, senza risparmiare agli utenti lo strazio del gessetto sull’ardesia? Che avrebbe detto il giovane Matteo di questo noioso supplente 40enne che scrivendo volta le spalle, e neanche si porta da casa le slide?

Che sta succedendo a Renzi? È da mesi che cerco di criticarlo senza chiamarlo il nuovo Berlusconi. Credo davvero che siano diversi e non abbia senso confonderli – ci terrei a non passare per un ossesso che vede la sagoma di Berlusconi in ogni fenomeno che non gli piace. Lui però non è che mi aiuti molto. Manda in giro una vhs un video in cui spiega alla lavagna le belle cose che farà. C’è pure la libreria sullo sfondo. Ieri pare abbia dichiarato “non metterò le mani in tasca agli italiani”. Insomma, berlusconeggia apposta, o gli viene spontaneo e neanche se ne accorge? Quale opzione è meno inquietante?

Io vorrei non confondere Berlusconi e Renzi, ma mi domando se Renzi ci tenga altrettanto; o se l’esigenza di attirare gli elettori che abbandonano Forza Italia non lo stia forzando a un mimetismo sempre più aderente al modello. Non succede anche agli iphone la stessa cosa? Lo stato dell’arte quando li scegli, vecchi rottami tre anni dopo.

1500 caratteri, dialoghi, Renzi, scuola

Ti immerda l’aiuola, ci mette la faccia

“Questa aiuola fa schifo!”
“Già, come vede sto pulendo”.
“Ma non si vergogna di tenerla così?”
“Io sono quello che pulisce, per quel che posso. Però la gente passa e sporca”.
“E il governo?”
“Eh, non ci ha aiutato un granché fin qui. Speriamo nel prossimo”.
“Son io il prossimo!” (Zip)
“Ah, bene, ma… Scusi, lei sta pisciando? Sta pisciando nella mia aiuola?”
“L’aiuola non è sua, chi si crede di essere?”
“Ma la stavo pulendo”.
“Non si notava un granché”
“Però adesso lei ci sta pisciando”.
“Vede com’è fatto lei?”
“Come sarei fatto io?”
“Le piaceva l’aiuola com’era prima!”
“No, non mi piaceva l’aiola com’era prima, ma non credo che sia un buon motivo per pisciarci sopra”.
“Lei è nemico di tutto ciò che è nuovo”.
“Ma non mi sembra una cosa tanto nuova, abbia pazienza”.
“Lei ha paura del futuro”.
“Un tizio che piscia in un’aiuola è il futuro?”
“Da qui in poi cambia tutto! Si marcia a un passo diverso! Ve ne accorgerete, ve ne”.
“Ha finito? Perché io stavo lavorando”.
“Senta, può darsi che con lei io abbia sbagliato approccio”.
“Non credo sia un problema di approccio, è che lei piscia nelle aiuole”.
“Perché non ricominciamo tutto da capo? Veniamoci incontro”.
“Si sta risbottonando?”
“Non crede che sia ora di lasciare un segno, qualcosa di concreto?”
“Ma no, non credo proprio”.
“Lei è senza speranza. Un amante dello status quo. Un masochista”.
“Io stavo pulendo prima che lei arrivasse”.
“E se ne vanta pure? Guardi com’è ridotta, guardi”.
“Ci sta ancora ancora cagando sopra”.
“Ci sto mettendo la faccia!”
“La chiamano così adesso?”

1500 caratteri, scuola

Il masochismo di mandare all’aria la scuola

Senz’altro c’è una sinistra masochista: perlomeno, che tipo di sinistra è quella che trovandosi in una situazione di potere, invece di cogliere l’occasione per riorganizzare la scuola in modo razionale, ne approfitta per spernacchiare tutti gli insegnanti italiani, di ruolo e precari? I docenti avevano timidamente fatto notare, con la mobilitazione del decennio, che trasferire tutte le decisioni sulle fragili spalle del dirigente non sembrava molto sensato: se non altro perché fino a oggi erano funzionari con poca o punta nozione di didattica. La masochistica risposta di Renzi e di Giannini: non vi piace tutto il potere ai dirigenti? Va bene, facciamo entrare anche genitori e studenti. Loro sì che di didattica se ne intenderanno. O no? Insomma, qualcuno se ne dovrà pur intendere di questa cosa. Non vi piace? Eh ma allora ditelo che preferite lo status quo.

Intendiamoci: l’idea ha aspetti positivi. Chi lavora nelle scuole sa quanto sia facile compiacere studenti e genitori: molto più facile che preparare buone lezioni o correggere troppi compiti, col rischio poi di dare dispiacere agli utenti. Prevediamo sin d’ora che la buona scuola valutata da studenti e genitori di compiti ne darà pochissimi: e non sarà più così difficile trovare insegnanti disponibili a portar classi in gita (più spesso a Gardaland che alla Risiera di San Sabba). A farne le spese, col tempo, sarà la collettività, ma si vede che anche alla collettività piace soffrire. Se si sceglie dei riformatori così.

