anniversari, autoreferenziali, blog, internet, satira

Il segreto del mio insuccesso

Stavo cercando di buttar giù due pensierini sulla Legge di Poe, quando ho avuto una mezza rivelazione – hai presente quando un problema che hai sempre visto da vicino, ti si presenta finalmente dalla giusta distanza, dalla giusta angolazione? Insomma ho capito che io di blog non ho capito mai niente. E di internet in generale.

Ho sempre fatto la cosa sbagliata.

Quasi quindici anni fa, ai tempi di Indymedia, una volta lessi un articoletto cosiddetto satirico, uno di quei pezzi che mettono in bocca a un personaggio le verità indicibili, ad es. Bush: “L’Iraq non c’entra niente con l’11 settembre, ma è più facile da invadere dell’Afganistan”, una cosa del genere. Mi piaceva, lo trovavo diretto ed efficace. Fu molto facile clonare una pagina di Repubblica e incollarci sopra l’articoletto. A quel punto era ancora più diretto ed efficace, perché sembrava vero. Lo ripubblicai. Ad alcuni piacque. Altri chiesero di toglierlo immediatamente, perché qualcuno l’avrebbe preso per una vera pagina di Repubblica. Ci leggono anche dall’estero, dicevano. Lì per lì mi misi a ridere – insomma, si capiva che non era una vera pagina di Repubblica. Mancava l’indirizzo.

Però lo tolsi.

Da allora non ho più fatto una cosa del genere.

Oddio, qualche parodia ogni tanto mi è scappata, anche se non è il mio forte. Però i fake li ho lasciati perdere. Sono troppo facili, appunto. E poi credo di aver introiettato quello che mi dissero quel giorno. Ci leggono dall’estero – che non è necessariamente un’altra nazione. Per esempio possono leggerci dal futuro. Non un futuro remoto: bastano cinque o sei anni per non capire letteralmente di cosa si stia parlando. Possono leggerci i bambini. Possono leggerci le persone che non condividono i nostri punti di vista. A meno che – s’intende – non facciamo qualcosa per mandarli via.

Io non ho mai fatto niente per mandarli via. Anzi ci tenevo che restassero. Per me è sempre stato molto importante, ad esempio, non intervenire su un argomento senza prima aver spiegato di cosa si trattasse: era il principio che chiamavo “riassumi le puntate”. “Perché ci può essere sempre qualcuno appena arrivato che non sa di cosa si sta parlando, e se glielo spieghi te ne sarà grato”. Questa è probabilmente la grande lezione dell’internet che io ho frainteso. Perché se mi guardo attorno, e vedo piccole o grandi storie di successo, mi accorgo sempre di questa cosa: in rete bisogna fare comunità. Tener fuori quelli che non capiscono, e creare una sensazione di familiarità che attiri soltanto quelli che condividono i nostri gusti, valori, punti di vista. Insomma, tutto bisogna fare fuorché riassumere le puntate agli estranei. I messaggi devono essere rivolti solo a chi è in grado di capirli.

Pare infatti che il problema sia questo. Qualcuno commentando il pezzo sulla vignetta di Charlie mi ha spiegato che non è razzista, perché non è rivolta un pubblico razzista. “Solo un razzista distratto potrebbe riderne”. Posso capire. A questo punto però è un vero peccato che molti razzisti siano distratti. E che non possiamo impedire loro di leggere Charlie e interpretare le battute come vogliono. La legge di Poe dice che “non è possibile creare una parodia del fondamentalismo in modo tale che qualcuno non la confonda con il vero fondamentalismo”, senza almeno usare un segno che chiarisca oltre ogni dubbio l’intento parodico. Questo segno non dovrebbe essere linguistico, ad esempio l’intonazione della voce, o un’emoticon. Come tutti i grafomani, io detesto le emoticon. Vorrei riuscire a dire tutto con la scrittura, ma pare che ci sia un limite. La scrittura non strizza l’occhio, o non lo fa in modo abbastanza chiaro per tutti. E io – è il mio difetto intrinseco – vorrei essere abbastanza chiaro per tutti. Come la Sapienza dei Proverbi, che non si chiude in un circolo di amici selezionati, ma batte i marciapiedi e fa l’occhiolino agli estranei, così ho sempre cercato di fare io. Per me internet era la rete di tutti, e pensavo che questa fosse un’immensa opportunità. Pare che invece sia il principale difetto che ci impedisce di mandare avanti conversazioni interessanti: il rumore di fondo dei passanti che non capiscono, ma vogliono lo stesso intervenire perché credono di aver sentito qualcosa di sbagliato.

E adesso che si fa? Niente. Cioè, no, le solite cose. Continuerò a parlare del più e del meno, a riassumere qualche puntata ai passanti, e a ricevere ogni tanto le mail di qualcuno che mi ha trovato per caso e ha fatto mattina leggendo tutti i pezzi del 2009. Sto facendo questa cosa da così tanto tempo – 15 anni oggi – che non credo di poter più cambiare. Uno sbaglio così lungo ormai non è neanche più uno sbaglio. Diventa un’altra cosa – un record, un esperimento, una forma d’arte, che ne so.

autoreferenziali, blog

Il meglio del mio meglio, più o meno

(Grazie ancora per le vostre risposte al sondaggio, anche se ce n’è una che mi sta buttando un po’ giù:

Devo dire che non me lo aspettavo, anche perché ho praticamente smesso di parlare di calcio e… boh, ma sul serio? Bisogna fare qualcosa. Non so cosa).

Nel frattempo ho deciso, molto vanitosamente, di pubblicare tutte le risposte che ho ricevuto sul “post del 2015 che ti ricordi meglio”.. Avevo anche iniziato a linkarle, ma sono più di quattrocento e il sonno prevale. Butto tutto on line così alla carlona, credo che sarà lo spirito di questo 2016).

Un gioco che facevamo i primi anni: mi dici qual è il post del 2015 che ti ricordi meglio? Così, senza pensarci troppo: il primo che ti viene in mente.
recensioni (tutte)
Claudio Augusto: so che sono stato quasi l’unico, ma ho amato quello spunto e in generale ogni pezzo in cui appare Ognibene
renzi e salvini, febbraio
quelli dopo gli attentati di Parigi
Gara degli spunti, quello su David Bowie, che tristezza che non te l’abbiano preso
…impossibile senza andare a sbirciare
Quando Hollywood riscrive la Storia  [2013, 2014, 2015]
antisemita
parigi piu vicina di africa
buona scuola
Tutti i romanzi di agosto, pubblicane uno e compro il primo numero 🙂
post su gender e famiglia cristiana ( spero sia del 2015 ) [è del 2014]
Recensione del conto de li cunti (ma forse era il 2014)
recensione di Suburra (e tutte le altre)
Ho una pessima memoria
ops! encefalogramma piatto
non è di quest’anno ma l’ho letto quest’anno: la madonna di Loreto e la sua casetta volante
Nessuno, sei pedante.
uno in cui facevi i conti di quanto costano le scuole private allo stato (o erano 2? o erano nel 2014? boh) [erano tre]. 
nessuno
Senza ombra di dubbio: Vincenzo, così poco originale
boh
booo
Marinetti duce, ma ciò non implica che sia stato il mio preferito.
eh, boh
gara degli spunti: la roba con gesù che viaggia nel tempo. Almeno credo
non ricordo niente
quello dove insulti gli Ebrei [???? Un aiutino? Un saluto a tutti gli amici ebrei che ci seguono da casa]
boooo
???
Nessuno.
boh
Forse quelli sulla vocazione autoritaria dell’italicum
Islam non è la risposta
Erri De Luca
recensione di interstellar
dopo Parigi, a scuola
Gara di spunti
Sono troppi. No vabbe’, questo qua allora 😀
Uno sull’unità
forse un post su interstellar
non mi ricordo, mi scusi?
mha… bhe…
la gara degli spunti
boh
qualcosa sulla scuola
gara spunti
Devo mettere 2008 alla domanda prima perché non so rispondere a questa, ma direi circa 2006
L’ultimo! Ho la memoria corta
I procioni!
Quelli che non sono mai stati continuati, mannaggia a te
Direi la recensione cinematografica di Gone Girl, sperando che fosse del 2015
Preside e riforma scuola
Lo spunto sui Catari
figlia della generazione del telecomando, assimilo informazioni bulimicamente, quindi non saprei dire perché leggo, ma poi dimentico o incrocio i flussi, quindi andando a caso potrei confondere un post tuo con un articolo di Vice. Sono pessima, lo so.
Fiume
Assolto per non aver commesso un fatto interessante
Gara degli spunti
Vincitore gara spunti astronave etc.
I procioni
L’infinita lista di argomenti per scrivere il tuo libro. Ma alla fine lo scrivi?
Gara degli spunti
boh
PROCIONI!
il bambino ben vestito e nutrito
Oltre alla gara, tutti quelli sugli esteri (ok, mi hai sgamato)
la gara degli spunti (e spero ancora in gesù procione)
Quelli sulla riforma della scuola in generale
Marinetti Duce
il quart’ultimo
“C’è una sola cosa sicura nella vita, ed è brutta come Houellebecq”
Charlie è un martire
quello dopo gli attentati di parigi, sulla necessità di essere adulti quando si parla di guerra
recensione interstellar
Populismi complementari
Populismi complementari
discussione su contributi a scuola privata
Gara degli spunti
grillo non fa ridere
Questo
il pianeta dei procioni
Quello in cui riveli che la buona scuola di Renzi è in realtà un’invenzione dei procioni extraterrestri, e per questo hai deciso di votare M5S.
Quello
Alcuni degli spunti
ah ah ah… credo vivimuoriripeti, sempre che sia del 2015 😉
Non mi ricordo neanche come mi chiamo se non lo leggo sulla patente
Spunti
l’ultimo film dimenticabile di Woody Allen, uno bello sul terrorismo ma era partito da un santo, quello su san Paolo, quello su Bogdanovich
gara degli spunti
Sant’Ambrogio
San Dasio
Prof, è morta mia nonna di 104 anni e…
recensione star wars perché è la più recente
rece Il viaggio di Arlo
Il post a puntate sulla fenomenologia del renzismo e la bozza del romanzo sul tipo ibernato che vede le fasi di una civiltà su una navicella.
Populismi complementari
gesù crononauta
il commento a Houellebecq
Gli spunti sui Catari! Se la Grande Gara non conta la recensione de Il nome del figlio
Genova
Le rece cinematografiche
mah
Quello su Houllebecq
quello su Civati
recensione mia madre
uno degli spunti
Quello in cui fingevi di voler votare i cinque stelle
Gara degli spunti
i procioni
I populismi complementari
Pasolini doveva fare il prete.
Recensione Inside Up
I procioni!
Impero recalcitranti
Inside out
islamici che bloccano le gite
La gara degli spunti
Charlie è un martire e io l’ho tradito
Uno sulle province, ma non ricordo il titolo orda
Che sia Fronte o che sia Islam, purché magnam
Tre motivi per cui passo coi 5 stelle
renzi/italicum
Boh
Qualcuno su Renzo e grillo e prospettive varie
charlie hebdo
Il gender non esiste
?
L’Islam è un problema (non una soluzione)
Gara di spunti
Quello su star wars
Gara di spunti
Lo spunto dei procioni
renzi
gara degli spunti: perpendicolare
Il post che ha vinto la gara degli spunti
ciccio, mica siamo sposati! non ricordo nemmeno la data di nascita di mia moglie…
uno sulla CIGL che mi ha fatto cambiare idea sul sindacato
Grillo e…….
vari Islam
gara degli spunti:i catari
uno di quelli sulla “buona” scuola?
Vuoi più bene all’aritmetica o a Renzi
Quello in cui spacchi il culo a quel saputello renziano di Francesco Costa. L’argomento era la legge elettorale, mi pare.
il.primo pezzo tuo che ho letto; la recensione del film “cosa voglio di più?”
L?Isis è tra noi e non vuole che andiamo in gita.
guerra degli spunti
la finalissima degli spunti
Se è una guerra siate adulti, per favore.
Copernico
qualcosa sulla buona scuola
Renzi
Ti piaccio? Ma quanto ti piaccio?
No, la tua scuola privata non mi fa risparmiare
…………………. 🙂
La recensione di star wars 7
sul conflitto in palestina
Gara degli spunti
i procioni
gender a scuola
L’Isis non vuole che andiamo in gita
quello del genitore che passa per pedofilo per controllare l’insegnamento del gender a scuola
possiam oconvivere con chi crede nel corano
La gara degli spunti
E se fare un partito al 5% fosse invece un’ottima idea?
La bulimia non consente selezione (non credo sia un post)
Quello sul film di Shyamalan
Pasoliniexploitation
Lucia nel cielo coi regali
“Buon compleanno!” “Eh, no! Ieri sai quanta gente ha compiuto gli anni in Kenya, e tu non hai detto niente?”
questo
I pezzi sulla Francia e Houllebecq
non possiamo non dirci renziani (mi pare)
il gender non esiste
gli imperi recalcitranti
La gara degli spunti
“L’isis è tra noi” (in realtà i primi che mi vengono in mente sono le recensioni di star wars e il viaggio di Arlo, ma anche Non andremo in pensione.. e “perché i cristiani non ammazzano..”, ma che vuoi, sono tra i più recenti)
Tutti un po’ piu’ fanatici domani
L’ultimo che ho letto, che cazzo di domanda…
Come fanno le scuole private a fare risparmiare 6 miliardi allo stato.
I Procioni
Io renziano mio malgrado
i post sui santi
Tutti un po’ più fanatici, domani (gennaio 2015)
uno di economia… dove purtroppo capisci poco e ti rifiuti di documentarti
Soffro di amnesia a breve termine.
quello sugli studenti musulmani. scuola, insomma.
Siamo in guerra, facciamo gli adulti (più o meno)
uno su grillo e m5s
critico musicale album beatles
abbaso grillo:)
Quello di Beckett non è del 2015, vero? Bhe, comunque, quello!
Quello su Corano / Bibbia
quello sul bimbo che non dorme
La gara degli spunti
Se è una guerra siate adulti
Quello con le donnine nude.
post elezioni regionali francesi
Non so
monnalisa
il racconto sui procioni
fenomenologia di renzi
La teoria ‘gender ‘a scuola
quello su woody allen
Erode e la strage degli innocenti
eclissi
la storia del tipo che si sveglia ogni 100 anni
Scuola privata
Charlie è un martire e io l’ho tradito
scuola privata
Il viaggio di Arlo
First We Take Torpignattara
Don bosco
Gara degli spunti
Don bosco
scuola e gender
No
Quello sul decalogo del gender nelle scuole
la recensione di un film che nin mi ricordo più
La tua recensione di Star Wars
4 pezzi in ordine cronologico inverso: Spero che Erri De Luca non sia un buffone – Guerra di religione nell’intervallo – Charlie è un martire, e io l’ho tradito – Soffia sulle candeline
Santa Lucia
recension di star wars (per forza)
Recensione The Martian
Gender e scuola
La recensione a Still Alice, perché a me ha fatto cagare
autoreferenziali, blog

Quindicesimo giro di pista

Abbiamo tutti un amico maratoneta che ci comunica sui social network i suoi exploit, dando per scontato che ce ne freghi qualcosa. Non lo fa per esibizionismo – non più di chi condivide gatti, cani, figli, torte. Non sta gareggiando contro di noi, non sta gareggiando contro nessuno se non quel sé stesso più giovane, quello stronzo che si mantiene a una manciata di minuti di distanza.

Con questo blog è la stessa cosa. Una volta c’erano altri blog con cui fare la gara – era divertente, ma essendo un gioco non era previsto che durasse. Da diversi anni in qua la gara la faccio con me stesso. Fino all’anno scorso girava ancora qualche soldo: ormai restano le briciole delle inserzioni, e anche quelle dovrebbero ridursi nel medio periodo. Non ha nessun senso scrivere un blog, tranne dimostrare che so ancora macinare tot post al mese, produrre tot clic al giorno. È una gara con un me stesso più giovane che scriveva pure peggio, e quindi che diritto ha di sovrastarmi? È una voce nello spazio profondo della blogosfera che urla: sono ancora qui, non mi sono rincoglionito. Ho ancora un sacco di cose da dire. Un sacco.

È stato un anno diverso dal solito, questo almeno posso dirlo. Mi sembrava di aver scritto meno del solito, salta fuori che non ho mai scritto tanti pezzi (280 in 12 mesi è un record). È stato un anno di esperimenti: il più interessante è stato quello sulla forma breve – i 1500 caratteri.

(I cinque pezzi più cliccati nel 2015:)

  1. Non voglio pagare per la scuola privata di tuo figlio, grazie
  2. Tutti un po’ più fanatici domani
  3. No, la tua scuola privata non mi fa risparmiare
  4. Date un quotidiano a Calabresi
  5. Il gender non esiste; la scuola privata non dovrebbe
È andata così. L’anno era cominciato in modo abbastanza inerziale, quando all’inizio di marzo ho colto l’occasione di riciclare un vecchio, brevissimo pezzo che era andato fortissimo ai tempi di Piste – forse la prima volta in cui avevo capito come funzionava la viralità su facebook. Mi aspettavo di fare quei tremila accessi, ne ho fatti dodicimila. La cosa mi ha fatto pensare. E se stessi sbagliando tutto? Se la gente volesse pezzi più brevi?
(Avete già compilato il questionario? Sì? Grazie!)
In realtà ho sempre creduto che la gente in generale preferisca i pezzi brevi: soltanto, non li preferisce scritti da me. Non è il mio genere. C’è gente molto brava a stipare il mondo in una colonnina, duemila battute: io no. Però potevo provarci, giusto per togliermi il dubbio. 1500 battute al giorno. Provateci anche voi. Dopo un po’ ritrovate la stima per Michele Serra, rivalutate Gramellini. È molto difficile non scrivere cazzate in 1500 caratteri. Ce l’ho fatta? Non saprei.
L’exploit del pezzo di Piste non si è più ripetuto. Ha evidentemente qualcosa di unico che non so riprodurre in laboratorio. Nel frattempo ho dimostrato a me stesso che riesco a scrivere pezzi brevi, e che se ne pubblico un paio al giorno attiro mediamente più accessi di un solo pezzo lungo. Sulla distanza però non c’è un vero allargamento nel bacino dei lettori. Stavo solo spremendo il pubblico più affezionato, costringendolo a passare due volte al giorno invece che una sola. E in generale, i pezzi lunghi continuano a essere più divertenti per me e per l’utente medio. 
L’altro esperimento importante è stato la grande gara degli spunti. Mi sono divertito anche troppo – alla fine ero esausto e non ho più scritto niente per mesi. Ora come ora non so davvero cosa fare, il blog è in coma vigile. Ogni tanto mi sfiora una discussione che m’interessa – Muccino che se la prende con Pasolini, Houellebecq con Hollande e mi vien voglia di scrivere quelle diecimila battute. Nel frattempo è successa una cosa curiosa e imbarazzante: questo blog è diventato un sito di cinema. Grazie soprattutto alla collaborazione con +eventi, il tag “cinema” è arrivato a quota 260, surclassando “Berlusconi” (179) e “scuola” (178!). “Matteo Renzi” è ancora molto indietro (109), ma si è lasciato alle spalle “Beppe Grillo (85). Colgo l’occasione per ricordare che non capisco nulla di cinema (è un’opinione diffusa anche tra i lettori).
Cosa accadrà nel 2016? Non ne ho la minima idea. Mi piacerebbe scrivere un po’ meno ma essere letto di più. Mi piacerebbe aumentare gli accessi, i like, tutte queste cose, lo so che sembra assurdo e puerile. Ma anche a voi piacerebbe che la vostra squadra vincesse qualcosa l’anno prossimo. E se se vi capita di correre, e di cronometrarvi, quando vi accorgete di perdere dei minuti rispetto all’anno precedente ci restate male. Ecco. Mi piacerebbe scrivere sempre meglio e non ammalarmi mai, non invecchiare eccetera. E se mi impegno magari andrà davvero così, no? Buon anno anche a voi.
autoreferenziali, blog, fioretti dell'anno nuovo, sondaggi

Ti piaccio? Ma quanto ti piaccio? (un sondaggio)

Buon anno tutti, il mio 2015 davvero non mi consente di lamentarmi. Prima del solito super-interessante bilancio di fine anno, vorrei chiedere qualcosa a quelle indispensabili persone che negli ultimi anni sento un po’ più distanti, i lettori. Sì perché nei commenti siamo i soliti quattro gatti (benché graditi) e sui social, eh, non si capisce mai cosa succede sui social.

Per questo motivo ho pensato di farmi un’idea con uno di questi strumenti interattivi che ci sono su internet adesso. Si chiama “sondaggio”, bisogna mettere qualche puntino in qualche pallina, vi prende tre minuti e ho cercato di farlo il meno noioso possibile. Grazie fin d’ora a tutti!

blog, copywrong, giornalisti

Chi gabella Gino Paoli

A volte mi domando che ci sto a fare qui, a spacciare cookies di terze parti – manco più la pubblicità mi fanno mettere. Poi mi capita di leggere una notizia, per esempio, Gino Paoli che fa una lezione sulle tasse.

No, ovviamente è più complicata di così. L’avrete sentita anche voi: Gino Paoli, in qualità di non si sa bene cosa, è stato invitato come relatore a una cerimonia di consegna di diplomi di un master universitario altamente patrocinato dall’Agenzia delle Entrate. Nell’internet che frequento – e sui giornali che sfoglio – la cosa fa notizia perché Gino Paoli è tuttora indagato per evasione fiscale. Perlomeno, il taglio con cui viene riferita la notizia è sempre questo. Non so se la responsabilità sia del Fatto Quotidiano e se gli altri organi di stampa gli siano andati a ruota, o se ormai l’impostazione del Fatto sia talmente egemone che tutti la imitano, anche senza rendersene conto; fatto sta che per due giorni sui giornali e su internet ho letto che chi è indagato (per evasione fiscale) non dovrebbe permettersi di esprimere opinioni.

Mi domando se chi scrive queste cose sui giornali, o le rimbalza sui social, non è mai stato indagato per evasione fiscale. Probabilmente no, altrimenti se ne starebbero tutti zitti per coerenza, vero? A me l’anno scorso l’agenzia delle entrate ha chiesto certi estratti conto del 200x per un accertamento, probabilmente dovrei chiudere il blog finché non si fanno più vivi. Invece scrivo. Mi sento quasi obbligato.

Scrivo perché nell’internet che vorrei, e sui giornali che volentieri comprerei, Gino Paoli che parla di tasse non farebbe notizia perché è indagato per evasione – capirai – ma perché il signore che si lamenta della burocrazia e della mancanza di buonsenso, è lo stesso che da presidente della Siae chiese e ottenne di raddoppiare la prestazione patrimoniale imposta nota come “copia privata”. Ovvero un tizio che ha voluto che pagassimo di più per ogni cd vergine, chiavetta usb, lettore mp3, pc, eccetera, e quel di più (più o meno 200 milioni di euro) lo devolvessimo alla Siae. Un piccolo rimborso per tutte quelle canzoni e film che potremmo salvare sui nostri supporti – e se non salviamo nulla di scritto dal signor Paoli e colleghi? Niente, dobbiamo pagare lo stesso. Ecco, quel signore che ha ottenuto 200 milioni di euro così, è lo stesso che è andato alla Camera di Commercio di Genova e ci ha spiegato che le tasse italiane sembrano ancora le gabelle medievali. Mi sarebbe piaciuto che qualcuno l’avesse fatto presente, ma continuo a scrollare e niente, non ne ha parlato nessuno.

