castrazione, racconti

Castrarli non basta

“Buongiorno, io sono Battista. Ti avranno già parlato di me”.
“Beh, sì”.
“Quindi sai cosa ti farò”.
“Sì, certo”.
“Ora, un consiglio: muoviti il meno possibile. Meno ti muovi, e prima facciamo. Immagino che tu abbia fretta, no?”
“Beh, prima finiamo e meglio è”.
“Ecco, appunto. Siedi qui. No, non appoggiare subito la testa, aspetta, devo mettere l’asciugamano”.
“Scusi”.
“Niente. Ora, se hai un attimo di pazienza, il signore qui di fianco deve leggerti la sentenza”.

In nome del popolo italiano, la Corte di assise di appello di Terni alla pubblica udienza del 15/03/2019 (rito accelerato) ha pronunciato la seguente sentenza: visti gli art. 5391, 5423, 5922, 6051 c.p.p., dichiara Gheorganu Vladimir colpevole dell’omicidio di Cavatella Cristina e, concesse le attenuanti generiche, ritenute equivalenti alla circostanza aggravante della premeditazione, condanna il predetto imputato alla decapitazione capillizia.


La decapitazione capillizia

“Ti chiami Gheorganu, ho sentito. Rumeno?”
“Moldavo”.
“Ma pensa. Io ho una suocera dei Carpazi. Sta’ fermo”.
“Scusi. Io comunque sono di Kishinev, la capitale”.
“E che ci sei venuto a fare a Terni, ad ammazzare le zitelle…”
“Io in realtà sarei innocente”.
“Sì, sì, dicono tutti così. E allora com’è che hai confessato?”
“Ma io veramente avevo semplicemente chiesto ai carabinieri di tenermi in custodia, perché temevo che la folla mi linciasse”.
“Perché, i carabinieri invece…”
“Sì, ma avevo sempre sentito dire che picchiano di meno, cioè, di solito non ti ammazzano. Anzi, se sei fortunato trovi dei professionisti che stanno anche attenti a non lasciarti i segni”.
“Non è il tuo caso, mi pare”.
“No, in effetti no. Il punto è che questo brigadiere, o maresciallo, che ne so… lui insisteva: noi ti proteggiamo, tu però confessa. E io continuavo a dir di no, insomma, mi ha dovuto spaccare il naso”.
“Sei un tipo testardo”.
“Poi sono riuscito anche a sentire l’avvocato, e lui m’ha detto confessa, cosa aspetti? Sei quello che ha trovato il corpo, sei il vicino di casa e sei pure moldavo, tanto vale che confessi e non ne parliamo più”.
“Complimenti all’avvocato”.
“Davvero. È stato sempre lui a consigliarmi il rito accelerato… diceva che più passa il tempo, più si rischia che salti fuori qualche imprevisto, e così… dopo tre giorni eccomi qui”.
“La giustizia italiana è una delle più rapide al mondo”.
“Sì, però non l’ho uccisa io la Cavatelli”.
“E di che ti lamenti? Cinque anni fa saresti stato lapidato sulla pubblica piazza. Dieci anni fa saresti marcito in una cella in attesa di giudizio, con carabinieri e polizia là fuori a dannarsi per inventarsi prove a tuo carico. Oggi sei qui, ti fai una chiacchierata con me, e tra mezz’ora è tutto finito. Ti lamenti pure?”
“È che questa cosa della decapitazione, veramente, io…”
“Lo so, agli stranieri sembra strana. Eppure c’è un motivo per cui l’applichiamo, e il motivo è che funziona. Vedi, tu non hai l’idea di come fosse l’Italia dieci anni fa…”
“Mah, da quel che ho capito era un Paese insicuro, percorso da bande che uccidevano e stupravano gli innocenti”.
“Sì, più o meno questa è l’idea che passava su tv e internet, e soprattutto sui giornali, a quel tempo c’erano ancora i giornali. Ma la realtà era un po’ diversa”.
“Ah sì?”
“Non che fosse il Paese più sicuro e ordinato del mondo, questo proprio no. Alcune regioni erano governate direttamente dalla malavita organizzata, per esempio. Ma furti e omicidi non erano affatto all’ordine del giorno, anzi, stavano diminuendo”.
“E allora perché in tv…”
