Ridendo e scherzando, questa simpatica pagina web sta per compiere vent’anni. Di blog così antichi in Italia non ne sono rimasti molti (sì, questo è un blog, storia vecchia). In effetti mi piacerebbe poter dire che sono rimasto solo io; se non sono mai stato il più interessante e senz’altro il più remunerativo, mi sarebbe sempre piaciuto mantenere almeno questo primato. E invece niente da fare: i blog classe ’01 sono ormai tutti nel cimitero dell’internet Archive, tranne il mio e quello di Luca Di Ciacco che ha iniziato venti giorni prima di me. Luca senti ma ormai anche tu hai un’età, una professione stimolante, scrivi i libri, ma chi te lo fa fare di continuare a tenere aperto quel diario on line come un ragazzino, insomma datti un contegno dai. No scherzo ciao Luca, cento di questi giorni.
A parte questa simpatica gag che credo di avere usato già qualche altra volta, non ho molto da dire su questo incredibile anniversario che mi fa sentire ancor più vecchio di quanto già io non mi. Sarebbe bello per una volta lasciar parlare le immagini, ma il problema è che il blog non le ha. Questo ricordo di averlo notato molto presto, perché in quel periodo scrivevo su qualche rivistina e la differenza mi saltava agli occhi. Non c’è nulla che si aggrappa alla memoria come la grafica di una vecchia rivista che nel frattempo ha fatto quattro restyling ed è irriconoscibile. Ecco coi blog non è così; ogni volta che cambi la grafica, anche i vecchi pezzi vengono riformattati con quella nuova. Succede qualcosa di simile ai nostri ricordi, credo; è quello che li rende così poco attendibili rispetto ai documenti tangibili, le foto e le vecchie riviste. Se avessi almeno salvato qualche screenshot, ma no, niente, mi vergognavo a pensare che ne sarebbe valsa la pena. Da un punto di vista meramente estetico no, non valeva la pena.
“Un sito veramente qualsiasi” (2001)
Sul primo layout non c’è veramente molto da dire: era quello di fabbrica di Blogger, servizio quasi appena nato. Forse non c’era nemmeno ancora modo di cambiare i colori. I permalink c’erano ma non funzionavano. La cosa più incredibile è che ci fosse la fotina dell’autore (anche la sua barbetta, sì).
Vabbe’ dai, si vede che c’ero molto affezionato. Il banner blu in alto agli esordi conteneva pubblicità, poi a un certo punto Blogspot la tolse ma lasciò il rettangolo blu, che forse con uno speciale abbonamento premium si poteva togliere, ma non lo fece nessuno e alla fine Blogspot lo rimosse (chi fosse curioso di Rozzano può provare a leggere qui).
E insomma per tre anni dovrei aver tenuto lo stesso layout, non privo di una spigolosa coerenza, ma senza sentire l’esigenza di allineare testata e spazio di testo? Non lo so, gli screenshot li ho presi dall’Internet Archive, ho vaghi ricordi di altri esperimenti, ma l’unica notevole differenza è che nel 2010 ho cominciato a scrivere per l’Unità e tenevo che si sapesse. Saturavo le foto, tentavo di fare anche vignette, e poi ogni tanto succedevano cose inspiegabili ad esempio un mattino un mio pezzo fu linkato dal NY Times e nessuno ha mai capito il perché. Agosto – che era ancora un mese in cui la gente stava meno su internet – divenne il mese degli esperimenti.
Ma nel frattempo Blogger stava diventando una piattaforma più duttile e professionale? Ecco, sì e no. Verso il 2011 aveva aggiunto tutta una serie di font che mi consentirono di fare una cosa che avevo smesso di fare 15 anni prima, ovvero giocare coi font. Dopo tre anni di futurismo lettrista volevo qualcosa che evocasse l’umanesimo rinascimentale, gli incunaboli insomma, e così trovai questo font che su certi sistemi operativi proprio non funzionava. Sotto la voce “Tengo famiglia” credo che ci fossero le inserzioni, avevo ceduto anche a quelle. Credo sia l’anno in cui ho cominciato a scrivere le storie dei Santi per il Post. In agosto avevo compilato Le XXI notti, un altro esperimento narrativo caduto nell’indifferenza generale.
Nell’estate del 2014 crollò quasi tutta l’economia di questo blog: Liquida ritirò la sponsorizzazione, l’Unità chiuse per la seconda volta. Anche le inserzioni di Google erano inaffidabili da smartphone, dovevo toglierle. Festeggiai la crisi in agosto con Leonardo Sells Out, una specie di satira di Beppegrillo.it in cui immaginavo cosa sarebbe successo se un blog come il mio fosse stato dato in mano alla Casaleggio. Cambiavo layout ogni tre giorni, ma non ho le prove. Ne ricordo con affetto uno completamente tappezzato di ritratti di Enrico Berliguer, per sfottere http://www.qualcosadinistra.it che gareggiava con me ai Blog Awards nella categoria politica, e aveva in home “appena quattro fotoritratti di Enrico Berlinguer”! Qualcosa di sinistra vinse il Blog Award. Mi ringraziarono anche, alla premiazione. Prego ragazzi, è stato un piacere. (Poi ce n’era uno tutto a omini vitruviani, quando scrivevo i pezzi sulla Gioconda. Devo dire che alcuni di quei pezzi hanno fatto un sacco di accessi, non subito ma in seguito).
Questo invece è il layout post-SellsOut, e direi che la carrellata potrebbe anche finire; c’è stata qualche correzione qui e là ma non è più cambiato molto. È addirittura più simile a quello iniziale: tra 2001 e 2015 sembra che abbia solo imparato a scrivere “Leonardo” in minuscolo. Evidentemente a me il blog piace così. Chiedo scusa a chi no, ma probabilmente non siete più qui da un pezzo.
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