Così ne parlo io. A volte mi domando ancora che ci sto fare qui – tempo cinque minuti e mi rispondo.

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Come odiavamo (lettera dal 2009)

Quando ho letto della nuova tirata di Aldo Grasso sul “popolo del web” ho avuto, ovviamente, un déja vu. Ero sicuro di avere già scritto da qualche parte la risposta – del resto al Corriere scrivono le stesse cose da vent’anni – ma dove? Ci ho messo un po’ a recuperarla: era il primo pezzo che scrissi sull’Unità.it, nel lontanissimo 2009: e già allora la discussione sembrava vecchia. Non rispondevo a Grasso ma a Stella che scriveva esattamente le stesse cose; è come se si passassero i canovacci. Io invece credo di essere cambiato un po’. Era l’unico pezzo che non avevo ripubblicato qua sopra, lo faccio adesso per scongiurare l’orribile eventualità che vada perso (il server dell’Unità potrebbe azzerarsi da un momento all’altro). È anche una manovra per placare l’ansia dei nostalgici dei pezzi lunghi – se provate a leggere questo magari un po’ vi passa, la nostalgia.

Stella che brilli lassù

Ho una teoria. Quando a un giornalista capita di scrivere il solito pezzo demonizza-internet (un genere relativamente giovane, ma già irrigidito nella statuaria dei luoghi comuni senza età, come gli elzeviri sulle mezze stagioni o sugli esodi d’agosto) la prima reazione di chi su internet ci scrive davvero, e magari da anni si sbatte per difendere e diffondere contenuti di qualità, è più o meno: Nonno Non Hai Capito Niente. Probabilmente parli per sentito dire e non sai distinguere un profilo facebook da un blog, avrai una connessione modem a 56k con il fischiettino (vi ricordate il fischiettino?) oppure la stagista schiavetta che ti scansiona i comunicati battuti in Olivetti Lettera22.

Tante volte devo aver reagito così anch’io, qualche anno fa, ma appunto: era qualche anno fa. Adesso siamo nel 2009 e davvero anche il nonno ha capito come si accende il computer. Parlare di Internet per sentito dire non solo non è più ammissibile, ma è davvero impossibile. Eppure le cose che ha scritto Gian Antonio Stella sono un po’ le solite: “zona franca dove divampa una guerra che quotidianamente si fa più aspra, volgare, violenta” (Montecitorio? No, Internet) “individui e gruppi che, pur nella diversità di accenti e idiomi utilizzati, parlano tutti […] il linguaggio della violenza, della sopraffazione, dell’annientamento” (Curva di stadio? Set del Grande Fratello? Nooo, Internet). A gente come me, come probabilmente anche voi, che frequenta internet ogni giorno e ci trova lampi d’intelligenza, di fantasia e di creatività che nessun altro media gli offre, può sembrare strano e triste che Gian Antonio Stella si trovi in casa la stessa finestra sul mondo e non ci trovi nient’altro che volgarità, violenza, odio, anzi, “libertà di odio”. Eppure è così: come si spiega?

Io una teoria ce l’ho, dicevo: dipende tutto da dove è piazzata la finestra. Gian Antonio Stella guarda internet come tutti noi, ma da una posizione infelice: quella di giornalista. Rifletteteci bene. Voi praticoni di internet avete i vostri riferimenti, i vostri feed, le persone simpatiche ed esperte di questo o quel settore che avete selezionato in anni di frequentazioni, ed è questo a rendere la vostra finestra così colorata e interessante. Stella ha avuto meno tempo di voi, e i frequentatori di internet forse li conosce soprattutto sotto forma di commentatori medi del sito del Corriere. Ma i commentatori medi al Corriere (o alla Repubblica), beh… è il caso di dire no comment. Davvero, cosa pensereste di Internet e di chi lo frequenta, se le uniche prove della loro esistenza fossero le tracce di bava che lasciano sui siti dei grandi quotidiani, e su qualche gruppo di facebook?

Internet è piena di melma, inutile negarlo (nessuno infatti ci ha provato). Però in mezzo alla melma ci sono cose straordinarie che valgono tutta la bolletta, e persone che sostengono, come me, che è inutile criticare la melma: l’unico sistema per migliorare la qualità è creare piccole oasi di cose intelligenti e interessanti, in zone non troppo remote da quelle dove passa il grande traffico. I blog che leggo quotidianamente sono una realizzazione imperfetta di questa idea di oasi: mi riassumo i fatti importanti del giorno in modo esauriente e divertente, mi raccontano notizie singolari e importanti che da solo non avrei trovato mai, a volte mi fanno arrabbiare, ma sempre per un’idea diversa dalla mia, non per uno schizzo d’odio. Però ci ho messo anni a selezionarli, e ho dovuto vincere il fascino per la melma, per i deliri dei dementi, che soprattutto all’inizio mi soggiogavano e mi facevano perdere tempo prezioso (tuttora, a portata di clic, c’è la perdizione). Insomma, ci ho messo anni per rendere davvero efficiente e interessante quella che una volta si chiamava “navigazione” su Internet. E questo smentisce il luogo comune che Internet sia facile come schiacciare un bottone: no, se schiacci un bottone per prima cosa escono quintali di melma che ti schizza dappertutto. Il setaccio di contenuti interessanti è una pratica difficile che si acquisisce con gli anni, è più complesso che imparare a guidare. Basta vedere cosa combinano gli adolescenti in rete: in teoria dovrebbero capire tutto alla svelta, in pratica finiscono subito impantanati in luoghi assurdi, e ci impiegano anni a trovarsi una posizione rispettabile, a costruirsi un profilo decente.

Con gli anni s’impara a tenersi lontani da certi luoghi come i commenti su youtube, i gruppi su Facebook… o i commenti di Repubblica.it, o del Corriere. Ma non è paradossale che la melma su Internet tenda ad addensarsi proprio intorno a siti informativi professionali? Immaginatevi il Corriere on line come un grattacielo in mezzo a una discarica: ecco, Gian Antonio Stella vede gli internauti da una finestra di quel grattacielo, e cosa volete che veda? Mostri subumani che inneggiano al ferimento di premier mediante souvenir, negatori di olocausti, odiatori di “negri”, insomma, brutta gente. Come spiegargli che quelli non sono tutti gli internauti… ma solo quelli che più spesso circolano intorno al Corriere? E perché proprio intorno al tuo giornale, è colpa della linea editoriale? No, assolutamente. È solo una questione di dimensioni: il grattacielo è un punto di riferimento nazionale, attira la massa, e in mezzo alla massa la suburra, i cospiratori, i mitomani.

Per contro in un piccolo sito come il mio, mantenere un discreto livello di discussione è relativamente semplice. Molto di rado negli ultimi anni mi è capitato di dover mettere i mattoidi alla porta. Merito mio? No, assolutamente, anche in questo caso è una questione di dimensioni. I mattoidi accorrono naturalmente verso i centri di traffico, sono attirati dalle celebrità. Non sono massa, ma si disseminano sempre nella massa. Nei piccoli blog che negli anni abbiamo selezionato con cura, i mattoidi non vengono: al limite passano di sbaglio se gli capita di scambiarci per qualcuno più importante di noi. Ma appena hanno capito che noi siamo pesci piccoli, ci lasciano nella nostra nicchia e se ne tornano in piazza a vandalizzare gli editoriali delle Grandi Firme coi loro commenti.

Così senza volere siamo riusciti a parlare del povero Tartaglia, che nemmeno aveva un profilo Facebook. Peccato, ci si sarebbe trovato bene. E forse iscrivendosi a qualche gruppo idiota gli sarebbe passata la voglia di realizzare le sue idiozie nel mondo vero. Perché Internet è anche questo: una valvola di sfogo per colletti bianchi che giocano a fare gli odiatori di negri, i negatori di olocausti, gli inneggiatori a Tartaglia. Sì, non è molto coraggioso da parte loro. Ma ognuno dovrebbe essere libero di gestirsi la sua melma come vuole, finché non schizza gli altri.

blog, cinema

La virtù dell’ignoranza

Ciao, scusate se non mi sono fatto sentire per qualche giorno: influenza, scrutini, neve, cavallette, ma soprattutto Kekkoz mi ha chiesto di fare i Pregiudizi. Se non sapete di cosa sto parlando non è grave, magari siete solo giovani. Dunque, dovete sapere che una volta, tanti anni fa, i film nelle sale uscivano il venerdì, e il venerdì chi aveva una connessione internet passava una discreta parte del suo tempo on line a fare f5 su Friday Prejudice, un blog in cui Kekkoz parlava dei film prima di averli visti. Era solo un gioco ma era molto divertente – finché un giorno lui non ne ha potuto più e ha cominciato a invitare nel suo blog gente che ne capisce di cinema. A un certo punto devono essere finiti, perché si è ritrovato a chiedere a tipi come me. Io comunque ce l’ho messa tutta. Era la mia occasione per dimostrare qualcosa, non so neanche bene qualcosa ma eccomi qua.

BIRDMAN
Ciao a tutti, mi chiamo Leonardo e avevo un sogno: scrivere su Friday Prejudice, il mio preferito tra quei pochi blog in lingua italiana in cui non mi avevano ancora fatto entrare. Fino a oggi! Oggi è il mio grande momento! Sono molto emozionato, anche perché, come alcuni di voi sapranno, non so un c**** di cinema ma mi ostino a parlarne. Con Birdman vado tranquillo perché se siete lettori di Friday probabilmente ne sapete più di me, e se ne sapete più di me siete consapevoli di che razza di bomba sia innescata sotto le nostre poltroncine, e del fatto che Iñárritu stavolta abbia davvero messo d’accordo tutti (92% al pomodorometro, si dice così?) Anzi è probabile che a questo punto l’abbiate già visto, e siccome era a Venezia l’anno scorso non saprei biasimarvi. Però se avete dieci euro e due ore io vi propongo di esplorare lo stesso un multisala al pomeriggio e guardare quanti ragazzini entrano convinti di farsi il classico film di supereroi del mese, e come reagiscono di fronte a una specie di lungo piano sequenza su un vecchio attore che ha un sogno ma deve lottare coi suoi fantasmi. BOMBA DI FINE DEL MONDO (continua su Friday Prejudice).
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Di altre cose finite nel 2014

…dicevo, nel 2014 sono cambiate tante cose. Si tratta per la maggior parte di cose che prima c’erano e poi sono finite. Per prima è sparita la viralità gratis. Poi sono finiti i soldi.

Gazzetta di Modena (Avevo scritto che il 2014 era stato
un anno senza alluvioni? Mi sbagliavo).

Due contratti

Di soldi non ne abbiamo mai parlato. La scusa ufficiale (troppo pochi per essere interessanti) celava un’ambizione: ci si aspettava che aumentassero. E stavano aumentando – lentamente ma gradualmente – a fine 2013, con tre-quattro contratti e due pezzi pagati alla settimana, qualcosina si metteva da parte. Non mi sembrava un modello da proporre in giro, ma in qualche modo funzionava. Nel 2014 ha smesso.

In primavera Liquida ha deciso di sospendere la sua sponsorizzazione, molto generosa. In effetti mi pagava le stesse (identiche) inserzioni di Google, molto, molto più di quanto mi corrispondesse Google. Non ho mai capito perché lo facesse, sospettavo per mecenatismo e preferivo non domandare. In ogni caso, non poteva durare all’infinito, per cui arrivederci Liquida e grazie per tutto il pesce. Ah, e poi come sapete ha chiuso l’Unità. Anche l’Unità on line, decisione a mio avviso molto discutibile. Comunque lo hanno chiuso e ora lo posso dire: sì, mi pagavano.

Non proprio puntualmente, no – ma mi pare che sia la regola anche per i gruppi editoriali che hanno meno problemi. Ero il primo a stupirmene, di solito in questi giorni dell’anno: quando arrivavano quei due o tre bonifici ormai dati per persi. Il fatto è che quando avevo iniziato, nel 2009, la figura del blogger che scrive gratis sul sito del quotidiano ancora non esisteva. Fu il Fatto quotidiano a cominciare in grande stile nei mesi successivi; poi arrivò l’Huffington e da lì in poi l’idea di pagare un blogger diventò un nonsense. Ma io ero arrivato un po’ prima, per un pelo! avevo sparato una cifra bassa, me l’avevano ritoccata ulteriormente, e poi non se n’era più parlato. Nel frattempo c’era la crisi che sapete, per cui non è che mi facessi illusioni; quando chiusero la sede regionale per esempio mi dissi: ci siamo, tra un po’ mi scriveranno che non si possono più permettere ecc. ecc. e che posso sempre collaborare con loro su base volontaria. Non mi hanno mai scritto, e ogni tanto mandavano i bonifici. Quando dichiaravo i redditi davo un’occhiata, i conti tornavano sempre.

In coscienza non credo di aver affossato l’Unità, o scialato soldi pubblici. Mi sono dato da fare, ho portato un po’ di traffico e di discussione sul sito, una volta alla settimana per quattro anni filati – ho saltato soltanto la settimana che sono diventato papà, ma credo di averla recuperata. Mi dispiace se nel frattempo qualcun altro si faceva un mazzo uguale gratis. Mi dispiace soprattutto per chi ci lavorava a tempo pieno e a un certo punto si è ritrovato a bordo di un progetto in cui nessuno stava più investendo, e ha continuato a lavorarci anche mesi dopo l’ultimo stipendio. Io grazie al cielo nella vita faccio altro e davvero, giornalisti e redattori in questo periodo non li invidio.

Comunque da agosto in poi il blog ha quasi smesso di pubblicare pezzi pagati, non so se i lettori se ne siano resi conto. Siamo tornati nel quasi puro dilettantismo, con tutto quello che ciò implica nel 2014. Cosa implica? Non saprei. Pubblicare un po’ meno, probabilmente. All’inizio invece ho provato a pubblicare di più.

Ci manki.

La parola dell’anno è clickbait

L’anno scorso era “selfie”. La parola che all’inizio dell’anno nessuno sa, ma già ne avverte l’esigenza. Il clickbait esiste da quando esiste il www, ma non ci aveva mai dato tanto fastidio. Da quando Facebook è diventata l’edicola unica, ha cominciato a urtarci realmente. Quel che preoccupa è che, a parte le derive grottesche e in fin dei conti divertenti di Beppegrillo, nessuno sembra in grado di farne a meno: siamo tutti in prima fila a gridare più forte i nostri contenuti sperando in quei cento o mille clic in più. In agosto ho fatto un piccolo esperimento.

C’era vita sulla luna (nel 1835, perlomeno).

L’idea era spremere più attenzione possibile dai social network, mettendo a frutto tutte le (cattive) tecniche imparate su Beppegrillo e compagnia. Agosto era perfetto anche perché di solito non succede mai niente, ma da qualche anno a questa parte la gente si connette comunque e ha più tempo per mettersi a leggere qualcosa che non sia la solita campagna virale o le notizie sul meteo. In agosto di solito gli accessi a questo sito si contraevano fino a dimezzarsi; nel 2014 è stato il mese che ha attirato più visitatori. Al di là dei vari trucchetti che hanno irritato molti lettori abituali (i titolacci, la grafica orrenda, le liste ecc.) l’idea di lavorare quando gli altri chiudono mi sembra buona. Anche perché quando gli altri lavorano lavoro anch’io.


La fine di un’epoca (di transizione)

Altre cose finite: l’antiberlusconismo. Un po’ prima di Berlusconi, temo. E non è ancora detta l’ultima. Poi è finito il M5S, o almeno la sua fase eroica. In generale, credo che sia finita un’epoca molto interessante: quei tre anni in cui ci siamo resi conto che B. vacillava sul serio e ci siamo domandati chi ne avrebbe preso il posto. Abbiamo avuto speranze, abbiamo avuto paura, abbiamo letto tante cose e ne abbiamo scritte tante altre. Adesso c’è Renzi, e per quanto sia un formidabile spunto, non richiama la stessa attenzione. In teoria la situazione attuale dovrebbe essere perfetta per un blog del genere: tra Renzi Grillo e Berlusconi Salvini, ogni mattina non dovrebbe essere difficile trovare uno spunto per dare addosso a uno dei tre. In realtà la sensazione è che una certa fase epica sia finita, che finalmente un certo equilibrio sia stato raggiunto, e che molti si siano distratti; che sotto la buccia degli addetti ai lavori, che litigano per mestiere o inclinazione, ci sia una larghissima fetta di lettori annoiati che di questa roba non ne può più. C’è davvero necessità di un altro pezzo sulle purghe nel M5S, o sui voltafaccia di Salvini? Che senso ha infierire? Bisognerebbe essere più antigovernativi ma controllare di non dire le stesse cose che sta dicendo Grillo o il Giornale, è complicato. Io su Renzi avevo molti pregiudizi ma sarei stato contento se fosse riuscito a smentirli. Fin qui non è proprio andata così. Adesso ci sarà la corsa al Quirinale, vedo i giornalisti molto eccitati – io ho già la nausea. Magari tra due mesi succede la Grecia ci fa uno scherzo o succede qualcos’altro di imprevisto e diventa di nuovo interessante discutere di politica interna – a proposito, in questi tre anni la politica estera l’abbiamo tutti colpevolmente snobbata, con qualche soprassalto perlopiù causato da bombardamenti in Palestina. Credo che a rileggermi col senno del poi – una cosa che per fortuna non avrò mai tempo per fare – farò l’effetto di una persona eccezionalmente miope, tutta concentrata su quello che gli succedeva nell’orto di casa, mentre a Hong Kong si fronteggiavano democrazia e totalitarismo, la NSA ci spiava, Google cominciava a produrre droni, eccetera eccetera. Questa miopia la rivendico: sono un tizio che non ci ha mai visto molto lontano, e che preferisce dare un contributo ai piccoli discorsi che capisce. Non sono un futurologo, non capisco molto di economia (beati voi che invece), mi piace scrivere dei fatti miei e di qualche milione di persone con cui condivido la lingua. Niente di interessante, vi avevo mai fatto credere il contrario? Vi chiedo scusa, e vi capisco se passate di meno. Capita persino a me.

Tempo

A settembre è finito anche il tempo. Non saprei dire il perché, ma mi sembra di averne sempre di meno. Non ho cambiato professione, non ho figliato ulteriormente, non ho trovato un nuovo hobby, non ho un amante. Mi addormento prima, semplicemente. Questo era un blog che si metteva assieme soprattutto in una fascia dall’una alle tre di notte che non esiste quasi più. Meno tempo significa meno pezzi, il che non è necessariamente un male. Diventa sempre più difficile pianificarne le uscite, e questo rende più difficile scrivere i pezzi sui santi – ce ne sono ancora di interessanti, ma ci vuole un tempo per prepararli che non c’è più. Un’altra cosa da fare sarebbe riscriverli bene – ci trovo strafalcioni e ripetizioni ogni volta che li rileggo. Diciamolo, ho passato due o tre anni a scrivere come un ossesso e non riuscivo più a correggermi. Un obiettivo per il 2015 potrebbe essere: scrivere meno scrivere meglio.

(Ma vi rendete conto che tra dieci anni è il 2025? Brividi).

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La sola edicola in città (non funziona)

Consuntivo 2014, forse

Abbiamo avuto tutti un anno difficile.

http://www.linkiesta.it/fine-discoteche-italiane

Io non dovrei nemmeno lamentarmi – un anno senza inondazioni e terremoti, buttalo via – ma la situazione in generale mi sembra abbastanza grigia, anche e soprattutto nel www. Tanto che mi domando se abbia davvero un senso venire qui a cercare di spiegare e spiegarmi perché gli accessi sono un po’ scesi, e come intendo reagire al problema ecc. ecc. ecc. – come se questo sito fosse l’unico al mondo che non riesce più ad attirare l’attenzione. Come se non fosse fisiologico, e tutto sommato giusto, che aumentando il bacino di lettori non aumenti anche la possibilità di trovare qualcosa di meglio. Come se non avessi anch’io tante cose più interessanti e importanti da fare.

Comunque. Vi è sembrato volare, il 2014? Quaggiù non è volato affatto. Uno di quegli anni in cui sembra che non cambi niente e invece è cambiato tutto. Molte cose in peggio, ok. Ma concentriamoci sul cambiamento. È pur bello cambiare.

Zoccolo e picchi.
Il primo cambiamento che si è fatto notare nel 2014 è quella che mi piacerebbe chiamare la fine della viralità facile – ma poi mi toccherebbe comunque prendere una mezza dozzina di righe per spiegare cosa intendo. Mettiamola così: il pubblico di un sito come questo si divide in zoccolo e in picchi. Lo zoccolo è fatto di quelli che vengono sempre, con cadenza quotidiana o settimanale. Lo zoccolo è il privilegio e il vanto di un sito storico come questo (14 anni, signori); è cresciuto con alterne vicende fino al 2009 e da allora è sempre sceso, sempre. Vi chiederete come fa un bacino a scendere per sei sette anni senza toccare mai lo zero, ebbene, sono il primo a stupirmene.

L’altra componente sono i picchi. Quelli che arrivano soltanto quando un pezzo diventa virale – cioè attira l’attenzione su facebook, dato che da diversi anni, ormai, la viralità dipende unicamente da facebook. Twitter, quando si arriva ai grandi numeri, sta a Facebook come il ciaocrem alla nutella, mi dispiace. Non ho mai voluto molto bene a Zuckerberg e alla sua creatura, ma ormai l’unica edicola aperta in città è la sua, e mi tocca pure sgomitare per ottenere un posto sull’espositore. In ogni caso, nel 2013 era bastato comparire nell’edicola con assiduità per aumentare, a fine anno, il numero totale degli accessi. Un classico esempio di dead cat bounce (= “Anche i gatti morti precipitando rimbalzano”) – in ogni caso l’effetto è già finito. Ma è finito perché, sin dai primi mesi del 2014, non c’è stato più modo di diventare virali su facebook. Un ritocco all’algoritmo, o forse sono diventato più noioso, fatto sta che anche questa pacchia è finita. Il pezzo più letto dell’anno scorso aveva raccattato diecimila clic in un paio di giorni (per arrivare a ventimila nel giro di qualche mese). Quest’anno  più di quattromila non si facevano, non c’era verso. È sufficiente confrontare le due campagne elettorali, entrambe molto discusse, che portavano un sacco di lettori infervorati a discutere nei commenti: quest’anno mi sembra di averla seguita con più assiduità, portando a casa molto meno.

L’unica edicola in città…
Nel frattempo – forse per autosuggestione – facebook mi sembra diventata molto più caotica. Non c’è più verso di ritrovare l’unica cosa tra cento che ripensandoci ti interessava. Forse ho troppi amici, forse troppo pochi, chi lo sa – resta impressionante la quantità di minestra riscaldata che Zuck mi propina al posto dei contenuti interessanti che mi perdo ogni giorno, accorgendomene magari una settimana dopo. È terribile vivere in un posto dove esiste una sola edicola e non ci trovi mai quello che interessa – almeno in questo Internet non avrebbe dovuto somigliare a San Martino Secchia. Che fare?