“Una storia lunga. Devi sapere che a quel tempo l’Italia era governata da un Presidente ricchissimo che aveva preso il potere comprandosi tv e giornali, e insistendo molto sull’emergenza criminalità. Per anni i giornalisti si erano abituati a scrivere di cronaca nera, finché i lettori non si erano convinti di vivere in un Paese travolto dalla microcriminalità. A quel punto ormai il Presidente era riuscito a farsi nominare presidente a vita, e non aveva più bisogno di tutta questa cronaca nera sui giornali. Anzi, cominciava a risultargli controproducente, perché alcuni iniziavano a domandarsi come mai venissero tagliati i fondi alle forze dell’ordine, e le volanti della polizia restassero ferme perché non avevano soldi per la benzina, eccetera”.
“Beh, poteva ordinare ai giornalisti di non parlare più di cronaca”.
“Ci provò, ma quelli ormai non erano in grado di obbedire. Erano cresciuti a cronaca nera, e se gliela toglievi, non sapevano più di cosa scrivere, si mettevano a caricare i video buffi da youtube. Nel frattempo c’era sempre qualche politico rivale o alleato del Presidente, che tentava di cavalcare le stesse ondate periodiche di criminalità che avevano portato il Presidente al potere. La cosa cominciava a essere rischiosa, tanto che il Presidente si ridusse a chiedere ai suoi colleghi all’estero: Sentite, io ho questo problema con l’ondata di stupri. I giornalisti si sono fissati con gli stupri e adesso mettono qualsiasi vecchietta o ragazza ubriaca in prima pagina. Voi in questa situazione cosa fareste?
“Ma quest’ondata c’era davvero?”
“Statisticamente no, ma la gente non sa che farsene delle statistiche. La gente va con chi abbaia più forte, in Italia come in Europa, e infatti qualche eurocollega spiegò al Presidente: Nel nostro Paese c’erano già quelli che chiedevano la castrazione in piazza, e abbiamo risolto inventando una cosa che si chiama castrazione chimica. Il Presidente all’inizio era sbigottito; l’espressione “castrazione chimica” gli suggeriva l’immagine di testicoli sciolti nell’acido, ma l’eurocollega gli assicurò che non era niente di tutto questo: si trattava di una semplice cura ormonale. Una pillolina che faceva calare il testosterone”.
“E chi la prendeva, poi…”
“Sì, presumo che non gli si rizzasse più”.
“Ma se smetteva di prenderla?”
“Oplà! Tutto come prima”.
“Scusi, io sono un moldavo, e malgrado sia laureato in Lingua e Letteratura Italiana e stia seguendo un corso di specializzazione sulla novellistica trecentesca, certe sfumature della vostra bella lingua ancora mi sfuggono”.
“No, mi sembra che parli meglio di molti nativi”.
“Sì, ma per esempio, il termine castrazione… l’ho sempre associato a… come dire, un taglio netto. Qualcosa che non si rimargina”.
“Quella era la castrazione chirurgica. Irreversibile. Invece la castrazione chimica è reversibile quanto vuoi”.
“Confesso che non lo sapevo”.
“Sì, è una cosa che si preferisce non dire molto in giro”.
“E quindi, tutti quei maniaci sessuali che hanno scelto il rito accelerato e sono stati castrati chimicamente e rimessi in libertà…”
“Hanno tutti l’obbligo di prendere la pillolina”.
“Se se smettono di prenderla?”
“Oplà, maniaci come prima”.
“Ma questo è assurdo”.
“No, non è affatto assurdo. Non ti muovere, o finisce che ti faccio male”.
“Scusi. Però deve ammettere che la castrazione chimica non è una soluzione…”.
“… se il tuo obiettivo è diminuire gli stupri”.
“E non lo è?”
“No, dal momento che non esisteva nessuna ondata di stupri. Era solo un fenomeno mediatico, e quindi bisognava rispondere sul piano mediatico. Il vero obiettivo era tranquillizzare le persone, dire: ok, abbiamo un problema, lo stiamo risolvendo nel modo più severo possibile. Sarebbe stato perfettamente inutile tagliare i testicoli ai maniaci, dal momento che gran parte di loro è violenta con o senza i testicoli. Ma andare in tv e dire: Castriamo i maniaci, questo sì, questo funziona, questo tranquillizza. Cominci a capire?”
“Ahi!”
“Scusa, stavolta è colpa mia. Ti disinfetto”.
“Va bene, e quindi avete cominciato a castrare chimicamente le persone. E poi?”