1500 caratteri, scuola

La buona scuola, le medie scuole, le scuole cattive

Come insegnante, a me non dispiacerebbe essere valutato: sono già quotidianamente sottoposto al giudizio informale ma costante di genitori, colleghi, e studenti; perché non aggiungere qualche parametro oggettivo? Peccato che nessuno l’abbia mai davvero proposto. Ne parlano tutti: incassano la solidarietà degli gli ex studenti che vorrebbero farcela pagare, e poi scrivono brutte leggi in cui non si capisce mai come dovremmo essere giudicati. Almeno nel testo originale della Buona Scuola si capiva bene chi: il preside. Era uno degli aspetti più discutibili del Ddl ed è già stato un po’ modificato. Nel frattempo molti ne hanno approfittato per spiegarci che non ci trovano nulla di strano: anche loro vengono giudicati dai loro dirigenti: perché noi no?

Potrei semplicemente rispondere: perché non mi fido dei dirigenti. Ma è più complesso di così. Secondo Renzi ogni preside doveva essere libero di costruire “la sua squadra”. Già la metafora ha qualcosa che non va, perché se ci pensate, di solito la “nostra squadra” è quella che il club si è potuto permettere. Per un preside che riuscirà ad attirare insegnanti buoni, ce ne saranno cinque o sei che non potranno che contentarsi dei rimasugli. È l’economia: niente di così strano. Ma la scuola pubblica era nata proprio per andare in senso inverso. Renzi parla di Buona Scuola, ma per ogni scuola buona ce ne saranno un po’ di mediocri, e parecchie scadenti. Vabbe’, al limite chi se lo può permettere andrà alle private (coi miei soldi).

1500 caratteri, Inghilterra, Renzi

La democrazia che gli inglesi invidiano a D’Alimonte

L’Inghilterra è salva, ci avvisa D’Alimonte. Fino all’altro ieri era “sull’orlo della ingovernabilità”, oggi gli elettori tirano un sospiro di sollievo, “hanno un governo di maggioranza. Questo esito è il prodotto del sistema elettorale” (pur non bello come l’Italicum, progettato dal prof. D’Alimonte).

Il renzismo ci tira fuori il peggio. Prof, se il sistema inglese serve a ottenere dei governi stabili monocolore, perché 4 anni fa non funzionò? Con appena lo 0,8% in meno, Cameron dovette rassegnarsi all’umiliante coalizione coi liberali di Clegg. Eppure l’economia non collassò, non vi fu peste o carestia, la Scozia non invase la Northumbria. Alla fine molti britannici hanno persino deciso di tenersi Cameron (non Clegg). Se a Londra s’insedierà un monocolore, sarà una delle eccezioni in Europa.

Il sistema britannico ha ragioni storiche. Nasce per garantire un rapporto diretto tra elettori ed eletto, non per garantire “governabilità”. Ma D’Alimonte scrive per un ceto politico che si presenta ancora sotto choc per l’esito inglorioso del Prodi II: se una coalizione raccogliticcia e senza una solida maggioranza era ingovernabile, qualsiasi coalizione al mondo deve esserlo: e va evitata a ogni costo. Non è solo un problema di 10% (che è comunque parecchio): è l’ingenuità con cui si pensa che la litigiosità italiana si risolva con una legge o un algoritmo; l’insolenza con cui si insiste a proporre questa “narrazione”, come si chiama adesso. Io la chiamo ancora cattiva fede.

1500 caratteri, come diventare leghisti, feste dell'unità, Pd

"Datti una risposta da solo"

Presidente Bonaccini, so quanto i giornalisti sappiano essere fastidiosi, a volte. Fanno domande insensate, non cercano risposte, ma reazioni scomposte. E se taci, che davvero sarebbe l’unica cosa saggia, t’inseguono, poi montano tre minuti di inseguimento e si credon cronisti d’assalto. Altro che Woodward e Bernstein, loro puntano più su, verso il Gabibbo. A scuola han letto che la stampa deve dar fastidio al potere e han frainteso; invece di dare un’occhiata agli situazione degli appalti in Regione, vanno a punzecchiarti ai comizi. Perché fare i cani da guardia della democrazia, quando puoi esserne la zanzara. Non sono tutti così, ma fin troppi.

Presidente, so che lei è un po’ meglio di come appare in un video di due minuti dove non sa più rispondere a una cronista che non sa cosa domandare. Quanto le debba suonare paradossale l’accusa di militare in un partito dittatoriale – quando per candidarsi in regione ha dovuto battagliare anche coi renziani compagni di corrente. Però doveva proprio darle un buffetto sulla guancia? E poi. Chiuda gli occhi e si riascolti. So quanto può essere fastidioso riascoltare la propria cadenza modenese, ma ci provi. Si domandi cosa le ricorda. E si dia una risposta.

Presidente, non sarà dittatoriale il suo partito, ma non lo riconosco. M’avessero impacchettato vent’anni fa, e risvegliato oggi, ascoltandola io dedurrei che i leghisti si sono presi pure l’Emilia. Mi sbaglierei? Me lo sono chiesto. E un po’ mi sono già risposto.