(I cinque post più letti del 2014. Il terzo è del 2012).

  1. La scuola dell’amore (non passerà!)
  2. Palla al centro, Cinquestelle
  3. 5 cose che nessuno sa di Dalla, forse
  4. Ma ci sarà un correttore a Torino
  5. L’esplosione controllata di Grillo

Prima o poi ci stancheremo di FB – ci siamo stancati di tutto – e troveremo qualcos’altro che all’inizio funzionerà bene e poi sempre peggio ma comunque avrà attirato così tanti utenti che resterà comunque per un pezzo il posto più interessante e divertente. Funziona sempre così – dove sono le discoteche della nostra adolescenza? Ci sembravano eterne, e invece – il problema è che disfarsi da Facebook sarà oggettivamente più difficile. Ci abbiamo rovesciato troppa vita dentro, e senz’altro Zuck non ce la restituirà. Non gratis. È un po’ il problema dei tatuaggi.

A me non piacciono i tatuaggi. Sono una persona costituzionalmente incerta, tendo a pensare al me stesso del futuro come a un estraneo che avrà senz’altro gusti diversi dai miei, a cui devo consegnare il mio corpo nella condizione il più possibile ottimale, e quindi trovo stupidi i tatuaggi. Non vedo l’ora che passino di moda. Il problema è che il tatuaggio non è un anellino qualsiasi. Non passa di moda per definizione. Chi si fa un tatuaggio a vent’anni potrebbe trovarlo disgustoso a ventuno – ma non lo farà. Cristallizzerà il suo gusto al tempo in cui gli piacevano i teschi o i font esotici. Svilupperà milioni di teorie – una per ogni giorno in cui si vede il collo tatuato allo specchio – per spiegarsi come mai quella macchia sul collo è interessante a dispetto di ogni ragionevole estetica. Farà il possibile e l’impossibile per autoconvincersi che i tatuaggi sono belli e probabilmente riuscirà a convincere qualcuno più giovane di lui a replicare il suo errore all’infinito. Intere civiltà del passato sono discese in questo abisso.

Mi chiedo se Facebook non sia un po’ la stessa cosa. Vedo un sacco di gente buttarci dentro la loro vita, indifferenti al fatto che sia una lavagna indelebile, e di proprietà altrui. Poi si lamentano se Zuck per augurargli il buon Natale gli risputa la foto della figlia morta – hai regalato le tue foto all’unico edicolante in città, che t’aspettavi? C’è gente che ha chiuso i blog – per carità, li capisco – e poi scrive cose intelligenti su facebook, ma perché lo fate? Davvero avete tanta intelligenza da regalarla gratis agli incroci delle strade, come la Sapienza dei Proverbi? Non vi interessa più tenerla in archivio, volete lasciarla tutta a Zuckerberg?
E se un giorno ve la cancella?
O se un giorno voleste cancellarvi voi?
Vi state tatuando facebook sul collo, rendetevi conto.

(Il consuntivo prosegue un’altra volta perché sono andato fuori tema)

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I dieci peggiori blog d’opinione d’Italia

Macchianera Italian Awards 2014: NominationMacchianera Italian Awards 2014: Nomination30 agosto 2008un oscuro blog dell’epoca arcaica fa incetta di nomination ai Macchianera Blog Awards, come si chiamavano a quel tempo. Sei anni dopo, c’è ancora qualcuno che lo vota, a dispetto di ogni buon senso e logica commerciale. 

Ciao, siete meravigliosi. Volevo ringraziare tutti gli affezionati lettori e in particolare le batterie di scimpanzé che Gianluca Neri evidentemente mantiene in cattività in un ambiente cablato (probabilmente spera che scrivano l’Amleto o magari qualcosa di meglio) e che anno dopo anno, quando si tratta di votare per i MIA, continuano a spuntare la voce “leonardo”, probabilmente per inerzia. Anche quest’anno sono in lizza per il “miglior post” – mai meno meritato – e per il “miglior blog di opinione”, inserito in un mazzo di avversari che mi polverizzeranno. Ve li presento qui di seguito, con un’avvertenza: STO SCHERZANDO. In realtà li stimo tutti molto. No, perché c’è chi si è bevuto la storia del critico musicale e quella della Gioconda falsa, e insomma non si mettono mai abbastanza mani avanti.

Dice che si è spento ieri sera alle 21 e 50.

Licenza Politica (www.licenzapolitica.it)

Licenza Politica è (apre la pagina) un “blog controcorrente, dall’anima liberale, liberista e libertaria”: complimenti, mi sei già salita sulle palle col sottotitolo. E insomma sarà da vent’anni che sfracassate con la trimurti liberali-liberisti-libertari e ogni volta mi verrebbe da chiedervi: ma perché “libertini” no? Cosa v’hanno fatto i libertini, eh? Eh? Restif de la Bretonne non è forse degno di entrare nella vostra accolita di liberti liberati battenti bandiera liberiana? La notizia in homepage è che Stalin è morto. Giuro. No, è un effetto dei layout con le foto immense. Allora io posso anche sbagliarmi, dopotutto sono in giro solo da un milione di anni, però più grosse ci mettete le foto, più piccole sembrano le vostre opinioni. La più recente è sul fallimento dell’Unità, che sarebbe un “fallimento di mercato”. Uhm, se ne può discut– NO. Che altro c’è? Un endorsement a Forza Italia perché a inizio luglio devono aver aperto alle coppie gay – me n’ero già dimenticato, per fortuna che c’è Licenza Politica che va controcorrente e mi ricorda queste verità scomode. “Quindi, chapeau Francesca e chapeau Cav. Se questo è il nuovo inizio di Forza Italia, forse la vera rivoluzione liberale non è ancora perduta“. Qualcuno ha visto la salma di Gobetti di recente? Mi saprebbe dire quante rotazioni riesce a compiere nel minuto-secondo? No perché io ho questa idea che se riuscissimo ad attaccare una dinamo alla salma di Gobetti avremmo risolto il fabbisogno energetico di una popolosa provincia italiana. È pur vero che le hanno abolite. E poi lui è al Père-Lachaise direi. E coi francesi non si ragiona, loro hanno il nucleare da rivenderci. Les salauds. Stavamo dicendo?

Byoblu (www.byoblu.com)

Ora se ne va in giro per le capitali europee a spese nostre, ma c’è stato un periodo, ve lo giuro, in cui Claudio Messora sembrava più sfigato di me. Lo so che appare impossibile. Ricordo quando l’ho visto per la prima volta risalire le classifiche, e mi domandavo: ma chi è questo sconosciuto, ma cosa fa nella vita a parte dire di aver vinto il festival di Castrocaro? Niente. Aveva scoperto i blog (nel 2007, quando erano già stati dati per morti cinque o sei volte) e aveva mollato tutto per mettere su un videoblog. Pazzo! Avrei voluto dirglielo in faccia. Folle sconsiderato, torna subito a fare il compositore “con all’attivo molti dischi venduti in numerosi paesi del mondo”, o il “Project Manager e Amministratore Delegato in start-up di innovazione tecnologica”, qualunque cosa, ma lascia queste acque melmose. Non hai capito che uno su mille ce la fa, ed è comunque Beppe Grillo? Non so se fosse già infeudato con la Casaleggio. So che non se la passava bene e non ne faceva mistero:

Quanto tempo dedichi al blog? Per lungo tempo ho passato anche 2 o 3 giorni senza dormire. Questo è un videoblog e, a parte adesso che sto lavorando al Documentario INTERNET FOR GIULIANI, l’editing video, tra la registrazione, il montaggio, la conversione e via dicendo, è un lavoro massacrante. […] Quindi la risposta finale è: 24 ore al giorno. Ma solo perché non ce ne sono di più.
Vedo che hai anche pubblicità nel blog e … quanto ti rende? Domanda ambigua cui, per i motivi che spiegavo prima, non credo di essere costretto a rispondere. Però, siccome non ho nulla da temere, ti allego questa immagine, uno screenshot delle entrate AdSense di oggi: click per scaricare. Potrai e potrete constatare che l’incasso di oggi, per il momento (ma la giornata volge al termine) ammonta a € 5,22, di cui €1,78 da proventi dei banner sul blog, e €3,44 da proventi dei banner sui video di YouTube. Non mi sembra una gran fortuna, soprattutto considerato che solo il server (macchina dedicata su Aruba) costa 1600€ all’anno, altri 1000€ se ne vanno per la connessione domestica alla rete, altri 240€ per quella mobile (se mi sposto, devo lavorare), 1500€ costa la videocamera, 500€ tra luci e cose varie, 600€ di microfoni, 2000€ tra Adobe Premiere e vari altri softare di montaggio video, un qualsiasi spostamento per raggiungere un evento o una persona da intervistare significa altre centinaia di euro, più altre spese che sto tralasciando. In più devi considerare che questo è il mio lavoro – non posso e non ho tempo di farne un altro, per cui ho smesso di fare l’informatico, che mi faceva guadagnare bene – per cui oltre alle spese vive dovrei anche riuscire a guadagnare per pagare il mutuo, la macchina, la scuola di mio figlio, la spese, le bollette, l’amministrazione del condominio e… devo continuare? 🙂

Era una domanda retorica, vero? No, cristiddio, non devi continuare. Ti sei pure fatto lo spazio su Aruba, seicento euro di microfoni, sei matto da legare. Hai un figlio, una macchina, un mutuo, le spese condominiali, qualcuno faccia qualcosa. Ero veramente preoccupato.
Adesso non sono più così preoccupato. So che di recente ha lasciato il ruolo di responsabile della comunicazione del Gruppo Parlamentare del M5S al Senato della Repubblica per assumere il ruolo di responsabile della comunicazione del M5S al Parlamento Europeo. Insomma direi che alla fine i microfoni li ha ampiamente ammortizzati.

Il cuore del mondo (blog.ilgiornale.it/foa/)
Marcello Foa ha un blog d’opinione. Lo sapevate? Io non sapevo nemmeno che avesse delle opinioni. Sono un po’ in imbarazzo perché è del Giornale e quindi dovrebbe essere facile spernacchiarlo; e invece il layout è elegante, il tono è amabile (né compagnone né snob), e ho già letto cinque post senza trovare una vera cazzata. Le origini qataresche dell’ISIS. Dubbi sul disastro aereo in Ucraina. Risate per l’inglese di Renzi. Complimenti alla Merkel che bacchetta Obama sull’NSA. Cosa diamine sta succedendo? Se avessi Marcello Foa nei miei feed, rischierei fortemente di confonderlo con Gilioli e viceversa. Bisogna fare qualcosa. Ripristinare le distanze. Mi tocca scrivere “Berlusconi” e premere il tasto cerca. Scopro che è ancora un martire della magistratura e delle “lobby finanziarie europeiste”. Whew .

Qualcosa di Sinistra (www.qualcosadisinistra.it)

Ma siete sicuri? Con appena quattro fotoritratti di Berlinguer in homepage, dico, siete davvero sicuri di essere Qualcosa di Sinistra? Io nel dubbio ne aggiungerei almeno un altro paio, dai. Dopotutto che gusto c’è ad avere un layout a quattro colonne, se non puoi infilarci qualche altra foto di Berlinguer sorridente. Di questo ha bisogno non solo la sinistra, ma il mondo in generale: non dell’amore, ma di FOTTUTI FOTORITRATTI DI ENRICO BERLINGUER. E allora sapete che vi dico? Il mio è più grosso. Intendo naturalmente il mio fotoritratto di Enrico Berlinguer.

Libernazione (www.libernazione.it)

Libernazione è una pregevole webzine di opinioni pret-à-épater l’anima de staminchia, che si tiene a galla lanciando su facebook acchiappaclic virali che sfruttano il dirompente effetto liberatorio del predicato verbale preferito da grandi e piccini, ovvero, “HA ROTTO IL CAZZO”. Cosa? Ma la qualunque, ovvio. I tatuaggi. L’erasmus. Gli ombrelli, le macchine da cucire, tua nonna in carriola, ha rotto il cazzo un po’ tutto: compresa, purtroppo, la rottura di cazzo. È strano che Capriccioli non ci abbia già fatto un generatore casuale. Ultimamente ci ho anche letto che se critichi Israele sei antisemita. NO MA GIURA. L’HAI BREVETTATA QUESTA? CORRI SUBITO ALL’UFFICIO, UNO SPUNTO COSì ORIGINALE FANNO IN FRETTA A COPIARTELO.

Piovono Rane (gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it)

Non c’è dubbio che Gilioli sia un faro per tutti noi. Che da lungo ci stia guidando in questa lunga attraversata nel deserto, da una sinistra antiberlusconiana a una sinistra sempre antiberlusconiana ma anche antigrillina e antivendoliana e antiingroiana e antispinelliana e e e e.

Ma.

No, niente, è solo che dopo aver letto un migliaio di post di Gilioli mi sono accorto di come gli piaccia piazzare un’avversativa a metà post, è un suo tic retorico ma è anche qualcosa che lo descrive. Un’obiezione vivente, che si aggira per le sconfinate praterie dove una volta pascolava la sinistra e si domanda: dove sono tutti? perché scappano a ondate centrifughe? Ma ci sarà pure lo spazio per una sinistra che non sia né giustizialista né populista né complottista né vetero né nuovista né salottiera né troppo identitaria né troppo poco né settaria né né. È pur sempre affascinante la descrizione di una malattia dal punto di vista del virus.

La Z di Zoro (www.diegobianchi.com)

Ma ci mancherebbe, vogliamo tutti bene a Zoro e gli auguriamo di vincere qualsiasi altro premio – il Leone d’oro, l’Oscar, il Telegatto, lo Strega, il Nobel per la Pace (ma ci accontenteremmo anche di quello all’economia). E allo stesso tempo non possiamo esimerci dal constatare come l’ultimo post della Z di Zoro risalga al 4 agosto 2013. È un anno che non ci scrive più niente. Più che comprensibile – mi sembra, fuor d’ironia uno che si sbatte davvero – ma se votate Zoro come miglior blog di opinione mi sa che non v’interessano troppo le opinioni in generale. State sacrificando a un Dio assente – no, per carità, c’è chi lo fa da migliaia di anni e si trova benissimo, chi sono io per. A proposito, avete notato quanti post ho scritto io quest’anno? Con questo fanno centosettantuno. No, così tanto per dire.

Phastidio.net (www.phastidio.net)

I blog, come le persone, sono quasi sempre migliori della prima impressione che ti hanno fatto. Il mio problema con Phessimismo-e-Phastidio risale ai tempi della seconda guerra del Golfo, quando si parlava di esportare la democrazia e lui pubblicava quelle lunghe e accorate partiture per trombone di Glucksmann. Era facile confonderlo con tutta una pletora di blog filoamericani che a un certo punto sono misteriosamente evaporati. Lui era di ben altro peso specifico, ma ci ho messo quasi dieci anni a farci caso. Ora è uno dei pochi blogger di cui mi interessi il parere, anche e soprattutto quando non si sovrappone al mio. Il che succede purtroppo sempre meno – dico purtroppo perché Seminerio è il profeta dell’Andrà molto peggio. Mi piace raffigurarmelo su un pulpito con una cuffietta da quacchero, anche se in realtà non sono molto sicuro che i predicatori quaccheri portino le cuffiette. Ma insomma un tizio che annuncia piaghe d’Egitto e dà per scontato che ce le meritiamo. Tanto più insopportabile in quanto non si riesce in nessun modo a dargli torto.

Beppe Grillo (www.beppegrillo.it)

Io Beppe a un certo punto l’ho messo nei feed. Sapete cos’è avere Beppe nei feed? Siccome Casaleggio la sa lunga, il feed contiene solo titolo e fotomontaggio. Quindi ogni giorno mi arrivano nei feed due o tre o quattro orrendi fotomontaggi accompagnati da titoli che vorrebbero essere divertenti e sono più spesso incomprensibili. È come avere un ubriaco sul tuo portatile di prima mattina. Come direbbero quelli di Libernazione: non ci si capisce un cazzo. Ma è il progetto beppegrillo.it, nel complesso, a sfidare tutto quello che noi sappiamo sul www. Se non l’avessi mai visto in vita mia, se improvvisamente me lo mostrassero, io scuoterei la testa e spiegherei: questa roba non potrà mai funzionare. Invece ci hanno quasi vinto le elezioni. La gente è strana.

Leonardo (www.leonardo.blogspot.com)

Leonardo è un grafomane che da 13 anni ammorba la rete in lingua italiana con opinioni non richieste su qualsiasi cosa. Fatti venire una qualsiasi idea del menga, e sta sicuro che lui l’ha già formulata nell’aprile del 2004 o nel settembre 2009. Aboliamo le vacanze di Pasqua. Isoradio programma troppa musica italiana. Come i bachi che passano la vita a sbavare per costruirsi un bozzolo, questo tizio sta costruendo un enorme monumento di parole alla sua supponenza e ignoranza, una piramide di opinioni gratuite che nessun diritto all’oblio riuscirà mai a occultare del tutto. Di lui hanno detto (continua…)

(Potete votare anche qui sotto. Ricordate che Enrico vi guarda. Voi non volete davvero far piangere Enrico).

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Dieci anni che mi manchi davvero

26 agosto 2004 Enzo Baldoni viene ucciso in Iraq.

Dieci anni prima io ero uno studente sbarbato senza gusto né cultura. Come tutti i miei coetanei guardavo molti spot, dicevo di preferirli ai programmi ma mentivo. Cercavo di capire come funzionavano, persino di apprezzarli, ma la maggior parte era già copie di copie di copie. A metà ’90 ormai di spot che mi facessero alzare dal divano non ne trovavo più, a parte uno.

È stato forse davvero l’ultimo spot che mi è piaciuto. Non avevo naturalmente la minima idea di chi l’avesse inventato; magari un americano o un francese, era difficile imparare certe cose a quei tempi. Non si sapeva davvero a chi chiedere. Valeva per la pubblicità e per tantissime cose che non si trovavano né sui quotidiani né sui libri di scuola.

Un sistema era leggere le riviste – su una di cui non ricordo nemmeno più il nome una volta lessi di un disegnatore americano che aveva completamente stravolto Batman, facendogli fare cose assurde e criminali in un contesto realistico. Bisognava anche avere una memoria particolare, perché lì per lì la cosa non mi disse niente; fu solo una manciata d’anni dopo che passeggiando per l’ala dei fumetti della biblioteca trovai questo enorme tomo su Batman e mi dissi: ne ho sentito parlare, dev’essere interessante. Non leggevo di supereroi da quando ero bambino. Però era chiaro sin dall’inizio che quella non era una storia per bambini. Era narrata con un ritmo che oggi è diventato uno standard anche al cinema, ma allora era diverso da tutto quello che avevi letto o guardato. Una specie di monologo d’azione, scandito in frasi laconiche commentate da disegni volutamente tirati via. Questo, nelle prime pagine. Poi il monologo si intrecciava con altri monologhi – ognuno colorato in un modo diverso, per aiutare il lettore – e la voce dei presentatori televisivi assumeva la funzione del coro tragico. Doveva essere stata un’impresa, tradurre un libro così. Questo sicuramente lo pensai, ma non mi affaticai a cercare il nome del traduttore: sicuramente era stato bravo, ma a quel tempo ero convinto che essere bravo non fosse niente di eccezionale: che ci fossero tantissimi traduttori bravi in circolazione; che il mondo dell’editoria traboccasse di professionisti bravi ed entusiasti che ci avrebbero sempre dato il meglio. E poi alla fine era solo un fumetto di Batman, chissà quante cose avevo per la testa ritenendole più importanti.

I fumetti – come la pubblicità – sono una cosa che ho voluto sempre capire, ma senza impegnarmici veramente troppo. Alla fine non sono tantissimi quelli che mi sono piaciuti davvero. Per qualche mese m’innamorai dell’opera di un vignettista francese, Gérard Lauzier, dal tratto elementare – sembra che tutti i suoi personaggi sorridano – eppure dopo un po’ ti rendi conto che sono espressivissimi, ogni sorriso è inclinato nel modo giusto per esprimere, a seconda della situazione: cinismo, invidia, disperazione, rabbia, rassegnazione, eccetera. Questione di millimetri, o di autosuggestione indotta nel lettore, non saprei. Lauzier era il feroce fustigatore di una società e di una cultura che non erano decisamente le mie, ma non mi ci voleva molto impegno per riuscire a sentirmi fustigato lo stesso. Non è solo l’ironia contro la gauche-caviar – sono tutti buoni a prendersela con quella, ma la versione provinciale della gauche-caviar, quella è tutt’un’altra cose che pochi conoscono davvero: così come il contraltare, la destra dei reduci d’Algeria. Anche in questo caso, ci voleva del fegato e della bravura a tradurre quei mondi lontani, nuvoletta per nuvoletta, riuscendo a dare un ritmo italiano a personaggi così irrimediabilmente francesi. Anche in questo caso, non mi diedi pena di conoscere il nome del traduttore.

I novanta intanto volgevano al termine e tutti parlavamo di internet. Ne parlavamo tra di noi, perché su internet non è che ci stessimo parecchio: si teneva occupato il telefono per vedere, nella maggior parte dei casi, un quadratino, un cerchio e un triangolo. Se volevamo sapere qualcosa di più su cosa stesse succedendo, per dire, in America, era davvero meglio leggersi Colombo o Zucconi. Se già allora avevamo il sospetto che tutto fosse un po’ troppo italianizzato per i gusti del lettore medio, al massimo c’erano le strisce di Doonesbury su Linus – che sarebbero risultate incomprensibili, in realtà, se il traduttore non fosse stato così gentile da corredarle di commenti esplicativi che ci permettevano di capire di cosa stessero parlando i personaggi il più del tempo. Grazie a lui tutto assumeva un senso. Doonesbury poi era una vera lezione di leggerezza – il modo con cui affronta qualsiasi argomento, in modo anche spietato, ma senza mai alzare la voce, senza mai perdere il ritmo. Il nome del traduttore e curatore di Doonesbury lo avevo senz’altro letto su Linus, ma nella mia testa non c’era lo spazio per troppe nozioni: credo che per me – e per molti altri – si chiamasse Zonker, punto.

A un certo punto lo spazio di Zonker divenne una vera e propria rubrica, ma io già avevo smesso di leggere Linus così assiduamente. Ne avevo meno bisogno, su internet cominciavo davvero a trovare più cose interessanti, e stavo pure cominciando a scriverne io. Scoppiò all’improvviso una stagione molto intensa: il g8 di Genova e poi l’11 settembre. Leggevo molto e litigavo con un sacco di gente. Ieri ho recuperato un pezzo in cui me la prendo con un giornalista per il modo in cui traduceva un pezzo del Boston Globe. Il giornalista stava affannosamente cercando di dimostrare che a Guantanamo tutti i detenuti stavano bene, che lo dicevano nelle interviste e di quel che dicevano nelle interviste c’era da fidarsi. E crescevano anche di peso. Fu una sua ossessione per alcuni anni, il peso forma dei detenuti. Ha fatto peraltro un’invidiabile carriera.