“E poi, quando abbiamo visto che la cosa funzionava, che i giornalisti si calmavano, che perfino qualche stupratore seriale, un po’ impaurito, diradava la sua attività, abbiamo pensato di estendere lo stesso principio. Ad esempio, dopo l’ondata stupri ci fu l’ondata scippi. Qualcuno cominciò a chiedere di ripristinare un editto di millecinquecento anni prima, che avrebbe consentito di tagliare le mani ai ladri. Il Presidente colse la palla al balzo e lanciò la Legge del Taglione Ungulare”.
“Ne ho sentito parlare. Se rubi una borsa ti tagliano le dita, credo”.
“Nooo, macché. Le unghie. Ungulare sta per unghie”.
“Già, avrei dovuto capirlo”.
“I risultati superarono ogni più rosea aspettativa”.
“Gli scippi diminuirono?”
“Chi lo sa? Credo che avessimo perfino smesso di contarli. Il problema non è più la criminalità, ma la criminalità percepita, capisci? Se leggi sul giornale che hanno scippato una vecchietta nel tuo quartiere, percepisci una gran microcriminalità intorno a te. Ma se sullo stesso giornale leggi a caratteri cubitali: LEGGE DEL TAGLIONE PER I LADRI, la tua percezione migliora di colpo”.
“Ma avranno pur dovuto scrivere UNGULARE”.
“Sì, ma più in piccolo. E la gente ormai leggeva solo i titoli. Hai capito adesso?”
“Sì, adesso sì”.
“E allora, vuoi stare un po’ fermo? Rasare la cute è meno facile di quel che si pensi, specie con le orecchie che ti trovi”.
“Dunque io sono stato giudicato colpevole di omicidio premeditato e condannato alla decapitazione capillizia per dimostrare alla gente che la giustizia è rapida e sommaria, e non per vendicare la povera Cristina”.
“La vendetta è roba da cafoni, da guappi, noi siamo una postdemocrazia sofisticata. E pensa che c’è chi accusa di essere dei barbari. È l’esatto contrario. C’è gente che ti tortura e lo chiama “interrogatorio”, ma noi, noi ti tagliamo i capelli e la chiamiamo “decapitazione”, ti diamo una pillolina e la chiamiamo “castrazione”: questa è la civiltà. Mascherata da barbarie, ma è pur sempre civiltà”.
“Ma quello che non ho capito è… mettiamo che sia stato io. Mettiamo che io abbia suonato il campanello della Signorina Cavatelli per chiederle se aveva un po’ di sale, ché non mi ero accorto di averlo finito”.
“Tutto questo non ci interessa più. Io non sono il giudice, sono il boia”.
“Mettiamo che lei abbia pervicacemente negato di avere il sale in casa, e che la sua ostinazione nel confermare questa ridicola bugia mi abbia reso folle di rabbia. Mettiamo che io abbia vissuto in pochi attimi tutta la frustrazione di uno studente straniero in una città lontana in cui nessuno gli rivolge la parola, nessuno si fida di lui, al punto che nessuno è disposto a prestargli nemmeno la cosa più necessaria e meno cara al mondo, nemmeno il sale. E mettiamo che insomma io abbia visto le mie mani alzarsi sul suo collo e strangolarla. Mettiamo che sia successo…”
“Non è così importante”.
“…da oggi sono libero. Pelato, ma libero. Un assassino calvo in libertà. Questa è la vostra giustizia?”
“Cosa vuoi che ti dica. Molti assassini erano in libertà anche prima. Nessuna giustizia è perfetta, la nostra almeno rassicura qualche cittadino in più… e poi, chissà, al mondo c’è bisogno di tutti; guarda me, quando ci fu la crisi il mondo sembrava non aver più bisogno di così tanti parrucchieri per signore, e invece eccomi qui, faccio il boia”.
“Ma questo cosa c’entra”.
“Se il mondo aveva bisogno persino di me, può darsi che gli sia utile anche qualche assassino in libertà. Metti che qualcuno voglia di nuovo vincere le elezioni, metti che gli serva un’altra emergenza criminalità… qualche stupratore e assassino in giro devi pur tenerlo. Ecco, ho finito. Se vuoi un consiglio, i primi giorni mettiti un berretto. Rischi di prenderti un accidente”.
“Grazie”.
“Dovere. L’uscita è in fondo a destra”.
“Senti… io dovrei prendere un autobus, ma mi hanno sequestrato tutto quanto. Non hai un euro, per caso”.
“Mi dispiace, come vedi non ho niente in tasca. Anzi non ho proprio le taschhhcxcccc”.

