Noi leggevamo un giorno per diletto,
noi leggevamo un giorno sul diretto,
soli
eravamo e senza alcun sospetto,
sordi eravamo e senza alcun cornetto,
stolti
eravamo e senza alcun concetto,
saliti a Teramo senza biglietto,
senza burro né
strutto,
né pancetta né prosciutto.
Morti eravamo, senza alcun costrutto.
Sola,
la morte, in sala d’aspetto,
era una notte di modesto aspetto,
povera morte
senza doppiopetto,
ci fece un cenno dai vetri e fu tutto.
(Nell’anno di Gianni Rodari,
ricordarsi di questa pubblicata sul “Caffè” che comincia come una filastrocca scema da ginnasiali e poi
sembra che diventi sempre più scema e invece all’improvviso si impenna e con quel “cenno dai vetri” sorpassa Montale sul filo).
ricordarsi di questa pubblicata sul “Caffè” che comincia come una filastrocca scema da ginnasiali e poi
sembra che diventi sempre più scema e invece all’improvviso si impenna e con quel “cenno dai vetri” sorpassa Montale sul filo).
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