Comunque, mentre io usavo internet per azzuffarmi, percuotermi il torso e tutte le altre cose che fanno i primati quando cercano un partner, altri stavano iniziando ad aprire blog davvero interessanti. Il segreto era avere anche una vita interessante. Enzo Baldoni ad esempio viaggiava molto, scansando i posti meno pericolosi. Dieci anni fa discutevamo tutti di Iraq al punto da poterci scambiare per esperti di geografia mesopotamica; sapevamo dov’erano Mosul e Bassora, la differenza tra sciiti e sunniti. Avevamo opinioni smaliziate persino sui tesori perduti del museo di Bagdad, che non c’è mai venuto in mente poi di andare a visitare. Ma in sostanza tutte le chiacchiere che sviluppavamo nascevano intorno a due o tre fonti di informazione. Di gente così curiosa da voler andare in Iraq davvero, a rischio della vita, ce n’era già poca allora: e parecchi nel frattempo sono morti.

Morì anche Baldoni, dieci anni fa oggi. Ci rimasi un po’ male, come di qualcuno che si ammira ma non si conosce. Poi Luca Sofri pubblicò una sua lunga chiacchierata radiofonica – di cui stasera trovo solo un breve ritaglio. Nel giro di poche ore scoprii che oltre ad aver tradotto e curato l’edizione italiana di Doonesbury, Baldoni era stato anche il primo traduttore del Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller; che gli era stato proposto (mi par di ricordare) da Oreste Del Buono, quando Baldoni era andato a proporgli di tradurre un francese che amava alla follia, un tale Lauzier sconosciuto in Italia. Che oltre a tradurre faceva il pubblicitario; per esempio era suo lo spot dei palloncini che si rasano.

Sono passati dieci anni. Ho sempre saputo che non sarebbero stati interessanti come i dieci precedenti – però, davvero, passarli senza nemmeno un fumetto seriamente caustico, senza che passi mai alla tv uno spot veramente geniale, possibile? Cosa accidenti è successo da un certo punto in poi? Quel mondo pieno di professionisti entusiasti in grado di apparecchiarti le cose che ti interessano davvero, non lo so, forse non è mai esistito nella realtà; forse era grande non più dell’ufficio di Del Buono. Persino Frank Miller nel frattempo si è un po’ bevuto il cervello, ma è una di quelle cose che ti capitano a invecchiare discutendo di guerre, di quanto siano giuste o ingiuste, senza però combatterle mai. Sta capitando probabilmente anche a me. A Enzo Baldoni non poteva capitare.

PS: ieri su twitter è scoppiato un pollaio. Un giornalista importante (quel giornalista importante) si è molto risentito perché qualcuno gli ha fatto le pulci su una traduzione.

autoreferenziali, blog, crisi? che crisi?

Un agosto all’inferno.com

Io poi per quanto posso cerco di restare positivo, ma sarei un ipocrita a negare che si sente un’arietta un po’ difficile.
Non è solo la crisi mondiale – in fondo c’è sempre una crisi al mondo;
non è solo la crisi italiana – quale crisi? no, perché ne abbiamo avute tre di fila e forse arriva la quarta, cioè voi vi ricordate cosa c’era tra una crisi e l’altra?
non è solo la crisi del… come chiamarlo? Giornalismo? Non esageriamo. Mercato dell’informazione? Quel che vuoi, tanto è in crisi (per chi non lo sapesse) nera;
ma è proprio la crisi del blog in sé, che sta dentro a tutte le altre crisi come una matrioska e non se ne esce. Per fortuna che non lo faccio di mestiere (aspetta, è in crisi anche il mio mestiere). Ma insomma l’Unità liquida, Liquida non rinnova il contratto, e anche a Cuneo per un po’ non usciranno film decenti, che si fa?

Cosa fate voi quando siete in difficoltà? Attaccati da tutte le parti? Andate Big, come si dice adesso? Vi percuotete il torso coi pugni per dimostrare che non siete ancora finiti? Non so se ho il torso adatto, fammi controllare, uhm, no.

Io un’idea ce l’avrei anche – tanto più che domani è agosto e come forse qualcuno saprà in agosto qui dentro scatta il pilota automatico e accadono sempre cose un poco strane: autobiografie musicali, crestomazie, decameroni – insomma ve la dico.

Io calerei le braghe.

When in trouble, pants off.

Volete il mercato? Pensate che io non sia capace di stare sul mercato? Vediamo, vediamo.

Cioè pensate che non sia capace di vendermi? La risposta è sempre quella: fatemi un prezzo prima, vediamo.
Comunque per un mese offro io, Free Trial. Sarà un agosto, uhm, caldissimo.

E ricordate: se amate la qualità, le discussioni lunghe e sensate, gli scambi di opinioni interessanti, l’ironia non troppo pesante, gli spunti intriganti… tornate a settembre (forse).

Siete pronti?

blog, internet, scuola

Picchiare maestre, mendicare clic

Qui non si mordono cani. 

La settimana scorsa, mentre vago su facebook in cerca d’ispirazione, una notizia ottiene la mia curiosità: una maestra è stata presa a schiaffi e a calci dai genitori di un suo alunno, a Roma. I motivi per cui questa informazione mi raggiunge sono molteplici, ma facilmente intuibili anche senza conoscere il misterioso algoritmo con cui fb decide quali notizie metterci davanti. Il fatto di avere molti amici insegnanti senz’altro fa sì che un fatto di cronaca del genere abbia più chance di apparire sulla mia bacheca, dove arrivano appunto le notizie che i miei amici segnalano e commentano.

Una maestra presa a calci, da questo punto di vista, sembra avere molte chance, eppure forse non bastava. Quello che ha smosso i miei colleghi a commentare la notizia – e a farmela notare – è stato l’atteggiamento di un cronista, che su un piccolo quotidiano on line l’ha commentata prendendo le difese dell’alunno. Come dichiara egli stesso nelle prime righe, la sua è addirittura un’arringa: “A scanso di equivoci premetto subito che la mia arringa sarà a favore dell’alunno e dei genitori e non della docente”. Di seguito, una serie di affermazioni provocatorie che implicitamente giustificano la reazione violenta dei genitori: cosa aveva fatto la maestra di così orribile da meritarsi schiaffi e calci? Aveva messo una nota sul diario. Pare che non si possa più. “La comunicazione della “signora” maestra non è stata etica e il boomerang l’ha colpita ineluttabilmente. Un docente, non può perdere lucidità e competenza, non può perdere di vista l’obiettivo dell’insegnamento, quello di non offendere la dignità di un bambino. Il progresso scientifico, civile, normativo, culturale non può essere annullato da un modus operandi di ritorno della riforma Gentile nella scuola odierna. L’insegnante avrebbe dovuto prendere per mano quel bambino e cercare di capire quel “continuo disturbare” con un bacio, non con la spada”.

A quel punto, voi come reagireste? Calatevi nei panni di un insegnante: un tizio sta scrivendo che una vostra collega si è meritata schiaffi e calci per aver messo una nota a un bambino, per aver offeso la sua dignità eccetera. Non vi viene voglia di reagire, magari con un commento ironico, stizzito, indignato, eccetera? Ecco, appunto. La stessa reazione l’ho avuta io, ma dopo alcuni secondi ho iniziato a sentire che qualcosa non andava. Devo avere sviluppato una specie di sesto senso, a furia di navigare tra newsfeed e bacheche. Quando sarebbe stata picchiata questa maestra? L’articolo non dava nessuna indicazione di tempo. Né di luogo. Una ricerca veloce su google news e sui principali quotidiani romani non mi porta a nulla. L’unico sito a parlarne è, appunto, quel piccolo “quotidiano indipendente” on line che ne approfitta per criticare la comunicazione della signora maestra. Altri siti riprendono la stessa notizia dal piccolo quotidiano. Insomma, ha tutta l’aria di essere una bufala. Una piccola, geniale bufala artigianale. Forse è questo che la rende, nel suo piccolo, più inquietante.

Questo si chiama “Corriere del Corsaro”.

Ormai internet, e facebook soprattutto, ci hanno assuefatto a varie tipologie di bufale. C’è il sito sedicente satirico che non pubblica altro, e sei fesso tu se ci caschi; c’è il quotidiano prestigioso che approfitta di un equivoco e lancia a caratteri cubitali una notizia che sa benissimo essere falsa (ad es., Facebook chiude WhatsApp e simili). In quest’ultimo caso la bufala può anche essere mal confezionata, ma la maggior parte degli utenti ci casca lo stesso perché continua a fidarsi del nome del quotidiano; è un calcolo sbagliato, visto che persino i più importanti quotidiani italiani sono costretti ad attirare l’attenzione con questi mezzucci.

Ma quello che ha fatto il piccolo quotidiano on line in questione è interessante: non solo ha inventato una notizia, ma ha anche azzeccato il taglio giusto con cui affrontarla: un’opinione talmente provocatoria da forare il monitor e costringerci a commentare, a linkare, a segnalare. Chi ha scritto il pezzo, avrete notato, sa a malapena mettere la punteggiatura; ma ha già interiorizzato l’arte di farsi largo sulle bacheche: che in questa fase pare sia l’unica a garantire la sopravvivenza di chi su internet vorrebbe viverci. Siccome siamo – non so se l’avete sentito dire – in un periodo difficile: la carta non vende più, e su internet si fatica a conquistare inserzionisti. Bisogna dimostrare di avere tot accessi, e il modo per ottenerli è farsi notare su facebook: e su facebook ci si fa notare così. Tra le poche cose che abbiamo imparato c’è quella storia per cui la notizia è uomo-morde-cane: l’evoluzione 2.0 è fotoscioppare un selfie in cui morderemmo un piccolo di labrador linkando il nostro post in cui inneggiamo alla violenza sui cuccioli. Andrà a finire così? Le nostre bacheche – e il tempo che ci occupano – saranno sempre più piene di questa merda inutile?

La mia speranza è che il sistema si auto-regoli, come si è regolato tante altre volte in cui temevamo che qualcosa avrebbe ucciso internet e invece alla fine no. Troveremo un nuovo equilibrio: per esempio diventeremo sempre più bravi a evitare le bufale. Quel sesto senso che ha cominciato a pizzicarmi, pochi secondi dopo aver letto il pezzo sulla maestra malmenata, diventerà un’abilità sempre più diffusa. Per fare un altro esempio, io ormai le liste non le clicco più. Se leggo “Non crederai…” o qualche altro titolo alla buzzfeed, non ci casco più. Preferisco non pensare a quanti mesi ci ho perso, ma ne sono uscito. Mi piace pensare che è una fase come tante altre, e finirà come è finito myspace o second life o la grande classifica dei blog.

Ma chissà se è vero. Certe dinamiche erano più chiare quando internet era un club più o meno riservato: oggi ci vengono tutti, veramente tutti, i soldi continuano a essere pochini ma fuori evidentemente ne girano persino meno, e la concorrenza comincia a essere pesante. Far sì che un mio pezzo non affondi al primo rimbalzo sui social network è sempre più difficile. Capisco benissimo il perché: pezzi lunghi, argomenti di nicchia – per farla breve, non mordo cani. E allo stesso tempo, continuo a provarci: se la parola “grillo” in un titolo vale cinquecento clic in più, non ho vergogna a usarla. Internet ha sempre funzionato così, non è che uno può accorgersene all’improvviso nel 2014. Uno spazio recintato per intellettuali al riparo dalla corsa al link non c’è, e se ci fosse non mi farebbero comunque entrare.

Non ho intenzione di stilare un manifesto per la resistenza umana su internet o cose del genere. Avverto solo che resterò ancora un po’ qui, cercando nuove formule di compromesso tra intelligenza ed esibizionismo, segnalando e commentando le cose interessanti che troverò sul mio cammino, e cercando di ignorare tutto ciò che cercherà di farmi perdere il tempo. Finché continuerà a essere divertente: fin qui lo è stato molto, almeno per me. Spero anche per voi.

autoreferenziali, blog, internet, statistica

Tredicesimo mese del tredicesimo anno

In azzurro il 2013, in arancione il 2012. Dai dai dai!

Consuntivo 2013

Buon anno, ed eccoci arrivati al consueto autoreferenziale appuntamento. Il titolo di questo pezzo avrebbe dovuto essere “a proposito, il blog è vivo”, o “lunga vita a…”, ma me lo ha bruciato Kottke e non è che fosse poi questa idea geniale dopotutto.

Bisogna spiegare che il consuntivo dell’anno scorso si chiamava “a proposito, il blog è morto“, e proprio in virtù di questo titolo (variazione su un tema abusatissimo) fu molto condiviso e aprì una discussione sullo stato della blogosfera, vi giuro che una volta la chiamavamo davvero così: blogosfera. La discussione aveva poco a che fare col contenuto del pezzo in sé; giustamente molti non ritennero necessario andare molto oltre al titolo, appena quanto necessario a scoprire che il blog di cui si dichiarava la morte era il mio. Non “il Blog” in generale, ma proprio questo mezzo zombie che state leggendo. Alla fine del 2012 se ne constatava il decesso: non era più un blog nel senso tradizionale del termine, somigliava sempre meno al diario personale; stava diventando semplicemente una raccolta di lanci di pezzi che finivano altrove (sull’Unità, sul Post, su +eventi), e benché ad alcuni lettori la cosa dispiacesse a me sembrava inevitabile, amen, addio. Sono morto, alè! Fiammata di accessi.

E non è nemmeno la prima volta. Trucchi di repertorio.
Invece a fine 2013 titolare “il blog è vivo” suona meno interessante. Di sicuro non farà nessuna fiammata. Per fare le fiammate bisogna dichiarare la morte di qualcosa, te lo insegnano nelle redazioni il primo giorno, credo. Poi resta tutta da dimostrare – la vita, intendo.

– The blogs are alright
Non la vita dei blog in generale. Quelli se la passano molto bene, persino in Italia. È vero, la vecchia guardia ormai ha mollato, resta soltanto qualche pittoresco superstite con gli abiti tradizionali, la gente passa e si fa gli autoscatti. E intanto però Diego Bianchi e Makkox hanno un bel programma su rai3; Zerocalcare è stato uno dei casi editoriali dell’anno, è tutta gente che abbiamo conosciuto sui blog, anche se suona un po’ strano dirlo in giro. Ormai in determinati contesti se dici “blogger” non parli più di internet, ma di cucina (o di moda, quest’ultima in Italia con sfumatura ironica obbligatoria). E di sicuro mi dimentico qualche altro caso importante – ah, giusto: Beppe Grillo ha quasi vinto le elezioni. Insomma sì, facebook si sta mangiando internet, e anche twitter è tantissimo importante, però i blog ci sono, non sono affatto morti, chi ha detto che sarebbero morti? L’ho detto io? Mi avete capito male, io intendevo il mio. Comunque non è morto neanche il mio dopotutto.

– Anch’io me la cavo tutto sommato 
Questo non era previsto. È la prima volta da quando ho messo analytics (2009?) che gli accessi aumentano rispetto all’anno precedente. +5% le visite, +4% le pagine visualizzate, ok, bruscolini, ma stavo perdendo un dieci per cento all’anno. Potrebbe trattarsi di un semplice rimbalzo tecnico: ovvero, era quasi impossibile andar peggio dell’anno scorso. In realtà avrei persino potuto farcela – ma ci sono state le elezioni. A dire il vero di elezioni ce ne sono state tantissime in 13 anni di blog, ma queste sono state particolari. Per fare un esempio, due pezzi scritti qualche giorno prima e qualche giorno dopo delle elezioni, oltre a essere i due pezzi più letti in assoluto negli ultimi quattro anni, in totale hanno fatto più traffico dell’intero mese di agosto. È come se il 2013 avesse avuto 13 mesi: gennaio, febbraio, beppegrillo, marzo, eccetera.

02/mar/2013, 238 commenti
23523
9917
21/dic/2013, 111 commenti
8170
16/nov/2013, 203 commenti
7549

– Picchi e zoccolo
Quindi il blog sta crescendo? Sì e no. Bisogna separare picchi e zoccolo. Fino a qualche anno fa la maggior parte del traffico di un sito come questo era costituito da lettori abitudinari: gente che ti legge tutti i giorni o con cadenza comunque fissa. Ti conoscono, hanno il tuo indirizzo nei preferiti, o un feed reader che sforna sul loro video ogni tuo post appena pubblicato. Ovviamente uno zoccolo di questo tipo va manutenuto e rassicurato, mediante la ripetizione di contenuti noti (il numero contro Berlusconi, ecc). Lo zoccolo si sta erodendo da anni, è uno sfarinamento lentissimo e apparentemente irrimediabile, la congiura del tempo che passa, dell’autore che si rincoglionisce, dei suoi lettori che si stancano e non vengono rimpiazzati da più giovani, di google che ritocca gli algoritmi, ecc.. In compenso stanno aumentando i picchi: anche quest’anno, nel 2012, i tre post più letti sono anche i più letti degli ultimi quattro anni. I picchi sono quei momenti straordinari, non calendarizzabili, in cui il tuo blog fa cinque, dieci volte gli accessi normali. I lettori del picco non sanno chi sei, raramente hanno letto altre cose di te. A volte non sanno nemmeno di essere su un blog. Arrivano per lo più da facebook (twitter ci prova, ma non ce la fa). Invece un tipo di traffico che non esiste praticamente più è quello in arrivo da altri blog. Non ci linchiamo più. Perlomeno, gli altri non mi lincano più, io cercherò di continuare e di lincarvi anche più spesso, non bisogna arrendersi. Anche se alla fine anch’io spesso finisco per trovarvi su facebook. E anche voi, ammettetelo, magari mi avete nei preferiti, ma non ci cliccate più da un pezzo. Invece se mi trovate in bacheca e se il titolo vi stuzzica, clic…

Questo più o meno dà un’idea di cosa sarà andare a pesca di lettori nel 2014: aspettatevi titoli accattivanti, ma anche didascalici (sull’Unità dopo trenta caratteri te li segano, e se metti “Grillo” davanti il tuo contenuto vale il doppio), a cui seguiranno contenuti sempre più brevi perché anche voi vi state stancando di scrollare. E casomai qualcuno chiedesse: sì, questo blog i lettori se li va a cercare, è la parte divertente del gioco (e i soldi? sempre troppo pochi per parlarne).

– Zeitgeist: c’è dell’aggressività
Oltre a essere state il climax dell’anno (un po’ troppo in anticipo), le elezioni ne hanno anche determinato la tonalità dominante, un livido giallino. Non c’è più un obiettivo comune contro cui dare addosso tutti assieme, qualcosa che rassicuri nel momento stesso in cui lo si attacca: non c’è più il bel Berlusconi di una volta, insomma. Qualcuno sta provando a sostituirlo con Napolitano – perlomeno ho la sensazione che molte critiche a Napolitano, più che da un’analisi attenta dell’esercizio delle sue prerogative durante il primo e il secondo mandato, nascano dalla necessità psicologica di trovare un tizio contro cui dare addosso tutti assieme, da sinistra, da destra, da Grillo che non vuole star troppo né da una parte né dall’altra, eccetera.

Io poi non è che mi intenda molto di nulla, però sto in questa grande gabbia globale da un sacco di tempo e fidatevi: era da anni che non sentivo tanta aggressività nei commenti o nei trollaggi. Dal 2003, più o meno, la seconda guerra del Golfo, quando quasi dal nulla spuntò una rete di blog neoconservativi molto bellicosi. Uno dei loro distintivi era il motto “antropologicamente inferiore”, che risento oggi rimasticato da qualche grillino inconsapevole – magari è la stessa gente, o almeno gli ultracorpi hanno preso le medesime sembianze. Se poi mi chiedete che fine abbiano fatto tutti i tizi che a quel tempo difendevano la guerra al terrore, la guerra conto le armi di distruzione di massa, la guerra per l’esportazione della democrazia, insomma la guerra, non lo so: sono scomparsi dal radar alla spicciolata, uno alla volta. Un po’ mi mancavano. Adesso ci sono i grillini. Sembrano meno equipaggiati dei loro antecedenti; raramente un loro link esce dagli angusti confini linguistici del bel Paese dove il sì suona e nessuno sa scriverlo con l’accento. Si incontrano probabilmente su facebook, ma chi sono io per giudicarli. Anch’io sono sempre più spesso su facebook. È una cosa che ho notato.

– Facebook è tutto ormai
Se devo fare un’analisi dei miei comportamenti, direi che il 2013 è l’anno in cui mi è passata la scimmia di twitter. Continuo a usarlo per lincare contenuti interessanti, oltre ovviamente a qualsiasi cosa provenga da qui (è autopromozione, è l’unica cosa che funzioni, mi dispiace). Ma dove li trovo i contenuti interessanti? Su facebook, appunto. È un ambiente che non mi è mai piaciuto, e che non ho mai avuto la pazienza per voler capire (ma mi domando se qualcuno ci capisca sul serio, Zuckerberg incluso). Ci sono entrato anni fa nel tentativo di capire che tipo di traffico mi stesse mandando, informazione che Zuckerberg ha deciso di tenersi stretta. Ho accettato qualsiasi richiesta di amicizia e il risultato è una bacheca piena di sconosciuti che socializzano cose che quasi mai dovrebbero interessarmi – e invece sta davvero diventando la mia finestra sul mondo. Questa è una delle tante novità inquietanti del 2013 – l’altra è che sto per coprire col nastro adesivo la webcam. Ho letto che Attivissimo l’ha già fatto da un pezzo e tutto sommato mi sembra la cosa giusta da fare. Se me l’avessero raccontato un anno fa mi sarei messo a ridere. Un argomento su cui non ho scritto una riga è il caso Snowden. Non avevo in effetti niente di originale da dire. Ma l’inquietudine sottile che abbiamo sentito da quel momento in poi è forse la cosa più importante che tratterremo dal 2013. Buon anno. Difficilmente potrà essere peggiore.

Beppe Grillo, blog, internet

Portalizzami questo

È un politico? Un comico? Un megafono? Un cazzaro?
No, è il SuperCazzaro

Magari è soltanto una coincidenza, ma due giorni fa ho chiesto da questo blog a Grillo e soci: la benedetta piattaforma per la politica duepuntozero, dov’è? Bene, ieri in primo piano su beppegrillo.it c’era un pezzo rivolto a certi “giornalisti pidimenoellini” che “o sono scemi o sono orbi”, visto che continuano a chiedere come va la piattaforma e non capiscono che “il Sistema Operativo del MoVimento 5 Stelle è in costruzione da due anni”. Per concludere con un enigmatico postscriptum:

 Ps: per i giornalisti dubbiosi: “Una piattaforma non ve la daremo mai. Nel frattempo studiate. applicatevi, portalizzatevi!”

Dunque insomma una piattaforma non ci sarà mai. O ci sarà e non ce la daranno, se la terrano per sé. Boh. Magari è soltanto una coincidenza. O magari Grillo aveva in mente proprio me, quando ieri descriveva nel dettaglio questo Sistema Operativo a cui sarebbero già iscritti novantamila utenti (sì, ma gli elettori del M5S sono otto milioni, come dire cento volte tanto). Però su quell’articolo si è rovesciata la rabbia e la delusione di centinaia di sedicenti elettori del MoVimento, che la piattaforma la aspettano da mesi o da anni.

