Cloud Atlas (Andy e Lana Wachowski, Tom Tykwer, 2011).
Hugo Weaving, avete presente? No. L’agente Smith, il cattivo di Matrix, precisamente, ecco, non è stato formattato, ma ha infettato la memoria fissa di quattro secoli. È diventato un negriero sudista nell’Ottocento, ma anche un killer californiano negli anni Settanta, e una sadica infermiera in un ospizio scozzese nel 2012. Condanna a morte i cloni che a NeoSeul, nel 2144, non vogliono più servire ai tavoli
Siamo nei mari del sud. Ma anche a Edimburgo nel 1936. Halle Berry, nel 1973, sta lavorando a un’inchiesta su una centrale nucleare malfunzionante, e invece dell’ingegnere Jack Lemmon incontra l’ingegnere Tom Hanks che però muore in circostanze misteriose ma è in circolazione 40 anni dopo sotto forma di scrittore burino che lancia i critici dai grattacieli. Siamo a Neo Seul nel 2144, i cloni servono ai tavoli. Siamo alle Hawaii, in un futuro alla Mad Max ma sempre con Tom Hanks e Halle Berry, quanto mi mancavano quelle preistorie all’ombra di rottami tecnologici, perché non ne fanno più? Perché non ne fanno di più? Siamo di nuovo nel 2012, e prima di andare a vedere Cloud Atlas dobbiamo verificare di avere tre ore e di essere gli spettatori adatti. Altrimenti rischiamo di addormentarci o innervosirci molto, e scrivere recensioni che ci sarebbe da buttarci dai grattacieli. Amare i film di fantascienza o d’azione non è una garanzia: metà del film non è ambientato nel futuro, non ci sono sparatorie ma compositori omosessuali disperati, pensionati in fuga dall’ospizio, ciurme ubriache. Io credo comunque di aver messo a punto il test ideale per Capire Se Sei Lo Spettatore Adatto. Una sola domanda, semplicissima, di quattro lettere: Lost?
No, sul serio, se ti dico Lost, come reagisci? Non ti piaceva, non lo hai mai visto? Lascia perdere Cloud Atlas. Ti piaceva finché non è diventato una baracconata? Lascia perdere Cloud Atlas. Ti è piaciuto quasi fino alla fine, ti sei bevuto con piacere anche le puntate ambientate nel Seicento o in Mesopotamia, non hai cambiato canale neanche quando personaggi invisibili hanno ordinato di spostare l’isola di qua e di là nel tempo e nello spazio? e mentre lo guardavi imploravi dio, ma più spesso gli sceneggiatori, di dare un ordine, un filo, un senso a ogni cosa? Forse sei lo spettatore adatto a Cloud Atlas. Non dico che ti piacerà come Lost – è troppo breve per dare quella forma di dipendenza – ma non ti deluderà nemmeno come le ultimissime puntate di Lost, quelle in cui gli sceneggiatori gridano: “Guardate i personaggi!” e intanto scappano con la grana. Per quanto ambizioso, con la sua struttura a sei piani, e non sempre definito nei dettagli, L’Atlante delle Nuvole non lascia alla fine quel senso dolciastro di fregatura. Un senso ce l’ha, una direzione dove andare a parare era prevista.
In certi momenti guardare Cloud Atlas è come sfogliare in piedi un fumetto in libreria (continua su +eventi).