Steve Jobs (Danny Boyle, ma soprattutto l’ha scritto Aaron Sorkin, 2015).
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Abbiamo mezz’ora e il copione, pardon, intendevo il software, è tutto da riscrivere. |
Se fosse nato nel Quattrocento, avrebbe fatto l’artista. Avrebbe fatto impazzire tutti i committenti progettando per anni una statua equestre costosissima e irrealizzabile, i cui bozzetti però sarebbero ancora nei musei. Se fosse nato negli anni Quaranta avrebbe formato la sua band – senza saper suonare uno strumento e litigando con tutti i colleghi, ma creando una nuova dimensione musicale fatta di tante cose rubacchiate in giro. Se fosse nato negli anni Cinquanta e si fosse trovato nella Silicon Valley al momento giusto, si sarebbe improvvisato inventore di computer costosi che funzionano benissimo finché non li colleghi a nient’altro. Se invece fosse nato nei Sessanta avrebbe potuto scrivere per il cinema e la tv, costringendo i registi a inventare uno stile tutto per lui e rifiutando di riconoscere i contributi dei colleghi – finché non avrebbe litigato col network, licenziandosi o facendosi licenziare, e meditando immaginosi piani di vendetta.
Questo è Aaron Sorkin, acclamato drammaturgo e sceneggiatore di The West Wing, The Social Network e… no, scusate, questo è Steve Jobs. Ma è anche un po’ Sorkin, che ha preso l’immensa biografia di Jobs e ne ha ricavato qualcosa di assolutamente personale e incompatibile con qualsiasi altro film nelle sale; un dramma in tre atti, ambientato nei backstage di tre teatri diversi. Sono pochi i film che ti fanno pensare: chissà come renderebbe su un palco. Steve Jobs sembra pensato apposta per una messa in scena alla vecchia maniera sperimentale: niente sipario, gli attori cominciano a parlare di quello che deve andare in scena, e lo spettacolo consiste in questo. Lo stesso regista Danny Boyle, un po’ meno frastornante del solito, sembra aver fatto qualche passo indietro di fronte all’evidenza: Steve Jobs è una questione privata tra Aaron Sorkin e il suo (alter)ego.
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Lisa questo è Mac, Mac questa è la tua sorellina, ora disegnate un po’ coi pennarelli e non rompete le palle a papà. |
Steve Jobs non è il primo film biografico che taglia fuori gran parte della vita del suo personaggio per concentrarsi soltanto su pochi episodi; è l’evoluzione estrema di una tendenza che a Hollywood negli ultimi dieci anni ha dato soddisfazioni sia a chi vende i biglietti che a chi li compra. Ma di tutto quello che poteva scegliere di raccontare, Sorkin ha scelto con cura proprio quei momenti in cui il manager geniale potrebbe essere l’autore di un dramma che sta per andare in scena: i cancelli stanno per aprirsi, il pubblico per entrare, ma dietro le quinte c’è qualcosa che non va, c’è sempre qualcosa che va risolto all’ultimo momento. Un dialogo da cambiare, un dipendente mediocre da torchiare, un collega che vuol essere ringraziato quando sai che non se lo merita, i parenti con le loro beghe da parenti. Sorkin non è Steve Jobs, ma Steve Jobs è il Ritratto dello Sceneggiatore nei panni del Genio del Computer (continua su +eventi!)
Mentre lo guardavo ho pensato a Birdman per tutto il tempo, come quando si pensa ad una ragazza più bella
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non c'entra niente, ma un paio di giorni fa ho visto still alice e solo dopo ho riletto la tua recensione e boh… mi sa che eravamo d'accordo su tutto
lo dico così, per ragioni statistiche, sei diventato il mio riferimento principale per i film, mò vedi te se è il caso di smettere
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Ho scritto una recensione di Still Alice?
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molto spiritoso… attento a te, nel film dicevano che quella forma di alzheimer peggiora tra gli intellettuali (all'incirca)
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Anche io ho pensato a una pièce teatrale vedendolo (si, lo so, “meraviglioso!”, come nella nota barzelletta). E peraltro secondo me chi critica sottolineando le cose che non sono veramente successe (tipo quando presenta NeXt la Apple aveva ritirato già la causa contro di lui quindi quando dice “they're suing me” non è esatto) sta completamente concentrandosi sul dito anzichè guardare la luna.
Anche io ho una teoria, anzi due: uno, potrebbe non essere veramente successo NULLA, tipo è tutto nella sua testa (come se prima di alcuni momenti cruciali della sua esistenza vedesse gli spettri dei Natali passati/futuri); due, non è affatto Steve Jobs, tipo non ha nulla a che vedere con la persona reale chiamata Steve Jobs, è solo un uomo qualsiasi (più o meno) che nei momenti appunto cruciali si confronta con personaggi archetipici, che rappresentano pulsioni/parti di sè che vorrebbe soffocare o comunque trascurare.
Ok, ricomincio a prendere le medicine.
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