“Questo post è al limite dell’offensivo…” si legge nei commenti, “Quindi ci dovremmo accontentare piú o meno del portale com’é adesso? quand’é l’ultima volta che la benedette “rete” é stata interpellata? a quando la possibilitá di votare contro le proposte sul forum?”; “Questo post è una vergognosa presa per i fondelli di tutti quegli attivisti (e non trolls) che aspettano da mesi la piattaforma per collaborare con i propri dipendenti in parlamento…fate un salto sul forum del movimento, un guazzabuglio allucinante…”; “Ma cos’e’ sto post presa per il culo??? Si chiede uno strumento di partecipazione e ci sentiamo dire che quello che c’e’ è già ok?? Ma quandomai?? Chi decide quando far votare e su che cosa? Come puo’ una idscussione di quel forum orribile arrivare ai paramentari? Ma stiamo scherzando? Piuttosto meglio fare un mea culpa e dire SIAMO IN RITARDO ma dire che siamo già a posto con quello che c’e’ già è veramente un offesa a chi vuole partecipare…” Centinaia di commenti su questo tono. Mi fa piacere che Grillo&co. non li abbiano censurati, e spero che abbiano nei prossimi giorni il tempo per rifletterci su.

Quanto a me, naturalmente mi sentirei onorato di aver generato una discussione su un sito tanto importante – anche se forse ieri avrei preferito trovare almeno un accenno alla tragedia di Lampedusa, una riflessione sulle politiche migratorie italiane che sono come minimo da rivedere. Ma è un argomento che lascia un po’ freddi i leader M5S. E allora parliamo di piattaforme, è comunque un argomento da affrontare prima o poi. Vorrei soltanto precisare una cosa: non sono un “giornalista”. Sono solo un tizio che scrive su un blog. È una differenza importante, e Grillo dovrebbe essere il primo a saperla apprezzare.

A un giornalista, magari, la supercazzola di un “Sistema Operativo del M5S” si può anche rifilare: e infatti ieri ne hanno parlato con solerzia e diplomazia, tra gli altri, la Repubblica, il Fatto Quotidiano e la stessa Unità. È giusto così: i giornalisti riportano le notizie, e qualsiasi sparata di Grillo sulla sua homepage in questo momento costituisce notizia. Anch’io scrivo sull’Unita.it, però non sono un giornalista: sono un blogger, e se Grillo sta scrivendo un sacco di fregnacce senza riscontro, lo posso dire tranquillamente, senza diplomazia: Beppe Grillo, per favore, smetti di dire un sacco di fregnacce senza riscontro, non ci casca nessuno. Non esiste nessun “Sistema Operativo del M5S”. C’è una mailing list, sì, ce l’avevano anche il PDS e Forza Italia a fine anni Novanta. C’è un forum, beh, io non mi vanterei troppo in giro di quel forum. C’è la possibilità di fare qualche sondaggino on line tra gli iscritti per scegliere questo o quel candidato, ma le quirinarie hanno dimostrato che il vostro sistema non regge poche decine di migliaia di accessi. Poi ci sono alcuni strumenti veramente innovativi (ad es. liquid feedback, anche se personalmente resto scettico) che molti attivisti vi implorano da mesi – da anni! – di utilizzare, e ci sono le vostre orecchie da mercante. E non c’è la risposta alla mia domanda: come fate a sapere che i vostri elettori non vi vogliono al governo? Perché potete fare tutte le parlamentarie che volete, ma il punto – se davvero credete nella democrazia diretta – non è chi mandate in parlamento: loro dovrebbero essere signor Nessuno, meri esecutori della volontà popolare. E quindi: come faranno questi signor Nessuno a capire qual è la volontà popolare? Un sondaggino on line per ogni voto alla Camera o al Senato? Siete seri? E se siete seri, perché non lo state già facendo? Se invece non siete seri, con che faccia continuate a prendere in giro i vostri elettori?

Concludo allegando un’antologia di commenti che in tanti modi più o meno fioriti dicono a Beppe e soci la stessa cosa: basta supercazzole, sul serio state provando a venderci una mailing list e un sondaggino on line come un “sistema operativo”? Lo so, è una mossa veramente squallida pescare nei commenti altrui. Un giornalista non lo farebbe. Ma io sono un blog, Beppe, ci devi stare più attento. Se non lo sai tu, come funziona…

Ho votato M5S e studio e lavoro nell’informatica da quasi 30 anni. Questo post è un suggeguirsi penoso di stupidaggini informatiche, ed il tono (studiate! portalizzatevi!) viste le premesse è semplicemente ridicolo.
Mi piacerebbe avere l’indirizzo e-mail di chi l’ha scritto in modo tale da farmi ri-definire in privato cosa vuol dire “Sistema Operativo”… (per inciso, DATABASE è un’unica parola).



Quindi riassumendo: 
Funzioni attive:
1 – puoi cliccare su un bottoncino col nome della persona che più ti piace!
2 – puoi cliccare su un bottoncino col nome della persona che più ti piace anche per un secondo evento!
3 – puoi cliccare su un bottoncino col nome della persona che più ti piace addirittura per un terzo evento! e guarda che queste prime tre funzioni non solo mica le poteva realizzare pure il mio nipotino di otto anni dopo i primi venti minuti di lezioni di basic, ma sono anche completamente differenti tra loro e meritano certamente un punto d’elenco per ciascuna! mica le abbiamo scorporate così venivano fuori più punti come quando uno nei temi scrive largo e va a capo rigo ad ogni frase così sembra che ha scritto di più! 
4 – puoi fare i sondaggi, come sui blog di supereva del 1998! volendo potremmo conoscere il colore preferito del nostro elettorato ma preferiamo usarli giusto per lapidare virtualmente gli adulteri!
5 – c’abbiamo pure una funzione vagamente utile che in verità scritta così sembra una banale chat room, però per non farci mancare niente è zoppa
e l’abbiamo data in beta testing solo ad alcuni perché gli altri son fessi
6 – c’abbiamo il plugin di foursquare!
7 – ragazzi una roba rivoluzionaria, c’abbiamo pure la mailing list!
8 – c’abbiamo il forum! cose mai viste!
9 – c’abbiamo il forum PRIVATO!
10 – c’abbiamo il form per mandare i soldini come tutti i siti di schemi per il punto croce!
11 – c’abbiamo il servizio di bulk messaging come tutte le aulette universitarie o quelli che ti vogliono vendere il vino novello!
12 – eh?

C’è una cosa che mi sfugge…spero che il post di Grillo non si riferisca a quella ciofeca di sito del Movimento 5 Stelle e al “forum” peggio organizzato del web. Nel caso quella fosse l’idea di democrazia diretta che il M5S ha intenzione di proporre, sarebbe un errore davvero grave…
Diciamo che quel sito fa molto anni ’00, mi aspetto qualcosa più proiettato negli anni ’10 🙂

Forse non avete colto il senso di delusione profonda che ci lascia questo post.Davvero l’unico modo per dialogare è questo spazio commenti orribile, lentissimo da caricare, dove non si vedono le risposte? Pazzesco, meglio il sito di Repubblica.
Quindi in buona sostanza il SO del M5S è come Windows: un’accozzaglia di robe malamente funzionanti, in parte copiate da altri, prendendone il peggio, dopo che da anni gli utenti si aspettano qualcosa di innovativo e performante…
Beppe,
in altri post/sedi hai detto che qualsiasi portale al di fuori del blog e del “portale del movimento” non è riconosciuto dal movimento 5 stelle.
In particolare suppongo che ti riferisci a:
http://www.airesis.it/
Portale che gli attivisti usano per gestirsi a livello locale.
http://www.parlamento5stelle.com/
SPLENDIDA iniziativa del M5S regione Lazio (Siete stati BRAVISSIMI, Vi Stimo!)
Che è stata realizzata per gestire la democrazia diretta per la regione Lazio.
E’ evidente a tutti che il portale del Movimento 5 Stelle è _inadeguato_ per poter:
– Creare, dibattere, ed approvare leggi da far sottoporre in parlamento
– Proporre e discutere le decisioni politiche del Movimento
E’ evidente anche perchè altrimenti a nessuno verebbe in mente di costruire un portale se quello ufficiale dà tutte le funzionalità necessarie ed in modo adeguato.


il peggiore post di tutti i tempi, aspettative disattese, coerenza zero, il sarcasmo destinato ai giornalisti è una scusa il messaggio è chiaro….
recepito… grazie!!

Sarebbe questa la piattaforma? Un sistema operativo fatto di Meetup, facebook, mailing list, blog, twitter? Sono iscritto a 5 Meetup, 3 gruppi facebook, e non so quante mailing list. Vedo gruppi che lavorano in modo scoordinato, che trattano gli stessi temi senza nemmeno conoscersi!

che delusione Beppe. ci hai persi, hai perso la parte buona, la parte intelligente, la parte antifascista del tuo movimento. che tristezza, mi sento terribilmente presa in giro.

Per me bisognerebbe destinare un pò degli stipendi dei parlamentari per costruire una piattaforma un pò più performante e robusta oltre che completa.
Perchè già a desso con soli 90mila iscritti se cerco di postare una proposta, mi viene fuori la scritta ci possono volere minuti e un errore:
Apache/2.2.15 (CentOS) Server at http://www.beppegrillo.it Port 80
La piattaforma dovrebbe poter gestire un carico di lavoro di milioni di utenti attivi e quella di oggi è un pò triste.
Bisogna che troviate i fondi anche con donazioni volontari per questa piattaforma.

Sono veramente deluso mi associo a quelli che si sentono presi per il culo, questa non è democrazia diretta, quello che ci prometti da anni e con il quale ci hai conquistato, questa è una sonora presa per il culo!!!!! Se servono soldi per farla bene tassiamoci e facciamola, ma non venirmi a spacciare un forum di discussione per una piattaforma per la democrazia diretta!!!! Stai tradendo anche te Beppe….chissà se te ne rendi conto….

e con questa dichiarazione , rivolta evidentemente a un pubblico di adoranti raglianti, avete chiuso le speranze e la sincera partecipazione di molti simpatizzanti che in buona fede pensavano alla democrazia digitale come a un’opportunità da non perdere. io di votare l’ennesima presa per il culo anche se ben confezionata non ne ho la minima intenzione, la vs gestione del movimento vi porterà alla rovina. adios

Ma che storia è questa?!?!?! ti sei impegnato solo pochi giorni fa che la piattaforma sarebbe stata pronta entro fine settembre e adesso te ne esci che la piattaforma non ci sarà mai??? Ma ci prendi a tutti per il culo??? Stai oltrepassando il limite. Per favore fai al più presto un post in cui spieghi le modalità con cui disiscriversi. Io sono un iscritto con documento certificato e vorrei uscire da questo movimento ingannatore. Purtroppo era la mia ultima speranza.. Adesso sono certo che in questo paese non ci sono più speranza. Mi sono fidato di un venditore di sogni.

Un post del genere è autolesionismo. Vuol dire mettere in gioco la reputazione non solo di un generico Movimento politico, ma di tutti quelli che vi accostano la propria identità e vi dedicano il loro poco tempo libero, giocandosi la faccia ogni giorno di fronte a critiche, ahimé, purtroppo sempre più motivate. Che non sono certo quelle di non esser andati al governo col vergognoso PD.
Mi rendo conto che mettere online da subito la piattaforma perfetta non si può, per tutta una serie di problematiche relative alla sicurezza ancora da dirimere. Ma tanto continuare ad andare avanti mettendo assieme quegli strumenti antiquati, inadeguati, inefficienti ed insufficienti che ci sono ora (forum, blog su Movable Type, votazioni online) è anche peggio. Come si fa a chiamarli “sistema operativo”? Ma mi viene da chiedermi, nello staff c’è qualche persona veramente competente di informatica, che ha maturato esperienze significative sul campo?
La mia richiesta è questa: pubblicate lo stato di avanzamento dello sviluppo del software che la Casaleggio Associati sta SENZ’ALTRO sviluppando da anni (non voglio pensare che non sia così).

Sono rimasto di ghiaccio.
Per ogni lavoro c’è l’abito e l’attrezzatura giusta.
Non si può andare da un cliente vestiti come un pagliaccio, Non si può andare a riparare un tubo dell’acqua rotto in giacca e cravatta e penna stilo.
Non si può riparare la Concordia con l’attack, non si può scrivere la divina commedia su pergamena con il rullo dell’imbianchino.
Non si può gestire la partecipazione della base alla vita politica nazionale e locale attraverso l’attuale portale del Movimento 5 Stelle.
Serve uno strumento nuovo, un giusto strumento, il mitologico PORTALE.
Daii su… Questo post Beppe è un insulto all’intelligenza.
Spero di aver interpretato male questo tuo post.
Mi aspetto una precisazione in merito! Dimmi che ci metti 5 anni a farlo… Dimmi che cerchi volontari e soldi per farlo… dimmi qualsiasi cosa ma non che vuoi gestire la democrazia diretta all’interno del m5s con l’attuale portale del movimento, perchè è una bestialità.
Da iscritto certificato e assolutamente della prima ora, posso dire che questa decisione (nessuna vera piattaforma ma solo una manciata di applicazioni da usare a giudizio dei capi) mi sembra una frittata rigirata?? Ritornare su decisioni prese e annunciate ci espone a critiche sacrosante e aiuta assai poco i ragazzi in Parlamento che si fanno un “cuore” così… uno vale uno solo se lo dice qualcuno nella sala controllo? Andiamo! In ogni caso il M5S è l’unica opposizione in grado di cambiare qualcosa…
Grillo non va assolutamente bene! Ho criticato Orellana due giorni fa su facebook, verifica se vuoi, per la sua uscita sulla piattaforma e poi te fai questo post? A questo punto devo andare a chiedergli scusa! NON CI SIAMO! La piattaforma CI DEVE ESSERE! Visto che non abbiamo un sede fisica dove incontrarci e parlare tra noi, è essenziale una sede virtuale ben organizzata, capace di connetterci per poi meglio organizzarci nella realtà!! Una piattaforma che permetta lo scambio di informazioni e di discutere tranquillamente tra noi e i nostri portavoce, magari in privato! ora dobbiamo arrangiarci sui social!! così vogliamo rimanere? Non serve solo per decidere modifiche al programma, ma soprattutto per connettere 9000 milioni di persone!!! Io abito a capurso, non c’è un meet-up, e non conosco chi della mia zona è del movimento magari per crearne uno! Con una piattaforma seria riusciremmo a risolvere questo ed altri problemi!! questo post è un autogol e adesso ci attaccheranno da tutte le parti e io cosa dovrò rispondere? che abbiamo il sistema operativo? Non va bene!!! Non ci siamo!
Per favore !
Chi non conosce nulla di ingegneria informatica ,
come la sottoscritta .
Ha avuto una brutta impressione .
Se il post fosse stato più esaustivo ?
Non : un …… o mangia la minestra o salta dalla finestra .
Molti non sarebbero delusi .
Vi prego. Grazie .
blog, giornalisti, guerra

Sei e più tipi di eroi al caffè

Spiana li monti, sfonna, spara, ammazza…
Per me – barbotta – c’è una strada sola…
E intigne li biscotti ne la tazza.

Per molto tempo siamo riusciti a ignorare la Siria. C’era la campagna elettorale, poi la campagna post-elettorale, poi bisognava fare il governo, poi disfarlo… In mezzo a tutto questo, anche chi aveva lo stomaco per dare un’occhiata alle notizie dal Medio Oriente trovava quasi sempre guerre e rivoluzioni più promettenti. Finché Obama non si è arrabbiato per vie di certe armi chimiche, e insomma finalmente è venuto il momento di discutere di Siria: con la competenza e la serietà che contraddistingue noi eroi al caffè, opinionisti della domenica ma ormai anche del fondo del lunedì. Può anche darsi che fino a qualche ora fa ignorassimo l’ubicazione della Siria sul planisfero: non è cosa che ci scomponga, la geografia, figurati, bruscolini, pinzillacchere. Ciò che conta, quando si parla di Siria o di Egitto o Birmania o Sarcazzo, è la rapidità con la quale riusciamo a declinare le due o tre opinioni prefabbricate che scriviamo da vent’anni, sempre le stesse. Ci riconosci? Siamo un po’ dappertutto, su blog e su carta e ogni tanto finiamo pure in diretta al parlamento; ci dividiamo in simpatiche tribù, vediamone alcune.

Gli Stranamore
E vabbe’, in Siria gasano i civili, che problema c’è? Si bombarda. No, ma sul serio, stiamo ancora a discuterne? con tutti i Cruise negli arsenali Nato da rottamare? Bombardiamo, ha sempre funzionato, no? Vedi la Serbia.
“Veramente finché non sono entrate le truppe da terra, Milosevic è restato lì”.
“Sì, vabbe’, allora vedi l’Iraq”.
“Ahem”.
“Che c’è?”
“…no, niente”.
Gli Stranamore amano il bombardamento per il bombardamento: quasi mai si ricordano come sia andata a finire la storia in Iraq o altrove, loro di solito ronfavano del sonno postcoitale dei giusti. Non c’è crisi umanitaria che non si possa risolvere con un’operazione chirurgica, mirata, un bel megatone di argomenti. Obama questa cosa non la capisce, perché è un pappamolle, un insicuro, uno che perde tempo a chiedere il parere del Congresso, vi rendete conto? Del Congresso. Non ti basta il parere di Gianni Riotta?

Gli amerikanisti
È successo qualcosa di brutto? A Damasco, o a New York, o a Pearl Harbor, o dovunque? Se è qualcosa di veramente brutto, il colpevole si è già tradito: infatti esiste una sola entità veramente malvagia in questo mondo, e tutto ciò che è veramente brutto non può che derivare da lei. Tale entità è ovviamente l’Amerika. Crollano le Twin Towers? È stata l’Amerika – oh, l’ha detto un deputato alla Camera, pare che non ci siano più dubbi: era un complotto dell’Amerika per gettare l’Amerika nel panico. In Siria gasano i civili? Chi può essere così malvagio da vendere gas venefici a uno storico alleato dei russi? È evidente, no? No? Non resta che lasciare la parola all’esperto:

Ora però la situazione si è fatta grave, perché un gran numero di civili, bambini in particolare, sono stati uccisi dal gas nervino che solo i mercenari, i tagliagole, i ribelli, bene armati e foraggiati attraverso mille triangolazioni dagli Stati Uniti possono aver diffuso. Quale interesse avrebbe avuto il governo siriano ad ammazzare civili, se non guadagnarsi impopolarità? Quindi sono stati gli Stati Uniti a fornire ai tagliagole questo gas letale. Le televisioni fanno di tutto con la loro informazione assassina per confondere le idee alla gente, quando la situazione invece è estremamente semplice, e non rimane che sperare sui deputati e senatori del Movimento 5 Stelle… (Mario Albanesi, non so chi sia ma era in home sul sito di Beppe Grillo, per cui tenderei a fidarmi)

I semplicisti
Hanno letto che in Siria c’era un dittatore e hanno pensato: brutto! Poi hanno saputo che c’era una rivoluzione e si sono detti: bello! Però la rivoluzione è diventata una guerra civile e hanno pensato: mah, non tanto bello. A un certo punto hanno scoperto che tra i rivoltosi c’erano molti integralisti islamici: bruttissimo! Lo stavano per scrivere, quando il dittatore si è messo a gasare gli avversari, e adesso i semplicisti sono un po’ in imbarazzo. Perché la vita è così complicata? Se solo si potesse trasformare una guerriglia senza quartiere tra un dittatore baathista sostenuto da russi ed hezbollah e uno schieramento eterogeneo sempre più dominato da jihadisti e predoni in qualcosa di più semplice, che so, Buoni contro Cattivi, o meglio ancora… Pace contro Guerra! Viva la pace! Muoia la guerra!
“E come la uccidi?”
“Uffa ma lo vedi che lo fai apposta?”

Gli elefanti
Non li sottovalutare. Vanno piano, ma non li smuovi, e si ricordano tutto. Hai un’opinione sulla Siria? Pensaci bene prima di condividerla. Potrebbe non essere coerente con quello che pensavi ai tempi di Srebrenica.
“Ma io ai tempi di Srebrenica… non ero ancora nato”.
“Allora è stato tuo padre”.
Gli elefanti sanno che nel 1991 hai occupato il liceo contro la Guerra nel golfo, e quindi le tue mani sono sporche di sangue bosniaco e kossovaro, e non intendono passarci sopra. In effetti non hanno la minima idea di cosa stia succedendo in Siria o altrove da almeno dieci anni in qua, continuano a prenderla coi pacifinti dei cortei del 2003. Si sono legati al dito delle cose che ormai si ricordano soltanto loro. L’unica guerra che gli interessa davvero è quella che hanno combattuto dall’11 settembre in qualche forum o blog dimenticato da Dio in cui si annidano ancora, gli ultimi giapponesi.

Gli israelomani
Una sottospecie di elefante che non si è mai veramente ripreso dall’Intifada. Esiste solo Israele. Purtroppo è minacciato nella sua stessa esistenza. Occorre difenderlo a ogni costo. Per esempio, se in Siria un dittatore massacra la popolazione coi gas, l’israelomane si gonfierà di sdegno, non tanto per il dittatore, ma per chi in Italia perde tempo a criticare Israele. Che magari potrebbe anche avere commesso qualche errorino, l’israelomane non lo esclude a priori, ma… con che faccia si può criticare Israele mentre a pochi chilometri di distanza accade ben peggio? E siccome ci sarà sempre qualcuno a mille o diecimila km di distanza che si comporta peggio di Israele, ne consegue che Israele non può essere criticato.
Ogni volta che ammazzano arabi fuori da Israele, l’israelomane dà l’impressione di goderne. Non perché muoiano arabi, no, come si può anche solo pensare che l’israelomane goda per la morte di arabi? Ma si tratta di dimostrare che Israele li tratta meglio: infatti è indubbio che ne ammazzi di meno. Chi perde tempo quindi a criticare Israele è antisemita, cvd.
L’israelomane ha una domanda retorica ricorrente: perché gli unici arabi che ci interessano sono quelli un po’ oppressi da Israele? Perché i tiranni giordani, iracheni, libanesi, egiziani, siriani possono massacrarli senza destare la nostra indignazione? Perché siamo tutti antisemiti, certo. Inutile protestare, inutile cercare di dimostrare che (per quel poco che è servito) ci siamo indignati anche per quel che succedeva in Giordania o in Iraq o in Egitto o adesso in Siria. Anche negli ultimi mesi si è parlato nei quotidiani italiani più di Siria (comunque poco) che di Palestina, ma l’israelomane che ne sa. Filtra solo le notizie che parlano di Israele. Ne deduce che tutti criticano soltanto Israele.

I Cavalieri dell’Ovvio
Per ogni mille blog che ci fanno sapere che la guerra è brutta, c’è almeno un editoriale di Ernesto Galli Della Loggia che ci tiene a farci sapere che purtroppo è ineliminabile. Ci avevate mai pensato? Sì. Ma avevate mai pensato a quel che pensavate pensando di pensare?

C’è infine un argomento molto usato per dirsi in generale contro la guerra: «La guerra non ha mai risolto alcun problema». Nella sua perentorietà l’argomento è però palesemente falso. Dipende infatti dalla natura dei problemi: non pochi problemi la guerra li ha risolti eccome (penso a tante guerre per l’indipendenza nazionale, ad esempio); per gli altri bisogna intendersi su che cosa significa «risolvere»

Un dibattito sul significato di “risolvere”, professore, ma è sicuro che siamo pronti a un simile sforzo ermeneutico? Non è che prima ci dovremmo intendere su che cosa significa “significa”? Ed è nato prima l’uovo o la gallina? Ok, Sartori prima di entrambi, ma qual è l’anello di congiunzione? Sartori partorì il primo uovo da cui la prima gallina? Sartori si evolse in pollo da cui il primo uovo? Tutto ciò merita un supplemento di indagine.