Ultim’ora
Vlad Gheorganu, il reo confesso dell’omicidio di Cristina Cavatelli, che proprio stamattina doveva essere sottoposto a decapitazione capillizia, è fuggito dal carcere di massima sicurezza di Terni dopo aver tranciato la gola del boia con un rasoio. Mentre il panico si diffonde in città, il Ministro degli Interni rassicura la popolazione: “Casi del genere, sempre più frequenti, dimostrano l’esigenza di severe misure di controllo della criminalità. Del resto era già mia intenzione presentare nei prossimi giorni un progetto di legge che preveda IL ROGO PER GLI ASSASSINI in effigie”.

(Una spiegazione qui).

Berlusconi, castrazione, Pd, tormentoni

Catone in segreteria

Caro futuro Segretario del PD,

che tu sia verde o rosso, bianco o nero, Diesse o Margherita, maschio o femmina, o altro, c’è un solo consiglio che mi sento di darti.
Qualsiasi saranno le cause su cui ti spenderai (ecco, magari non spenderti più di tanto contro i rincari a Sky), qualsiasi saranno le parole che sceglierai di usare, io ti propongo semplicemente di terminare con un ritornello semplice e riconoscibile. Come Marco Porcio Catone, te lo ricordi quando al ginnasio si tirava fuori Marco Porcio Catone? le matte risate.

Va bene, caro futuro Segretario del PD, che tu abbia fatto il ginnasio o no; Marco Porcio Catone era quel vecchio senatore Romano col pallino di Cartagine. Che era già stata sconfitta non in una, ma in ben due Guerre Puniche; umiliata e sottomessa. Ma questo non era abbastanza per Marco Porcio Catone. Lui sapeva che per quanto la si potesse umiliare e sottomettere, Cartagine era lì, al centro del Mediterraneo, in una posizione strategica per il traffico marittimo. E quindi sarebbe tornata grande prima o poi. Sicché c’era soltanto una cosa da fare se si aveva a cuore il futuro di Roma: distruggere Cartagine.
I colleghi senatori lo prendevano per matto e rimbambito; e in effetti lo era; ma lui non demordeva e di qualsiasi cosa parlasse in aula terminava sempre con lo stesso ritornello: bisogna distruggere Cartagine. Sul serio, peccato non avere i resoconti stenografici:

FLACCO: “Chiedo al Senatore di avviarsi alla conclusione, grazie”.
CATONE: “Certo. E quindi, senatori, terminando il mio intervento sull’esigenza di migliorare la viabilità sulla Via Salaria, vi rammento che occorre distruggere Cartagine”.

Se poi non ti ricordi come andò a finire, caro futuro Segretario del PD, non c’è problema, te lo rammento io: dai e dai, alla fine il vecchio Catone li convinse. Trovarono un pretesto, fecero una terza guerra punica, distrussero Cartagine e sulle rovine sparsero il sale. Potenza dei ritornelli.

E quindi, caro futuro Segretario: quando t’inquadreranno e ti chiederanno di dire la tua sugli stupri, la criminalità, la crisi dei consumi, degli impieghi, dei parcheggi, la mafia, la camorra, i rifiuti, i malati terminali, gli atei, i gay, Sanremo, la commissione vigilanza, gli stupri… tu di’ quello che devi dire, Futuro Segretario, e non aver paura di essere franco e sincero. Però cerca di mantenere l’attenzione fino alla fine, e alla fine piazza una frase che sarà sempre la stessa, la tua Delenda Carthago, e potrebbe suonare così: chi ha corrotto David Mills?