(potrebbe pure continuare)

autoreferenziali, blog

Certi applausi ormai son dovuti per amore

Sparring partner

Ogni anno il Macchianera Italian Awards diventa più grande, e il mio blog no. Eppure tra i centomila e più utenti internet che ogni estate si ricordano di spedire la schedina coi propri blog preferiti, dispersi più o meno a metà di una coda che immagino lunghissima, c’è ancora qualcuno che si ricorda il mio indirizzo.

Miglior articolo
Miglior blog
d’opinione

Non so perché lo fa. Abitudine, inerzia, e poi diciamolo, al giorno d’oggi chi è che scrive ancora un “blog d’opinione”. Nessuno sano di mente pensa che ai lettori interesseranno semplicemente le proprie “opinioni”. Bisogna scegliersi un campo più ristretto, cucina cinema sesso (buffo, in realtà no, sui blog italiani il sesso non ha mai veramente sfondato).

In ogni caso, grazie; anche se le speranze di vincere (contro Grillo, Zoro, Civati) sono ogni anno sempre più risibili. Quest’anno anche la gara per il “miglior articolo” sarà molto dura. Il mio non è di certo il più interessante, ma è un record personale che non sono sicuro di voler infrangere (più o meno ventimila accessi unici). Per spingere un mio post così in alto serve, di solito, qualche disgrazia, meglio se collettiva.

(Non credo che ce la farò ad andare a Rimini, salutatemi tutti).

Ah, non so se si possa dire, ma sono anche finalista al premio Rioba 2013, “miglior blog politico del 2013”. Non ho idea di chi siano gli altri, ma l’immagine della giuria di qualità che cerca di capire chi sono e cosa rappresento leggendo le mie poesiole anni Novanta mi lascia pochi spiragli, diciamo.

autoreferenziali, blog, giornalisti

I blog del Fatto non esistono

(No, non esistono nemmeno i blog dell’Unità, se è per questo).

Una merendina non è un’opinione

Per prima cosa vorrei esprimere solidarietà a Dario Bressanini, che si accomiata dal Fatto quotidiano, (via .mau.) prendendosi quella che chiama “pausa di riflessione”.

Vi confesso che sono sempre più a disagio nello scrivere qui dentro. Per via della “compagnia” che si è aggiunta nel tempo:  complottisti dell’11 settembre, antivaccinisti, “esperti” di energia che sbagliano le unità di misura, “esperti” di nanoparticelle nelle merendine, teorici della decrescita, omeopati, teologi assaggiatori di vino che concionano di ogm invece di parlare di Barolo o Barbaresco e così via. Io ci metto settimane o mesi a leggermi la letteratura scientifica originale e a scrivere un articolo, mentre a scrivere una cazzata con un copia e incolla ci si mette mezz’ora. E dopo neanche un giorno il mio pezzo è svanito dalla home page, scivolato via nel mischione generale insieme a tanti altri con cui francamente non voglio essere associato. Non vale la pena fare tanta fatica.

Forse no, non ne vale la pena. Dipende soprattutto dal valore del tempo che uno ha. Io ho sempre pensato che valga la pena di scrivere in qualsiasi posto ti chiedano di farlo, per dire se Casapound mi desse uno spazio per me varrebbe la pena di scriverci: ovviamente parlando male di Casapound. Secondo me devono sempre essere gli altri a buttarti fuori. Ma la frustrazione di Bressanini la capisco benissimo. Anche adesso, in calce al suo bel post in cui spiega con dovizia di fonti che gli ortaggi bio non risultano più sani degli altri, c’è un bel link a un altro post del Fatto titolato: “Biologico… gli studi dicono che fa vivere di più e meglio”.

Per seconda cosa vorrei cercare di spiegare a Peter Gomez, direttore del Fatto on line, che non può giustificarsi con Bressanini scrivendo, come ha fatto, che “lo spazio dei blog è semplicemente uno spazio libero dei lettori”, un modo molto liberale per dire che non ha intenzione di controllare le eventuali imprecisioni e cazzate dei suoi blogger. Non può, non per una questione deontologica – cioè, volendo ne potremmo anche parlare – ma voliamo un po’ più basso: la distinzione di Gomez tra “blog” e “spazio a destra del sito” non esiste più, se è mai esistita, nella percezione dei lettori.

Voglio dire che il lettore medio che apre l’home del Fatto, o che carambola sul Fatto da un link condiviso, non coglie nessuna differenza tra blog e “contenuto a destra”. Anche perché tra i “blog” a sinistra ci trova tutte le firme più autorevoli del Fatto, e altri personaggi di indubbio spessore: Jacopo Fo, Nando dalla Chiesa, Loretta Napoleoni, e ne dimentico senz’altro di importantissimi. Se poi in mezzo a questi c’è l’esperto di nanoparticelle nelle merendine, non è il caso di nascondersi dietro al concetto di “blog”: qualunque lettore capiterà su quel contenuto avrà la chiara percezione di leggere un pezzo del Fatto Quotidiano, scritto da un giornalista o collaboratore del Fatto Quotidiano. Le cui informazioni sono state controllate dalla redazione del Fatto Quotidiano. Anche se non è così.

Parlo per esperienza: tre anni fa ho iniziato a tenere una rubrica settimanale sull’Unita.it, che poi è diventata un “blog” senza che io stesso avessi ben chiara la differenza. Forse perché la differenza non c’è. I commentatori continuano a chiamarmi “giornalista” e sono convinti che io rappresenti la linea del giornale. Ogni volta che provo a spiegare che sono una cosa diversa, e cioè un “blogger”, mi sento un po’ più ridicolo, quasi che volessi reclamare una verginità che probabilmente non merito. Al lettore non fa nessuna differenza: sulla pagina c’è scritto Unità, fine. E in effetti, l’unica differenza che mi viene in mente è che i contenuti dei blog non sono verificati dalla redazione. Ma il lettore questa cosa non la sa, e nessuno si sta premurando di informarlo.

Gomez me lo ricordo tre anni fa, quando gelò il pubblico di un blograduno annunciando: “abbiamo quattrocento blogger che lavorano per noi assolutamente gratis […] speriamo che questi quattrocento diventino presto quattromila”. Per molti dei presenti fu la campana a morto di ogni speranza di essere pagato per i propri contenuti, ma Gomez era troppo felice per accorgersene: che figata il 2.0, la gente che non vede l’ora di scrivere gratis per te, come una volta erano tutti felici di sfoggiare gli adesivi pubblicitari su automobili e suppellettili. In pratica ospitare dei blog per un quotidiano è questo: offrire gratis la propria testata come un adesivo, da sovrapporre a qualsiasi cazzata. E la gente le legge. Quattrocento blog, almeno 400 contenuti non controllati alla settimana, qualche cazzata ogni tanto scapperà; e la gente le linka, le condivide, crea traffico, genera guadagni, è bellissimo. Qual è l’inconveniente?

Gomez non è un ingenuo, credo che sappia benissimo qual è l’inconveniente: quei 400 blog con l’adesivo del Fatto Quotidiano sono il Fatto Quotidiano. Il lettore li percepisce come Fatto Quotidiano. Se parlano delle nanoparticelle delle merendine, il lettore riterrà di avere letto sul Fatto una notizia sulle nanoparticelle nelle merendine. Non un’opinione: un’informazione. Capisco che un quotidiano consenta opinioni diverse, ma una merendina alle nanoparticelle non è un’opinione. O esiste – e allora mostramela, fuori la fonte. Oppure non esiste. E allora mi stai dicendo una bugia. E se sul tuo post c’è l’adesivo del Fatto Quotidiano, il FQ mi sta dicendo una bugia.

Non esistono blog del Fatto, o blog dell’Unità, o blog di altre testate giornalistiche. Esistono pagine web del Fatto, articoli del Fatto. I lettori non notano la differenza, e fanno benissimo a non notarla. L’unica differenza importante è tra fatto vero e cazzata. Un quotidiano che lascia libero accesso a collaboratori, e che non controlla le potenziali cazzate, ha evidentemente deciso di privilegiare un certo tipo di quantità su un certo tipo di qualità. Magari per ora ha ragione. Io spero che il tempo gli darà torto.

Beppe Grillo, blog, internet

Il Blog al potere

Un giorno un osservatore perspicace ha detto che l’Italia fascista era diretta come un grande giornale, nonché da un grande giornalista: un’idea al giorno, dei concorsi, delle sensazioni, un abile e insistente orientamento del lettore verso alcuni aspetti della vita sociale, smisuratamente ingranditi, una deformazione sistematica della comprensione del lettore. Insomma i regimi fascisti sono regimi pubblicitari*.

Mi sembra doveroso avvertire i lettori che forse tra me e Grillo c’è una questione personale. Ovviamente lui non lo sa. Ma in sostanza mi ha rubato il giocattolino, e non glielo perdonerò mai. Io ci ho un blog da milioni di anni, tempi in cui lui spaccava i pentium con le clave, ok, storia vecchia, però mai, mai mi sarei aspettato che si potesse andare al potere con un blog, e infatti non ci sono andato. Invece lui ci sta riuscendo, e il discorso “ma era già prima un personaggio tv” funziona fino a un certo punto. È vero, era un personaggio tv, ma in un qualche modo è davvero diventato un blogger. Ha tutto del blogger. L’ansia di spiegare il mondo in quaranta righe. L’attitudine litigiosa che diventa metodo induttivo-deduttivo-abduttivo-qualsiasi metodo, cioè in pratica non c’è problema che non si possa risolvere insultandolo a lungo. I link spacciati come fonte. Il Blogroll come corte dei miracoli e dei miracolati – una manciata di poveretti che non hanno nessun altro merito se non leggerti e farti spesso i complimenti, gente che disprezzeresti se non sapessi che dipendi da ogni loro singolo clic. La palude dei Commenti come sfogatoio per il parco buoi dei cliccatori che non si ascoltano, si pesano. Forse un giorno Internet sarà il luogo della democrazia, forse voteremo ogni giorno da casa su smaglianti piattaforme sociali. Forse. (Casaleggio ci sta lavorando, peccato che abbia tutti questi impegni). Ma nel frattempo c’è un blog, e un blog non è un luogo di democrazia – fidatevi di me almeno su questo argomento – non lo è mai stato.

Il blog è una tirannide.

Più autocratica di altre tirannidi, perché è piccola. Come quelle città stato greche – uno ha sempre in mente Atene con le sue assemblee – ma se non sbaglio la maggior parte erano in mano a tirannelli litigiosi che pranzavano in fretta sotto spade penzolanti. I blog sono esattamente questo. Parlo solo io e voi ascoltate. E se mi dite che sbaglio nei commenti, io cancello i commenti. Leggo solo chi mi dà ragione. Posso anche cambiare nick e darmela da sola, la ragione. Ogni tanto poi mi sento solo e vado nell’archivio a leggere tizi che mi davano ragione nel 2007, magari in realtà ero sempre io sotto mentite spoglie ma non me ne ricordo più, non ho tutta questa familiarità coi miei commentatori, mi ricordo solo che ho sempre avuto ragione. Posso aprire altri blog civetta e farmi dare ragione anche da loro. Posso coltivare un piccolo parco di poveretti e premiarli con un link e una botta al ranking ogni volta che mi danno ragione. Nel frattempo ho smesso da un pezzo di leggere i giornali, sono tutti psicotici prezzolati che non mi danno mai ragione. Poi un giorno vinco le elezioni. Non me lo aspettavo nemmeno io, ma succede.

Cosa faccio?

Non c’è nessuno che mi dia un consiglio sensato: i giornali ovviamente mi odiano, ma i miei consiglieri mi amano troppo, e poi diciamolo, non mi sembrano mica tanto normali. C’è il filosofo che si capisce che è un filosofo perché ha la barba bianca e spiega le stesse cose che vengono in mente a me con cento battute in più: io dico “Ma teniamoci Monti e vaffanculo” e lui ripete “è opportuno insistere sulla linea della prorogatio”. Ok. A Montecitorio ci ho mandato un sacco di commentatori, chi si fiderebbe dei commentatori? ho subito mandato gli unici di cui mi fido (dei blogger ovviamente) a mettere le webcam, così almeno li tengo controllati, ma chi se lo guarda poi lo streaming? è una palla infinita. Per tirarmi su vado sul mio blog, dove è pieno di gente che mi dà ragione a prezzi scontati, quelli che mi danno torto probabilmente li paga la concorrenza, ma si cancellano con un clic, è liberatorio. C’è solo una cosa che non sopporto.

Quelli che mi chiedono cosa voglio fare.

Che razza di domanda è. Io voglio fare esattamente quello che sto facendo. Il blog. Mi piace il blog, voglio che tutti lo leggano e mi diano ragione. Non è per vendere i dvd, come dicono i maligni psicotici prezzolati. Quello forse all’inizio, ora ormai è un pretesto. In realtà non c’è un perché, è proprio una domanda sbagliata. Come chiedere all’uccellino perché cinguetta o alla talpa perché si fa le tane. Io faccio un blog perché sono un blogger, e se nel procedimento mi capita di conquistare l’Italia – incidenti che capitano – vorrà dire che rifarò l’Italia come un blog, con dei banner dappertutto, un post quotidiano dove inveire contro i nemici del popolo, la libertà di commento per ogni lettore (Uno Vale Uno!) tranne quelli che parlano male, traditori prezzolati del popolo da sopprimere ma senza fargli male (gli leveremo la connessione, al limite). I ministri li eleggeremo coi sondaggi on line, quelli nella colonnina di fianco, avete presente? non ha comunque molta importanza, tanto ci mando a controllarli i miei v-logger di fiducia con le webcam. Io farò dell’Italia un blog, non perché ne sia consapevole, ma perché è l’unica cosa che so fare: come quello prima di me sapeva solo fare tv e trasformò l’Italia in uno show televisivo permanente – finché a furia di ballerine in parlamento e nei dicasteri la cosa si fece insostenibile e chiamarono me.

Quello del secolo scorso, invece, lo avete mai letto davvero? Chi lo conosce lo sa: prima di essere un dittatore autoritario e violento e blablà era un giornalista. Un corsivista di razza. Vinse l’Italia, anche lui in un momento in cui non la voleva veramente nessuno, e la trasformò in un quotidiano. Un’idea al giorno, dei concorsi, delle sensazioni, un abile e insistente orientamento del lettore verso alcuni aspetti della vita sociale, smisuratamente ingranditi, una deformazione sistematica della comprensione del lettore. Finché a furia di titoloni a effetto non gli toccò dichiarare davvero qualche guerra, e lì andò tutto a Patrasso. Dove andremo anche stavolta, nel solito nostro italianissimo modo.

Che consiste forse nel sovrapporre politica e comunicazione. Siamo ossessionati dalla comunicazione. Non vogliamo essere governati, vogliamo qualcuno che ci comunichi cose. Non vogliamo un governo, vogliamo un giornale, o un talkshow, o un blog, e chissà cosa vorremo dopodomani. Sarà comunque qualche altro strumento che parla parla parla, e quel poco che conclude quasi sempre è un casino.

*(Ancora grazie ad Antonio Schiavulli, che mi ha aiutato a ritrovare un passo che cercavo da anni).

Beppe Grillo, blog, ho una teoria, internet, tv

Revolution will be video-made

Se fosse confermata, la scelta di Grillo e di Casaleggio di portare “Nik il Nero” a Palazzo Madama confermerebbe la centralità all’interno del M5S di una figura ‘professionale’ che fin qui abbiamo tutti colpevolmente snobbato: no, non il camionista (anche se Nik è famoso per autoriprendersi mentre guida), ma il videomaker. Insomma il tizio che si fa i video in casa e poi li mette sul suo canale Youtube.

Così raccontava Nik qualche mese fa a Linkiesta: “Ho da sempre una grande passione per la telecamera, e quindi ho pensato di rendermi utile con qualche video. Avrei voluto fare il videomaker di professione. Ci ho anche provato per cinque o sei mesi, ma non tiravo su abbastanza soldi, e così sono dovuto tornare a fare il camionista. Il primo video che girammo col gruppo fu sul detersivo alla spina. Poi ne abbiamo fatti tantissimi di denuncia; direi ormai circa 350. Il 60% sono finiti dal mio canale YouTube direttamente sul blog di Beppe Grillo, che li apprezza molto”. Nik – se la notizia è vera – dovrebbe arrivare al Senato come consulente di un portavoce del capogruppo, o qualcosa del genere, ma in sostanza per fare i video; con la stessa professionalità con cui ha curato in questi anni il suo canale Youtube. Prima di lui c’era Daniele Martinelli (continua sull’Unita.it, H1t#172).

Prima di lui c’era Daniele Martinelli (che forse è stato sollevato forse no, intorno a Grillo c’è la stessa trasparenza del Cremlino ai tempi di Andropov), e che parlava di sé stesso in questi termini: “sono un professionista della comunicazione nato sulle macchine da scrivere, passato attraverso le redazioni radiofoniche e televisive in cui si doveva saper fare tutto: scrivere testi, condurre, cimentarsi in regia, usare la telecamera, sistemare le luci, l’audio, montare i servizi con metodo lineare, non lineare e poi digitale… Tutti questi lavori messi insieme hanno creato la recente (non per me) figura del videomaker. Che nell’accezione più moderna del termine significa esercitare attività di video-giornalista INDIPENDENTE”.
La stessa attività di “video-giornalista indipendente” esercita – con qualche successo in più – il consulente del portavoce del capogruppo alla Camera, Claudio Messora. La nomina dall’alto di Messora e Martinelli (e poi di Nik) è stata interpretata da molti anche all’interno del Movimento come un tentativo di assistere ‘dall’alto’ ai gruppi parlamentari abbandonati un po’ a sé stessi: la famosa “cinghia di trasmissione”. Qualcuno li ha persino chiamati commissari politici: è un po’ presto per capire se svolgano davvero una funzione del genere. Per ora è più interessante notare da dove Grillo e Casaleggio peschino i loro cosiddetti fedelissimi: dalla Rete, naturalmente, ma nello specifico da Youtube. Messora, Martinelli e Nik hanno biografie diversissime (e affascinanti) che convergono soltanto nel momento in cui vengono attirati nell’orbita di Beppegrillo.it in qualità di “videomaker indipendenti”, produttori di migliaia di ore di materiale video che qualcuno ha pur visto e molti avranno semplicemente linkato e, avrebbe detto Petrolini, “piacciato”. Il modello a cui tutti e tre guardano è ovviamente il video-giornalismo d’inchiesta di Report o quello dei reportage della factory di Santoro: i risultati poi sono davanti a tutti, se qualcuno ha voglia o tempo per andarseli a vedere.
Ma l’importanza di questi videogiornalisti fai-da-te non andrebbe sottovalutata: si è detto a lungo che Grillo ha vinto rinunciando alla tv e lavorando sulla Rete. Possiamo aggiungere che Grillo ha portato in rete un linguaggio televisivo, scimmiottato alla benemeglio da volontari generosi ma non professionisti. Il suo blog non avrebbe avuto il successo che ha avuto senza i materiali video di cui ha sempre fatto un larghissimo uso. Basti pensare che  fino a qualche anno fa la rubrica più seguita era la predica settimanale di Travaglio, davanti a una camera fissa: per un vecchio utente di internet uno spreco di tempo e memoria, dal momento che ci si mette molto meno tempo a leggere un testo a video: ma l’utente-tipo di Beppegrillo preferisce guardarsi la clip, anche se tutto quel che c’è da vedere è la faccia di Travaglio che legge. In fondo succede la stessa cosa ogni giovedì da Santoro, dev’essere un format rassicurante. Quando si arriva a Nik il discorso è diverso: lui mica legge, e probabilmente i discorsi che fa davanti alla sua webcam non riuscirebbe a metterli giù su un foglio (non in modo altrettanto incisivo). Il video a un certo punto diventa una scorciatoia per spiegarsi e capirsi meglio. È il caso di Nik, ma anche dei portavoce grillini alla Camera e al Senato. Non solo si spiegano attraverso video, ma sono convinti che tutti dovrebbero fare così, che sarebbe tutto più chiaro se tutti facessero così: niente verbali scritti che sono noiosi, tutto in streaming, ore di streaming. Il grillismo non è solo una sfida alla democrazia. È anche una sfida alla civiltà della scrittura.http://leonardo.blogspot.com
Beppe Grillo, blog, ho una teoria, internet

Le cinghie di Grillo

“Personalmente ritengo che se devo dibattere, dibatto sui fatti, possibilmente in spazi dove non ci siano più di 3-4 persone con le quali valga la pena discutere. Pd e Pdl, francamente, se ne vadano a fanculo.” Così scriveva Daniele Martinelli una settimana fa, dopo aver abbandonato una diretta tv. Ieri è diventato il portavoce ufficiale dei deputati M5S. Lo hanno scelto Grillo e Casaleggio per le sue doti di comunicatore – cioè, lui è uno di quelli che nell’entourage di Grillo ha doti di comunicatore (“se devo dibattere, dibatto sui fatti, possibilmente in spazi dove non ci siano più di 3-4 persone”). Figurati gli altri.

“Da domani, non parlerò più con nessuno. Non prendetevela con me.” Così scrive sul suo blog (Byoblu) Claudio Messora, dopo una prima faticosissima giornata da portavoce ufficiale dei senatori M5S, esasperato dal modo in cui le sue parole sono state distorte dalla stampa. Anche lui è stato scelto da Grillo e Casaleggio per le sue doti di comunicatore – è uno dei pochi esponenti m5S ad avere familiarità con video e microfono. Purtroppo queste doti le ha usate spesso per comunicare complotti mondiali a base di massoneria e commissione Bilderberg: tesi care a molti lettori affezionati di Byoblu o Beppegrillo.it, ma che al di fuori della cerchia dei fedeli possono anche suscitare imbarazzo e ilarità. E poi c’è quella cosa dei vecchi post (poi cancellati) in cui si scusava di aver votato Berlusconi, vecchie beghe con Anonymous, e tante altre cose che pian piano spuntano fuori, in una piccola macchina del fango o, come la chiama lui, con un’espressione di rara icasticità, “l’esercito degli spalamerda”: è da questi particolari che giudichi un comunicatore.

Martinelli e Messora dovevano essere “la cinghia di trasmissione tra un capo che si trova al di fuori del parlamento e i cittadini portavoce” (continua sull’Unita.it, H1t#171).

Così nelle parole del professore Paolo Becchi, ormai accreditato come l’ideologo di beppegrillo.it. Per Becchi l’episodio increscioso della spaccatura sulla nomina del presidente del Senato fu un segno “di immaturità politica, ma, non dimentichiamolo, sono i primi passi di un bambino che procede ancora a tentoni”. Forse è per quello che Grillo e Becchi hanno tanto insistito per avere lo streaming: sono come quei genitori ansiosi che appendono la webcam alle sbarre del lettino. Quello di Becchi può sembrare un paragone irriguardoso – l’avesse fatto un blogger dell’Unità, apriti cielo – ma finché i parlamentari continuano a lamentarsi perché sono stanchi, hanno fame, non sanno ancora bene dove dormire, devono prendere decisioni troppo difficili, i compagni gli fanno gli scherzi telefonici e non voglionostringere la mano alla zia – viene il sospetto che Becchi non abbia tutti i torti: c’è come una fase orale collettiva che ci auguriamo finisca presto, per il bene della nazione e anche un po’ del MoVimento. Nel frattempo il “capo” ha imposto la webcam e la sua cinghia, coi suoi uomini. Lo ha fatto di imperio, senza consultare la base, del resto è un’emergenza. Quando sarà pronta la piattaforma liquida in grado di gestire la democrazia diretta, tutte queste decisioni verranno senz’altro prese dalla base. Però la piattaforma non è ancora pronta, Casaleggio ha un sacco di impegni, insomma per adesso decidono loro. E sia.
Ma almeno decidono bene? Al netto delle idee, Martinelli e Messora sono le persone giuste per comunicare tra cittadini, Grillo e gruppi parlamentari m5s? Uno dopo una giornata di lavoro ha già fatto sapere che non parlerà più. L’altro, fosse per lui, eviterebbe i dibattiti con più di quattro persone. Finora, più che mostrare la loro competenza, hanno preferito farci sapere che non costeranno un solo euro al contribuente: bene, ma non è un modo per mettere le mani avanti? I servizi gratuiti sono quelli che tolgono all’utente la facoltà di lamentarsi. Io se fossi un elettore m5s credo che sarei disposto a pagare qualcosa per evitare che i miei eletti continuino a fare brutte figure. Dopotutto sono miei dipendenti, li ho scelti perché facciano un lavoro all’altezza, e invece adesso salta fuori che sono dilettanti e che non mi posso neanche lamentare perché comunque costano poco e in più la cinghia è gratis. Sempre ammesso che costino davvero poco, e che qualche loro prossimo infortunio non ci costi invece tantissimo.http://leonardo.blogspot.com
Beppe Grillo, blog, internet, pedofilie, Rignano Flaminio

Il paradiso dei demoni

Ieri, dopo una breve udienza preliminare, è stato tolto il sequestro a un blog, Il giustiziere – la fabbrica dei mostri. Sappiamo finalmente (lo avevamo sempre sospettato) che il suo autore, Stefano Zanetti, non ha commesso alcun reato. E però il suo blog non lo abbiamo potuto leggere per tre anni: Google (che controlla Blogger.com) lo aveva reso irreperibile nel 2010, soddisfacendo la richiesta di magistrato che in attesa del processo preferiva che nessuno lo leggesse. Il processo c’è stato, tre anni dopo: è durato mezz’ora, e tra breve potremo di nuovo leggere i pezzi di Zanetti. Che non scriveva nulla di particolarmente pericoloso. Ma a partire dal 2007 aveva scelto di occuparsi, tra tante cose, dell’antipedofilo Massimiliano Frassi e del suo blog “l’inferno degli angeli”, che oggi ha cambiato indirizzo (ma è rintracciabilissimo on line).

Anche a me era capitato di occuparmi e pre-occuparmi del blog di Massimiliano Frassi, sempre a partire dal 2007, in pratica dallo scoppio del caso Rignano Flaminio. Non in quanto esperto di pedofilia (non lo sono) ma in quanto lettore di blog; perché anche se in altri siti Frassi metteva in primo piano i suoi titoli e le sue competenze, sull'”Inferno” era soprattutto un blogger, con uno stile urlato e viscerale che ha più volte rivendicato. Bisogna dire che oggi questo aspetto si è un po’ attenuato: il sito non ha più l’aspetto amatoriale degli anni di splinder, non ci trovi più immediatamente foto fuori contesto di bambini picchiati o feriti (spesso associati a fatti di cronaca in cui queste ferite e questi lividi non si sono mai trovati, ad esempio Rignano Flaminio). Ma è ancora un blog piuttosto forcaiolo. Non uso la parola con leggerezza: una delle prime immagini che ci ho trovato oggi è la seguente.

Ora, secondo me Frassi, quando dà conto di un processo a un catechista (la cui colpevolezza non è messa in dubbio nemmeno per un istante); quando avverte che “terremo il processo sotto stretta osservazione”,  quando pubblica in calce l’immagine di un pinocchietto impiccato e ci fa notare che “la foto non è certo un’istigazione… né una speranza”… secondo me è in buona fede. Anche quando si premura di informarci che è contro la pena di morte, Frassi non percepisce nessuna contraddizione col pubblicare un cappio in homepage (che è comunque un grosso passo avanti rispetto a immagini assai più esplicite che pubblicava anni fa). Frassi non istiga al linciaggio, il suo pubblico devoto si indigna facilmente ma non uscirà mai nelle strade coi forconi. Frassi il linciaggio si limita a metterlo in scena. Impiccare i pinocchietti è una valvola di sfogo, il blog è una valvola di sfogo, è sempre stato così, un po’ per tutti, senz’altro anche per me.

Il problema è che fino a qualche anno fa, sfogandosi, Frassi pubblicava foto di bambini malmenati, chissà da dove le prendeva; io in tanti anni di Internet non avevo mai visto foto di bambini malmenati prima di incappare nell'”Inferno”.

L’altro problema è che Frassi non era soltanto il tenutario di un blog in cui sfogava in modo discutibile una rabbia fortissima contro degli indagati, senza mai preoccuparsi di aspettare che qualcuno li dichiarasse colpevoli o no: F. è anche l’autore di libri sull’argomento (tra cui uno porta il pomposo nome di Libro nero della pedofilia), il fondatore di una Onlus che sostiene di lottare attivamente contro gli abusi, facendo conferenze e “consulenze”. In particolare la Onlus di Frassi fu coinvolta nei due casi più gravi: Brescia e Rignano Flaminio, che rovinarono la vita a decine di persone indagate per anni, a volte condannate in primo grado, e poi prosciolte. E non è tutto, io credo che rovinarono la vita anche a molti bambini a cui furono estorte fantasiose confessioni di riti sessuali, e a molti genitori che furono incoraggiati a estorcergliele, e che ancora oggi sono convinti che i loro bambini siano stati vittima di violenze. Il che in un certo senso è vero: quei bambini sono senz’altro stati vittima di violenze. Frassi ha giocato un ruolo in tutto questo, non spetta a me determinare quale. Ma ha giocato un ruolo.

Io non lo sapevo: lo scoprii leggendo il blog di Zanetti, che su Frassi e la sua organizzazione diventò in breve tempo una fonte preziosa. A Zanetti si deve anche il merito di averci spiegato che Frassi non è un personaggio isolato, ma che i suoi metodi e la sua concezione del problema (l’idea di una tentacolare lobby pedofila che sequestrerebbe e violenterebbe milioni di bambini in tutto il mondo) venivano da lontano: in particolare dal mondo anglosassone, dove episodi di psicosi collettiva come quelli di Brescia e Rignano si erano già verificati negli anni Ottanta. In particolare Zanetti aveva notato la collaborazione di Frassi con Ray Wyre, sedicente esperto di abusi rituali satanici, che aveva svolto simili consulenze in un caso scoppiato in Gran Bretagna. Queste cose in particolare sono ancora leggibili perché, quando sequestrarono il blog, io recuperai quel post e lo pubblicai sul mio. In calce al post comparvero dopo qualche giorno accuse infamanti a Zanetti, che scomparvero non appena allusi alla tracciabilità degli IP. Nel frattempo Frassi aveva telefonato all’Unità lamentandosi per via di un pezzo che avevo pubblicato su di lui; ma non mi ha mai querelato, perlomeno non mi risulta. Invece dopo qualche giorno un anonimo cominciò a chiamarmi pedofilo sul nodo romano di Indymedia, i cui amministratori malgrado le mie proteste decisero che siccome ero un borghese che scriveva sull’Unità un’accusa di pedofilia con nome e cognome su internet me la potevo anche tenere, al massimo mi concedevano la facoltà di protestare nei commenti. Poi cambiarono server e cancellarono tutti i commenti.

(Questo aspetto della storia c’entra sempre meno, però è abbastanza divertente): Un giorno, incazzato ma anche un po’ incuriosito dalla permalosità degli indymediani romani determinati a rovinare la reputazione di un insegnante di scuola, presi un treno e andai a una loro riunione. Giusto per dire ehi, guardatemi, sono io, sono un nessuno che scrive su un blog, pensate sul serio che io sia un pedofilo? Ce la fate a dirmelo in faccia? Erano in una dozzina, la maggior parte ragazze, piuttosto ragionevoli, mi dissero che ci avrebbero pensato. Ma i maschi che gestivano il sito erano rimasti a casa a guardare la partita, e quando seppero s’incazzarono molto, e quindi l’insegnante di scuola media che prese un treno è rimasto un pedofilo.

Un’altra cosa che successe nell’estate del 2010 è che Frassi concesse un’intervista a un giornalista anonimo di un quotidiano on line poco conosciuto, dicendo in sostanza che la storia di Zanetti non gli interessava, lui aveva cose più importanti a cui pensare (“Preferisco parlare di cose più importanti che dare visibilità a certi anonimi soggetti”): poi Zanetti scoprì che quell’intervista era stata scritta da Frassi stesso, che si faceva le domande e si rispondeva annoiato. Frassi però in quell’occasione si lasciò forse un po’ andare e scrisse su Zanetti cose infamanti, per le quali Zanetti a sua volta lo denunciò. La coincidenza curiosa è che ieri, mezz’ora dopo l’archiviazione delle accuse a Zanetti, Frassi è stato rimandato a giudizio. Se è colpevole di diffamazione lo sapremo nel 2015.

Nel frattempo la vita va avanti, il suo blog è ancora molto seguito, alcune amministrazioni lo invitano ancora a fare lezioni su come si combatte la pedofilia. Dopo Rignano Flaminio però non sono più scoppiati casi di abuso rituale satanico in Italia. Negli ultimi anni sono state arrestate diverse educatrici con l’accusa di avere malmenato bambini: in tutti quei casi, li ricorderete, le violenze sono state documentate mediante video. Intanto è stata fissata la data per il processo d’appello di Suor Soledad, accusata nel 2006 di violenza sui bambini nell’asilo di Vallo della Lucania e condannata in primo grado. Frassi non si fa scrupolo di definirla “suora pedofila” e di corredare il suo post con questa immagine che ricorda un po’ i vecchi tempi del blog su Splinder:

Devo dire che dopo tanti anni e tante avventure, in fondo a tutta l’indignazione, la preoccupazione, ecc., prevale ancora un genuino senso di sorpresa, per il modo in cui una persona che vuole accreditarsi come esperto di un argomento serissimo (la pedofilia) decide di presentarsi nel suo blog: orsetti e fotogrammi di film dell’orrore, una specie di smemoranda per adulti. Nel 2007, quando lo lessi per la prima volta, fui molto stupito dal fatto che si definisse “Il secondo blog più letto in Italia dietro l’inarrivabile Beppe Grillo”, una nozione che non mi risultava (e in seguito infatti è scomparsa). A quel tempo c’erano già tante classifiche, chi ci fosse dietro e davanti Beppe Grillo pensavo di conoscerlo. Ma forse mi sbagliavo.

Con gli anni forse ho capito che in Italia ci sono state due civiltà di blog: la prima è cominciata più o meno nel 2001, ha avuto una fase di espansione intorno al 2003, e poi ha continuato a vivacchiare fino a oggi in siti come il mio. La seconda è cominciata con beppegrillo.it, che ha scatenato emulatori che oggi sono diventati a loro volta blog importanti. Questa ondata di blog grillini mi è un po’ arrivata addosso senza che me ne accorgessi: ogni tanto mi imbattevo in uno di loro, e non riuscivo a capirlo. L’approccio viscerale, l’abitudine a mettere in scena linciaggi, la passione per le immagini e i fotomontaggi trash, l’anti-intellettualismo esibito (chiunque li critichi è uno snob o un radicalscic); e, dal punto di vista dei contenuti, la chiamata alle armi contro un complotto mondiale che ci impoverisce, ci fa ammalare con le scie chimiche, non vuole che fuggiamo quando stanno per venire i terremoti, e ci violenta i bambini. Tutto questo era intorno a me, sugli stessi server su cui giravano le mie parole, ma ci ho messo veramente troppo tempo a riconoscerlo, e mi dispiace.

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Pagato o meno

Sono stato intervistato da Note Modenesi ed ecco qua, il risultato è più divertente del solito. Devo rettificare solo un punto: quando dico che “preferisco scrivere per un sito sconosciuto che mi paga regolarmente – anche una miseria – piuttosto che per un sito importante a costo zero” soggiungevo subito: “ma in realtà faccio entrambe le cose” (finché mi divertono entrambe le cose; e l’obiettivo è guadagnare prima o poi da qualunque cosa: ca$h come se piovesse, ma vanno bene anche buoni mensa, qualsiasi cosa, vengo via con poco, chiedete in giro).

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12 anni

(È un pezzo vecchio, sì, ma a partire da un certo punto in poi i compleanni si assomigliano tutti)

Il pregevole blog lo Zibaldone

“Come? Eh? No, le candeline no. Il mio povero cuore.
Volete che vi racconto? Ma probabilmente la storia la sapete già. Sono io che non mi ricordo più bene quando ho cominciato.
Mi sembra di averlo sempre avuto un blog, più o meno dall’… Ottocentoquindici, mi pare… in quel periodo eravamo in pochi, eh, anche perché il layout dovevi farlo a mano… il codice, dico… lo vergavi con la penna d’oca, nei primi tempi… e quindi non eravamo poi così tanti ad avere la costanza, la… manualità… comunque c’era già Giacomo.  Lui con lo Zibaldone era un po’ il mio mito, me l’aveva linkato Pietro Giordani che… aveva questa directory di giovani poeti italiani promettenti, che se ci pensi era una cosa da suicidio, allora, mettere in piedi una directory così… anche oggi certo… però a quei tempi… metti che Foscolo un giorno la consulta e non trova il suo sito… minimo ti sfidava a duello… non gli potevi mica dire: “Scusa, Ugo, ma è una directory di giovani promettenti, e francamente tu…” insomma, c’erano equilibri molto complicati.

Ma dicevo di Giacomo. Di lui non è che si sapesse molto, stava in campagna come molti di noi, e gli volevamo tutti molto bene perché… ma fondamentalmente aveva una costanza pazzesca. Ogni volta che facevi refresh qualcosina la trovavi. Spesso era roba pesante, filosofia, linguaggio, però era due secoli fa, forse allora c’era più mercato per queste cose. A me sembrava uno dell’altro mondo, poi un giorno leggendo capisco che si è trasferito a Bologna… allora vado a impegnare i gioielli della mia povera madre per prendere a nolo un biroccio e in un paio di giorni sono là… però non c’era ancora google street view e anche la segnaletica stradale lasciava molto a desiderare, francamente… sicché entro in un’osteria, sotto le torri, e chiedo a lorsignori se conoscono l’indirizzo del poeta Giacomo Leopardi. Silenzio. “Intendo l’autore del pregevole blog lo Zibaldone”. Mi ridono in faccia. Lì per la prima volta ho capito che… la blogosfera non è proprio esattamente il mondo reale… uscendo alla luce del sole urtai un gobbetto, gli feci cadere una borsa piena di carte e mi mandò al diavolo… mi lasciò un pessimo ricordo Bologna, non saprei neanche dire perché… forse capivo che tra il mondo vero e la blogosfera ormai avevo scelto la blogosfera. Vuoi mettere tra discutere di lettere con IppolitoNievo.It o stare per strada a farsi ingiuriare dai brutti gobbi sgorbi?

Manzoni? Non so, me l’hanno detto poi che c’era anche Manzoni, il punto è che non era già il grande Manzoni, era un ragazzo molto timido, che non usciva di casa volentieri, balbettava… aveva crisi di panico nei luoghi affollati… al giorno d’oggi sicuramente diremmo che è la sindrome di questoquello, ma a quei tempi… Lui stava molto sulle sue e faceva questa cosa, che a me non è mai piaciuta… cioè si cancellava spesso. Magari per un mese scriveva cose fantastiche, fantasie di monache lesbiche, poi un mattino gli saltava il ticchio… cancellava tutto. Magari perché qualcuno gli aveva lasciato un commento livoroso (lui però li bloccava, mi pare), oppure gli era venuta la crisi mistica… Io quelli che fanno così… non li ho mai compatiti veramente. Voglio dire, o fuori o dentro, trovate un vostro equilibrio. Però non voglio fare polemica. L’ultima polemica la feci col Tommaseo, mi pare nell’Ottocentoquarantavattelapesca… quanto a Manzoni, era un altro che non usciva di casa volentieri, aveva crisi di panico nei luoghi affollati…

No, all’inizio no, non c’erano classifiche. Non avremmo saputo cosa conteggiare. Dovete capire che con la tecnologia di allora anche una cosa che per voi sembra scontata… non so, lincarsi. Io per lincare un post di Luigi Settembrini dovevo scrivergli fermo posta, e sperare che filtrasse il firewall austroungarico. Le polemiche sullo sbarco dei Mille, poi, francamente… non si poteva fare liveblogging da Marsala, mettetevelo in testa. I borbonici avevano bloccato il protocollo postale, non avevamo né piccioni né segnali di fumo, e poi c’era questo piccolo particolare che dovevamo scannare nemici a mani nude perché avevamo lasciato i fucili a casa. La prossima volta portatevi l’Iphone, cosa volete che vi dica. I giovani la fanno sempre facile.

Lo devo ammettere, all’inizio il telegrafo mi spaventava. Temevo che uccidesse il blog, lo avevo anche scritto… un post dal titolo il blog è morto. Mi davano soprattutto noia quelle abbreviazioni, anche inglesi, SOS per Salvate le Nostre Anime, che roba è? E poi tutti quegli stop a fine frase, stop, stop, stop… insopportabili. Ma davvero ero convinto che il futuro sarebbe stato sintetico, che quelli che amavano le pagine lunghe e complicate, come le mie, fossero condannati… magari chissà avevo pure ragione… nei tempi lunghi…

Invece Marconi lo adoravo. Mi ricordo quando fece quella presentazione, a Londra… tutti si immaginavano un gadget portatile, magari un telegrafo palmare, ma chi si poteva immaginare un congegno wireless nell’Ottocentonovanta… dico bene? O novantacinque? Va bene, insomma, adesso in che anno siamo? No, fa lo stesso, un anno vale l’altro.

Ma ve l’ho detta quella volta che sono andato a Bologna, perché volevo vedere un blogger, come si chiamava… Entro in un’osteria e…”

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A proposito il blog è morto

In azzurro il 2012, in arancione il 2011.

Consuntivo 2012

Sono contento che sia finito, è stato un anno difficile. Controintuitivamente, considerati gli impegni professionali, le responsabilità famigliari, le calamità naturali, è stato un anno in cui ho scritto molto. Molto anche per i miei standard, che sono già patologici. Questo bisogna sempre ricordarlo, perché siamo a fine 2012, internet ormai è diventato lo spazio tra un social network e un altro; i messaggi brevi stanno soppiantando i video che avevano soppiantato i pezzi lunghi; in questa fase un tizio che scrive duecento post lunghi all’anno, una media di due ogni tre giorni, è fuori da qualsiasi statistica, e quindi le sue statistiche sono una mera curiosità.

Se questo piccolo sito fosse un’impresa, questo consuntivo non sarebbe un bel momento. Cari dipendenti, continuiamo a produrre di più (post) e a ottenere meno (accessi). Gli accessi in particolare credo siano almeno tre anni che continuano ad andare giù, nel 2012 di un 15% rispetto all’anno precedente, che succede? Niente, è finita la moda dei blog e la gente ha smesso di scriverci sopra. Quasi tutti i blog con cui ci si lincava nel 2002 sono chiusi. Il traffico tra un blog e l’altro si è quasi ridotto a zero. Negli anni ruggenti veicolava ben più del 15% degli accessi, così magari il problema è tutto qua. Oppure scrivo più cazzate, già l’anno scorso mi ricordo che qualcuno avanzò questa ipotesi. Non è che io non l’abbia presa in considerazione; è solo che la correlazione più cazzate = meno accessi resta tutta da dimostrare. Stiamo qua a porci problemi di stile e contenuto e magari semplicemente google mi ha tolto una frazione di ranking sicché mi arrivano meno utenti nottambuli in cerca di foto di Di Caprio, va’ a sapere.

In realtà sta cambiando tutto. Fino a qualche anno fa l’utente-tipo di un blog come questo era un abitudinario, che passava regolarmente 3-4 volte alla settimana, oppure si abbonava ai feed, e poi si leggeva tutto, o quasi. Questi utenti-tipo esistono ancora, però sono in diminuzione; il che dimostra la loro sanità mentale perché sul serio, non ha senso leggere tutto quello che scrivo io. Ogni tanto ne trovo ancora qualcuno che mi dice: ti ho letto per dieci anni, ma adesso non ce la faccio più. Come se il problema fosse che hanno smesso, a me sembra incredibile che siano durati per dieci anni. Io non ce la farei a leggere le opinioni di un tizio per dieci anni. Poi cosa vi aspettate, di andare ancora d’accordo con me? Vi è mai capitato di andare d’accordo con uno per dieci anni? Ma neanche con la mamma. Io per dire il tizio che scriveva i miei post nel 2003 non lo seguirei, anzi scapperei lontano. In effetti questo tipo di lettori-aficionados sta diminuendo, e chi scappa non viene rimpiazzato. C’è un gap generazionale, questo è un blog leggibile credo fino ai nati nell’ottantacinque, chi arriva dopo secondo me vede soltanto una lunga serie di incomprensibili segni neri tra un’immagine e un’altra.

Invece il nuovo lettore-tipo è un tizio che sta perlopiù su facebook, o su twitter, o su altri social più esotici, e tra un messaggio e una partita a farmville magari si ritrova in bacheca un link che sembra interessante: clicca e si ritrova qui. Questo potrebbe spiegare perché, se diminuiscono gli accessi, in compenso aumentano i picchi, ovvero quei momenti in cui molti utenti arrivano sul blog, attirati da un titolo o dal contenuto di un pezzo. Tanto che i pezzi più cliccati del 2012 sono anche quelli più cliccati del biennio 2011-2012.

07/mag/2012, 146 commenti
05/giu/2012, 34 commenti
16/ott/2012, 88 commenti
04/mar/2012, 64 commenti
18/gen/2012, 35 commenti

Poi se vogliamo parlare di qualità parliamone, è calata. Grazie tante che è calata, praticamente ormai questo è un blog che si scrive in sonnambula. Mi capita sempre più spesso di visitarlo con curiosità, trovare un pezzo (magari quello in cima) e mettermi a leggere perché non ho la minima idea di dove vada a parare, l’ho finito in trance alle tre del mattino e non mi ricordo come.