Per farti degli esempi:
“Segretario del PD, La Russa propone la castrazione chimica per gli stupratori, lei cosa ne pensa?”
“Per castrazione chimica s’intende una cura ormonale temporanea che di solito si scambia con uno sconto di pena, e che aumenta l’aggressività dei pazienti. Solo a La Russa potrebbe venire in mente di aumentare l’aggressività dei maniaci sessuali, magari facendoli uscire di galera un po’ prima. Propongo una cura a base di sviluppina per il nostro Ministro della difesa, e nel frattempo mi domando: chi ha corrotto David Mills?”

“Segretario del PD, le è piaciuta la canzone di Povia?”
“Mah, la melodia mi sembra di averla già sentita… quanto al testo, è la storia di una persona che a un certo punto cambia il suo orientamento sessuale. Spero che in Italia si continui a garantire il diritto degli individui a interrogarsi sulla propria identità sessuale, e a cambiarla, e già che ci sono mi domando: chi ha corrotto David Mills?”

Rideranno di te? Lasciali ridere. Ma non dar loro respiro. Questa domanda dev’essere la prima cosa che si ricordano al mattino. L’ultima cosa che si ripetono alla sera. Deve echeggiare nei loro sogni: chi ha corrotto David Mills? Finché un giorno, in un attimo di debolezza, proveranno a risponderti. Ma tu sai, ma noi sappiamo, che nessuna risposta li renderà liberi.

“Segretario del PD, come andranno le Europee?”
“Forse perderemo. Nel qual caso per Bruxelles partiranno altri allegri aeroplani imbottiti di leghisti che non capiscono l’inglese che i loro figli imparano all’asilo. Se è un modo per liberarsi dagli incapaci, pazienza. Ehi, a proposito, who corrupted David Mills?”

Che tu sia come quella canzone che al primo ascolto sai, che non potrai liberartene senza fartela piacere.

castrazione, corpo, Pasolini, pedofilie

la pistola sbagliata

La castrazione linguistica

Sarkozy dice che non dobbiamo avere paura a parlarne, e allora coraggio, parliamone: se scrivo la parola castrazione, qual è la prima cosa che vi viene in mente?

A me, le forbici. O un coltello. O una tenaglia da norcino. Senza insistere oltre, insomma, nel mio vocabolario interiore “castrazione” è una parola irrevocabilmente associata a un concetto chiaro: mutilazione. Mi conforta in questo anche il De Mauro Paravia: castrare significa “asportare o far atrofizzare gli organi della riproduzione di un animale”. Asportati o atrofizzati che siano, si dà per scontato che quegli organi siano irrecuperabili. Anche l’accostamento immediato con “chimica”, una bella parola moderna, asettica, non cambia molto il risultato; una mutilazione è una mutilazione anche se al posto della lama di coltello è praticata mediante capsule colorate. Sempre legge del taglione è, e la legge del taglione la pensavo abolita, non già grazie a Beccaria, ma addirittura da Rotari re dei Longobardi. E la discussione potrebbe finire qui: grazie Monsieur le President, ma l’alto medioevo non c’interessa, neanche nella versione chimica. A questo punto di solito interviene qualcuno con l’argomento “il medioevo non ti piace perché non hanno ancora toccato i tuoi bambini”, e la discussione prosegue all’infinito, senza peraltro offrire più nessuno spunto di interesse.

Perché in realtà non stiamo parlando di niente. La “castrazione chimica” proposta da Sarkozy, sperimentata in qualche Paese europeo, e praticata allegramente in qualche Stato Usa nell’imbarazzo di giuristi e medici, non è una misura definitiva. Quindi, a rigor logico e linguistico, non è una castrazione. La cosa funziona così: se il colpevole di reati a sfondo sessuale è recidivo (e spesso purtroppo lo è), il giudice, sovrapponendosi bizzarramente al medico, gli commina una “cura” di ormoni che lo rende sessualmente impotente. Finché prende gli ormoni: se smette, in teoria potrebbe tornare sessualmente attivo. In teoria. I medici si lamentano che la cura abbia effetti collaterali, questi sì, definitivi. Ma facciamo finta che della salute di un maniaco sessuale non c’interessi nulla, facciamo finta che una giuria moderna possa considerare un cancro come parte della pena. Poniamoci un solo problema: la cosiddetta castrazione è efficace o no?

Un maniaco sessuale è una persona sessualmente frustrata. Renderlo impotente significa renderlo ancora più frustrato (peraltro alcuni maniaci sessuali sono già impotenti). Magari qualche volta funzionerà, ma in altri casi rischia di essere controproducente: d’altronde, siccome in tutto il continente i castrati chimici non superano ancora il centinaio, è un po’ presto per le conclusioni statistiche. In America, dove ne hanno castrati un po’ di più, hanno notato che la castrazione chimica “rende il soggetto più aggressivo”. Rendere un maniaco sessuale più aggressivo non mi sembra un buon risultato, anche alla luce di un semplice fatto: il pene non è mai l’unica arma a disposizione. Da solo un pene può fare ben poco: per commettere violenza ha sempre bisogno di un supporto: pugni, calci, coltelli, pistole. Atrofizzare un pene e lasciare le pistole a portata d’armeria mi sembra un’ipocrisia enorme. Questo è il motivo per cui sarei contrario alla castrazione chimica… se fosse una cosa seria. Ma non lo è. Semplicemente non lo è.

La castrazione chimica è una cosa che non esiste. È un nome feroce, che evoca lame arrugginite e barbare mutilazioni, appioppato a una banale cura ormonale senza effetti definitivi. Come andare dal barbiere a “decapitarsi” barba e capelli. O dal dentista affinché ci “amputi” un dente cariato. Allo stesso modo, da qualche anno in alcuni Paese europei (sicuramente Germania o Svezia) il condannato per reati sessuali può chiedere di essere “castrato” chimicamente per usufruire di uno sconto di pena. È chiaro? In cambio di un po’ di pilloline tornano fuori prima. E una volta fuori, chi di voi madri e padri premurosi sarà in grado di accertare che il maniaco continui ad assumere la pillolina?

Aveva ragione Orwell: chi controlla il significato delle parole, controlla il Potere. Allo stesso tempo aveva torto: lui pensava che il Potere avrebbe chiamato “libertà” la dittatura, “amore” le torture; per ora le cose vanno in modo diverso. C’è in circolazione una cura (per la verità ancora non molto sicura), per i maniaci sessuali, e il Potere decide di chiamarla “castrazione”, per darsi un tono. Sarkozy non è un boia che si atteggia a damerino, ma l’esatto contrario. Per rimanere popolare deve fare il gradasso. Certo, se proponesse ai francesi la libertà anticipata ai pedofili in cambio di una cura ormonale senza effetti definitivi, sarebbe sommerso di fischi. Ma è proprio quello che sta facendo: salvo che la cura ormonale ha questo nome formidabile, “castration chimique”. Senti che suono che fa, senti come ti riempie la bocca. E tanto meglio se nel frattempo ti svuota anche le galere, con quel che costa un carcerato.

E funziona? Dipende dai punti di vista. Probabilmente non salva nessun bambino dalle insidie dei pedofili, anzi. Ma come arma mediatica è fenomenale: vuoi mettere quant’è liberatorio e popolare poter affacciarsi al balcone e gridare “castration chimique”, ogni volta che un bambino ci va di mezzo? Tanto più che se si trovasse qualcosa di realmente efficace contro la pedofilia, il mondo si svuoterebbe di bambini abusati e genitori impauriti, e a quel punto gridare al balcone non servirebbe più, bisognerebbe inventarsi qualcos’altro. Ma finché c’è un problema vero, e uno slogan efficace, non c’è nessuna necessità di risolvere il problema. No, neanche quello dei vostri bambini, mi spiace.

Forse allora aveva ragione Pasolini, in una sequenza di quel film orribile. Perché mai il Potere dovrebbe mutilare realmente le sue vittime, quando può mettere in scena la mutilazione all’infinito? “Imbecille, non lo sai che vorremmo ucciderti mille volte fino all’infinità possibile prima di ucciderti per davvero?”