Poi ci sono altri fattori, per esempio: su 230 pezzi, 60 sono agiografie per il Post, che stanno andando bene (sul Post) e hanno trovato un loro nucleo di lettori fedeli che ringrazio, mentre invece su questo blog non se le filano in tantissimi. E ci sono anche quei 50 pezzi per l’Unità, anche loro concepiti per un pubblico un po’ diverso. Forse il problema è che questo sito sta rapidamente cambiando la sua identità: fino a tutto l’anno scorso era ancora un blog vero e proprio, con uno stile vario ma riconoscibile. Negli ultimi mesi è diventata la bacheca personale di uno che scrive in tanti posti (tant’è che c’è gente che si lamenta: ma come, anche qui, ma basta). Lo so che era più bello prima. Tutto era più bello prima, però dopo dieci anni e più bisognava anche cercare di fare qualcos’altro, darsi degli obiettivi.

Non è neanche una questione di soldi, che sono sempre veramente pochi, così pochi che discuterne, oltre che ineducato, è persino ridicolo. Il 2012 è stato l’anno dell’arrivo in Italia dell’Huffington Post, che peraltro io leggo poco e anche voi; ma non importa: importa la filosofia che l’HuffPo sottende, e che si può sintetizzare in “scrivi gratis e ringrazia”. Io non ce l’ho con chi scrive gratis, ci mancherebbe altro. Non credo che la produzione di opinioni gratis su internet possa abbattere il giornalismo, quello vero, fatto di inchieste sul campo. Sono ancora il primo a meravigliarmi che alcune mie opinioni, in determinati contesti, possano avere un prezzo. Non è una questione di soldi, è un tentativo di sembrare, dopo tanti anni, un po’ professionale in quello che faccio. Mi pare che ancora non ci siamo. Però la strada è questa.

È stato un anno complicato, in cui ho scoperto che in situazioni di forte stress la mia risposta è chiudermi in casa e scrivere di più. Ho anche pubblicato una specie di libro, mi sembra già passato un secolo, ho paura a rileggerlo. L’anno prossimo dovrei continuare con i santi, aggiungere un po’ di recensioni sui generis, invocare la distruzione di Cologno un paio di volte al mese, e altre cose che francamente non lo so, inventerò. Ma se vedete che scrivo poco non preoccupatevi, vuol dire che magari ho trovato un altro modo di star bene. Un grazie a tutti quelli che sono passati di qui e che ripasseranno, con moderazione mi raccomando.

blog, futurismi, giornalisti, internet

Repubblica e l’internet che non c’è

Scene da un futuro anteriore.

Ieri ho fatto una cosa che faccio sempre più di rado: ho comprato la Repubblica di carta. Ero in cerca di approcci provinciali al dibattito sull’accorpamento delle province, e so che in questo la Rep non mi delude mai; per esempio stavolta c’era una paginata dedicata a personaggi illustri a cui veniva chiesto di dire qualcosa di campanilistico, un pisano è riuscito a dire che i livornesi sono i migliori amici dell’uomo, roba così. Sullo sfondo c’è la più grande (e drastica) risistemazione delle entità amministrative locali in Italia, però a Repubblica hanno deciso che è solo una rissa a chi ha il campanile più lungo, e non c’è verso di uscirne. Ne parliamo un’altra volta.

Ieri ho comprato la Repubblica di carta. È una cosa che faccio sempre più di rado, perché – banalmente – su internet trovo quasi tutto quello che mi serve. Forse proprio perché non la compro più spesso riesco a notare le differenze, come con gli amici che smetti di vedere tutti i giorni. Ecco, rispetto a qualche mese fa, credo che a Repubblica stiano sviluppando un’ossessione per internet. Non siamo ancora al livello dell’ossessione televisiva che dilagò su tutti i quotidiani nazionali negli anni ’90, quando si parlava per pagine e pagine di quello che era successo in tv la sera prima; però la direzione mi sembra quella. Per dire, la prima cosa che ieri si leggeva in alto a sinistra era: “YouTube” (no, in realtà si leggeva “La cultura”, ma era un titoletto: e sotto il sottotitolo: “YouTube anni ’70”).

Dici: che c’è di male a parlare di internet? Non c’è niente di male, tanto più che effettivamente un sacco di cose ormai succede su internet. Il problema è l’ossessione. L’ossessione ti spinge a vedere anche cose che non succedono, su un internet che non c’è. Ieri su Repubblica, a pagina 3, si leggevano le seguenti, incredibili righe:

Il fortino di Casaleggio vanta il supporto di almeno dieci internauti capaci di un indice klout superiore a 75 (indice che valuta da 1 a 100 la capacità di influenza sui social network). Vuol dire che ciascuno di quei dieci “megafoni” è in grado di contattare, influenzare, condizionare almeno 100 mila persone, centomila elettori. Dunque un milione, giusto per capire di che numeri parliamo. E di quanto il virtuale stia acquisendo nel giro di poche settimane peso politico reale, si stia trasformando in consensi e in voti.

Non saprei neanche da dove iniziare. Ammetto di non essere andato a controllare chi siano i dieci internauti casaleggiani con un indice superiore a 75, dal momento che considero l’indice klout una simpatica scemenza, come tante su internet, che non misura certo il tuo grado di influenza – o meglio, qualche cosa la misurerà, per esempio se fai una grossa cazzata on line e tutti ne parlano, il tuo indice klut aumenta. Sarebbe interessante cercare di capire come funziona klout, che senso abbia klout, se valga la pena di misurare qualsiasi cosa con i parametri di klout, ma non ho tempo e vorrei che passasse un messaggio semplice: caro Carmelo Lopapa, chi ti ha detto che con 75 punti klout riesci a “contattare, influenzare, condizionare almeno 100mila persone” ti stava prendendo per il culo, ok? Ma di brutto. Non è che già che c’era ti ha venduto una certa fontana barocca a Roma, posizione centralissima, sei sicuro? In ogni caso, se ci fossero anche dieci persone in Italia in grado di influenzare 100mila persone scribacchiando cosine su internet, messe assieme non farebbero un milione. Non è così che funziona. È un po’ come dire che siccome in Italia siamo 60 milioni, e abbiamo tutti avuto un papà e una mamma, allora i nostri genitori erano 120 milioni. Non si fanno queste moltiplicazioni nelle scienze sociali. Casaleggio avrà pure i suoi influencer, e loro avranno pure qualche decina di migliaia di utenti nel loro parco buoi: però non hanno dieci parchi buoi diversi, ne hanno uno solo. Vale un milione di voti? Non so, non credo, d’altro canto su scala nazionale un milione di voti non è nemmeno un granché. Ma se davvero il fortino di Casaleggio ha questa potenza di fuoco, mi spieghi perché Grillo, che ha un’età, continua a fare campagna con la cosa meno virtuale e internettiana che esista, il suo corpo? Che bisogno c’era di farsi lo stretto a nuoto, e di comiziare piazza per piazza, il tutto per tirar su nemmeno 300.000 voti? Non poteva mandare avanti i suoi dieci uomini d’oro?

Ma chi è che continua a spacciare la bufala di Casaleggio eminenza dell’internet, giusto perché gestisce il blog di Beppe Grillo? Lopapa, ma lo sai che in questo momento Casaleggio e Grillo sono il principale ostacolo all’evoluzione internettistica del Movimento 5 Stelle, dove c’è un sacco di gente che vorrebbe passare a una piattaforma digitale più decente? Dai, a noi puoi dircelo, chi è che ti ha evangelizzato su Klout? Ahimè, il pezzo prosegue così:

Il deputato Pd Mario Adinolfi – tra i più attenti osservatori e frequentatori del web –

Ahi.

Nell’inserto culturale poi c’è una paginata di Deaglio dedicata interamente a un tumblr (davvero bello e interessante). In effetti potrebbe anche essere una novità assoluta, un momento storico, la prima volta che un tumblr va su Repubblica. Conta poco che dalle nostre parti ormai Tumblr sia percepito una cosa simpatica ma un po’ vecchiotta, diciamo, quasi modernariato. Su Repubblica ne parlano come di una nuova dimensione della fisica, qualcosa che non può nemmeno essere immaginato, per cui ogni espressione verbale deve rimanere nel vago, nell’approssimativo. “È una sorta di sito”, dice l’occhiello: chissà poi perché, una sorta. Deaglio in realtà riesce a definirlo con una certa precisione: “per intenderci, è una specie di blog, però fatto solo di immagini e di un breve testo”; dovendo definire il 90% dei tumblr che conosco, non sarei altrettanto sintetico e preciso. Mi rimane il dubbio che molti lettori di Repubblica nemmeno sappiano cosa sia un blog, e forse lo stesso dubbio deve avere assalito Deaglio o il titolista, che a un certo punto hanno deciso di farla più semplice e paragonare il tumblr a youTube. Perché? Non è chiaro, salvo che youtube lo sanno più o meno tutti cos’è. La paginata si intitola infatti METTI YOUTUBE NEGLI ANNI ’70, e forse è semplicemente un paraculissimo tentativo di attirare i lettori ventenni (youtube) e i cinquantenni (anni settanta!), un po’ come in Notte prima degli esami qualcuno ha pensato di mettere Vaporidis con Venditti e ha fatto il botto.

Il problema semmai sono quelli come me, che di fronte a un titolo così vanno in confusione e restano per cinque minuti a pensare: ma in che senso? Youtube? Negli anni Settanta? Ma c’è un sacco di ’70 su Youtube. O vuole dire un’altra cosa? Youtube+Settanta uguale a? Uguale a? Trovato! TecheTecheTe’! No, aspetta, parla di un tumblr. Ma ci sono dei video? No. E allora perché dice che è youtube se invece è un tumblr? Ecco, mentre un emisfero del cervello continua a farsi ‘ste domande cretine, l’altro sta leggendo un pezzo di Deaglio che sembra costruito con avanzi di testi di Battiato:

Anche se è solo un piccolo esperimento (per ora), si tratta della distruzione di vecchie categorie interpretative, della loro frantumazione e della loro riproposizione, come tante palline di mercurio, in un movimento non organizzato. Un vecchio brodo culturale, che se ne stava dimenticato in un’ampolla, ma che però costituiva il Sacro Testo della nostra interpretazione degli eventi, viene agitato e versato sulla tovaglia. Sporca, certo, come un blog o un primordiale YouTube; ma, proprio per questo, ti obbliga ad intervenire. Crea un caos, che necessita di risposte. Decostruisce, frantuma, è acefalo come solo può esserlo la cronaca, ma ha un grande dono. È storia, non solo vera, ma soprattutto viva. E se questa è un’operazione a posteriori aiuta però ad immaginare come ora leggiamo il presente, immersi in un collage di immagini, testi, video dove cronologia e causalità sono scomparse.

Anche qui, boh. Deaglio, non so bene come dirtelo, è un tumblr. Un tumblr molto superiore alla media, ma comunque è un tumblr. La cosa più normale del mondo, ormai. E comunque l’abitudine a postare schizzi randomizzati di brodo culturale del nostro passato recente esisteva prima di tumblr, è uno dei motivi per cui certi mattoidi aprivano siti nei preistorici anni Novanta. Dopodiché, l’emozione di trovarsi davanti lacerti di un passato condiviso, e la sorpresa di trovarli molto diversi dal passato conservato nei ricordi, è una cosa che capisco benissimo. Ma con tutto il rispetto, internet è piena di posti così; la cosa veramente nuova è che ne hai finalmente trovato uno, e magari ci hai passato una notte intera: benvenuto! Sei uno di noi!

In un vecchissimo romanzo Urania, L’occhio del purgatorio, un pittore soffriva di una sindrome che non gli consentiva più di vedere gli oggetti nel loro presente, ma solo in un futuro che accelerava sempre più: dopo qualche tempo vedeva solo scheletri al posto delle persone, solo macerie al posto delle case, eccetera. L’unico sistema per vedere le cose intorno a sé era scattare fotografie: le vedeva già invecchiate, ingiallite, ma erano le uniche immagini del presente che riusciva a percepire. Ecco, se compro Repubblica ormai ci trovo qualcosa del genere: mi parlano del mondo in cui vivo, un mondo in cui ci sono i social network, c’è youtube, ci sono anche i tumblr, insomma ci sono anch’io… ma tutto è stranamente ingiallito, virato seppia, come se Wells fosse arrivato qui con la sua Macchina del Tempo vittoriana, avesse scattato una foto, e dopo un secolo io vedessi la foto su un tumblr. Un futuro anteriore.

Berlusconi, blog, ho una teoria, Renzi, Twitter

Il nuovo sole in tasca

Sabato scorso ho assistito a una scena interessante: un intervento di Matteo Renzi accolto da centinaia di fischi. Ma credo valga la pena raccontare il contesto.

Ero alla Blogfest, un raduno di internauti che una volta scrivevano i blog e oggi stanno passando più o meno tutti a twitter, e che una volta all’anno si trovano a Riva del Garda per distribuirsi dei premi che a volte vinco anch’io, ma sempre più di rado. Quindi ci potrebbe stare un titolo del tipo “la blogosfera fischia Renzi”, e forse qualcuno l’ha già fatto, ma temo che nessuno abbia mai veramente capito cos’è questo accidenti di blogosfera. E comunque in generale non è vero che essa fischi Renzi: al contrario, la maggior parte di chi ha votato lo ha eletto il Miglior Politico su Twitter. Però a Riva non c’era tutta la blogosfera, o twittersfera, o come preferite. La maggior parte dei presenti alla premiazione avevano ottenuto una nomination, insomma erano in lizza per prendersi un premio. Ecco, i *nominati* hanno quasi tutti fischiato Renzi. Mi sembra che nessuno lo abbia applaudito, tranne me ma stavo facendo il cretino. Quindi: se nella blogosfera c’è un elettorato attivo e uno passivo, il primo stima Renzi abbastanza per eleggerlo Miglior Politico; il secondo non lo sopporta e comincia a fischiarlo appena parla. In realtà Renzi non c’era, aveva mandato un video per ringraziare. Il problema dei video è che durano troppo, la gente ha fretta di sapere chi ha vinto gli altri premi e poi vuole andare a ballare, Renzi poteva immaginarselo, ma deve essere dura per un politico accettare di avere soltanto venti secondi per esprimersi.

L’episodio non avrà ovviamente nessuna ripercussione sulla campagna di Renzi, che si muove su ben altri fronti. Credo che sia interessante perché mostra un fattore che forse anche lo staff di Renzi dovrebbe valutare: chiamiamola irritanza. I nominati di Riva, con un’età media intorno ai 37, non fischiavano Renzi per le sue parole (udibili solo nelle prime due file) ma per la sua faccia, il suo sorriso, quel po’ di timbro vocale che si riusciva a sentire, in breve per il suo Essere Renzi, che trovavano sommamente irritante. Credo che molti lettori dell’Unità, sopra e sotto i 37, capiranno quello che sto cercando di spiegare. C’è un tipo di umanità, non necessariamente vecchia, non per forza rottamabile, che Renzi non lo regge, già molto prima che Renzi cominci a dire qualcosa. Perché questo accade?

Onestamente non lo so (ma continuo a parlarne sull’Unita.it, H1t#147).

Matteo Renzi e l’«irritanza».

Ho delle ipotesi (lo scoutismo, la faccia di schiaffi, la toscanità), ma nessuna mi sembra soddisfacente. Non solo, ma mi sembra che gli aspetti che lo rendono irritante a un settore importante dell’elettorato di centrosinistra siano gli stessi che lo rendono simpatico agli altri. Sotto il dibattito sui programmi e sulle idee, a cui assistiamo un po’ svogliatamente (tanto alla fine l’agenda è quella di Monti), cova una lotta subliminale tra chi voterebbe Renzi perché è proprio simpatico, e chi non lo può fisicamente soffrire. Non è una questione anagrafica, e non è nemmeno una lotta tra sinistra e destra. Vi propongo un esperimento: andate su google immagini e cliccate Matteo Renzi. Io ogni tanto lo faccio, quando devo scegliere un’immagine da rubacchiare per il mio blog. Ecco, non riesco mai a trovare una faccia di Renzi che non mi sembri buffa. Questo mi fa arrabbiare, perché non ho mai amato le caricature, le considero la forma meno civile della comunicazione, e vorrei parlare dei contenuti di Renzi, non della sua faccia buffa.
Ma è un fatto che tutte le sue facce mi sembrano buffe. E allo stesso tempo, credo che molti non le considerino affatto buffe, ma gradevoli, simpatiche: e che apprezzino Renzi non solo per le cose che dice e che fa, ma anche perché le dice e le fa con quella faccia lì. C’è un solo personaggio che fino a qualche tempo fa riusciva a dividere gli italiani in due blocchi incomunicabili e l’un contro l’altro armati: di fronte alla stessa faccia un blocco vedeva il Grande Uomo, l’altro blocco un abominio ridicolo e osceno. Sappiamo tutti di chi si tratta, e io non voglio dire che Matteo Renzi ne sia la nuova versione. Anche se sulle labbra di parecchi dei suoi sostenitori non stonerebbero le parole di Alfano: vidi un uomo con il sole in tasca. Sono sicuro che Matteo Renzi, per tantissimi italiani, il sole in tasca ce l’ha davvero. Non è una questione semplicemente mediatica, perché alla fine Renzi non è quel bravissimo comunicatore che tutti danno per scontato: ma neanche Berlusconi lo era. Entrambi, per esempio, mostravano le corde in televisione: un luogo dove Berlusconi non andava spesso (ma perché ne parlo al passato?), e soltanto in territorio amico. Renzi non può ancora permetterselo, ma l’agone televisivo lo mette ancora in difficoltà. Non è lì che si sta costruendo la sua vera popolarità. I talk politici non servono a questo (e allora a che servono? Forse a niente).
Un’altra ipotesi è che Renzi, senza ovviamente volerlo, stia riempiendo un vuoto nel nostro immaginario: dopo vent’anni all’improvviso non abbiamo più una Faccia che ci divida e ci contrapponga. Dovremmo cominciare a occuparci dei problemi veri, e trovare soluzioni pratiche, ma è complicato, e mal che vada ci pensa Monti. Nel frattempo ci stiamo già mettendo istintivamente a cercare un’altra Faccia sorridente e abbronzata su cui litigare, raccontando a noi stessi che litighiamo intorno a delle idee. Può anche darsi. Alla fine non sono nemmeno sicuro che l’irritanza sia un problema per Renzi e il suo staff. Forse è l’altra faccia della medaglia: un leader può piacere a molti, ma non a tutti. Mi domando però perché nessuno debba mai piacere a me. http://leonardo.blogspot.com
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E le anatre di Riva, d’inverno?

Anche quest’anno alla fine riuscirò a essere a Riva del Garda per la Blogfest, che comincia oggi. Io a dire il vero fino a sabato pomeriggio non ci sarò, poi magari mi troverò al lido (quel semicerchio che vedete nella foto) a bere qualcosa con gente che non vedo da mesi o anni e magari abita dietro casa mia, ma per qualche perverso motivo è più facile incontrare a Riva del Garda. Alle nove andrò alla premiazione nella Rocca tifando vari blog, tra cui il mio, che concorre per Miglior Sito, ma tanto vincerà Spinoza e io applaudirò. Alle undici andrò a consolarmi alla Spiaggia degli Olivi dove Fabio De Luca mette su i dischi, ma non ballerò perché ormai sono patetico, a meno che non veda molta gente patetica almeno quanto me: il tipo di gente che ormai trovo solo alla Blogfest, e vi amo. Comunque non farò molto tardi.
Il mattino dopo alle 11 c’è il writecamp: dovrei parlare una manciata di minuti e presentare La Scossa, il libro di cui forse avete già sentito parlare. Ma in generale il writecamp vale la pena. Poi andremo tutti a mangiare i canederli o come si chiamano.
In tutti gli altri momenti potrei essere un po’ dappertutto, ma più facilmente a osservare le anatre nel fossato della Rocca, o dall’altalena che è lì nei pressi, se non sbaglio (se hanno tolto l’altalena, quest’anno è veramente un grosso problema).

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Contro Spinoza vota dinosauro


Miglior sito
Questo è il pezzo in cui come tutti gli anni ringrazio i visitatori così gentili da avermi voluto candidare ai Macchianera Awards, quelli che si consegnano a Riva del Garda sabato 29 settembre durante la Blogfest. Benché le possibilità di vincere qualcosa siano sempre più esigue, io a Riva cerco di esserci; domenica 30 forse riesco anche a presentare il famoso ebook.

Questo è insomma il solito pezzo, però il 2012 non è stato il solito anno; è stato piuttosto particolare e in alcuni momenti piuttosto difficile. Tra alti e bassi ne ha sofferto anche il sito, che in certi momenti è diventato il semplice segnalibro di quello che stavo scrivendo altrove. Il fatto che in mezzo a tutto quello che succede qualcuno si ostini ancora a votare per me è il segno di una considerazione e di un affetto che non sono sempre sicuro di meritarmi. Nel dubbio, comunque, votate per me! Non mi offendo, sul serio.

Una sfida sul filo di lana

Anche perché, ehi, nessuno se n’è accorto, ma io l’anno scorso sono arrivato secondo nientemeno che nella categoria “miglior sito”, per dare finalmente il benservito a Spinoza mi sarebbero bastati altri seimila voti, bruscolini. Quest’anno potrebbe essere la volta buona: se invece di disperdere i vostri voti volete semplicemente abbattere Spinoza, il cavallo più quotato resto io, pensateci. Non fatelo per me. Fatelo perché vi siete rotti i coglioni di vedere Bonino e Stark sulla pedana dei premiati, dai, si sono rotti i coglioni anche loro, non sanno più che faccia fare, che cosa dire, abbiatene pietà, votate Leonardo! Un sito senza battute, pensate, nel 2012 è possibile! Ok ci ho provato.

Di solito a questo punto metto la soporifera lista di consigli di voto (una pratica ai limiti del regolamento), ma il solerte Many mi ha preceduto anche in questo, risparmiandomi/vi un sacco di tempo. Quest’anno finalmente non è più necessario votare tutte le categorie (e meno male, ce n’è di assurde) ma solo venti. In un anno in cui non ho aggiunto né un feed né un bookmark, l’unica novità che mi sento di segnalare è, nella categoria miglior Blog televisivo, Glenville, il blog di Gregorio Paolini; che parla di tv, sì, come tanti altri, ma a differenza di tutti gli altri lo fa da operatore del settore, in una prospettiva professionale, che è quella che in generale mi piace di più. Mi sembra di aver sempre preferito i blogger che parlavano del loro mestiere, e mi sembra che ce ne siano sempre stati tragicamente pochi. Ultimamente poi siamo pochi in generale – non provate anche voi questa sensazione?

Questa Blogfest potrebbe anche essere l’ultima volta a chiamarsi così; la B di blog è già uscita dalla sigla dei premi, che adesso si chiamano MIA (fino all’anno scorso MBA), e riguardano sempre meno la blogosfera e sempre più internet in generale – ma a chi la racconto. No, è che adesso tira twitter, ha da passare anche questa nottata (a me poi sembra che twitter sia l’eterno secondo, è una vita che ci prova ma non ce la fa veramente mai, ma certamente mi sbaglio). Insomma io a Riva ci vado anche a fare il dinosauro, già l’anno scorso una ragazzina sul lungomare mi vide cercare il tasto canc su un macbook e mi chiese Ma tu perché sei qui, e io: gareggio per il miglior sito, e lei: no, vabbe’, adesso seriamente. Ecco, sono momenti che ti aiutano a mettere tutto nella giusta prospettiva. Grazie a tutti ancora, e ci si vede a Riva (oppure altrove).