cinema, Cosa vedere a Cuneo (e provincia) quando sei vivo

L’ingloriosa caduta dell’Excaliburino

King Arthur, il potere della spada (Guy Ritchie, 2017) 

A Camelot qualcosa non va, la tavola rotonda è in fermento: da indiscrezioni sembra che qualche Valoroso Cavaliere sia scappato con la cassa. Il valoroso sir Ritchie non si trova, nelle sue stanze il re Artù si tormenta: è colpa sua. Non doveva dar retta a quella banda di disperati, pur riunita sotto lo stemma di un nobile blasone, la Compagnia dei Fratelli Warner. Ma loro si erano fatti avanti con suadenti lingue biforcute… una saga in sei film promettevano, sei film! Roba da Guerre Stellari, come dire di no? Finalmente la fama di Excalibur avrebbe raggiunto i quattro angoli del mondo, rivaleggiando con quella dei supereroi e dei robottoni componibili. E mentre già volava con l’immaginazione, mentre già visualizzava il suo pupazzetto barbuto spuntare da un happy meal sudcoreano, il nobile Artù forse non si accorgeva che gli stavano rubando l’anima?

“Che avete detto? Devo passare la giovinezza in un bordello? Ma non ero un maniscalco?”
“Maestà, abbia pazienza, è per attualizzare il personaggio”.
“Ah perché i bordelli sono attuali?”
“Ehm”.
“Cioè io ogni tanto ci vado al cinema, nei blockbuster di adesso vedo un sacco di donne guerriere, qui c’è solo qualche strega repellente e un po’ di prostitute di contorno, tutta questa attualità, scusate…”
“Àstrid Bergès-Frisbey dà comunque vita a un personaggio femminile cool e non scontato, ammetterà…”
“Potrei anche ammetterlo, ma… neanche un bacetto, niente… poi a un certo punto la rapiscono, e mi potrebbe anche stare bene, la Damigella in Pericolo è proprio materia bretone, l’abbiamo inventata noi, praticamente”.
“Perfetto, maestà”.
“Poi però nella scena d’azione successiva serve un deus ex machina e quindi la liberano. Il malvagio re Vortigern la libera senza un plissé. Aveva chiesto in cambio Artù, e invece la libera prima che arrivi Artù. Ora io di buchi narrativi un po’ me ne intendo, e questo…”
“La liberano perché gli hanno promesso che Artù sta arrivando!”

“Dunque io Vortigern me lo ricordo, e così imbecille proprio no. Ha in ostaggio una maga e un bambino e libera la maga. Ma chi ha scritto questo copione, si può sapere?”
“I nostri migliori artigiani, maestà”
“Ovvero?”
“Ehm… Joby Harold”.
“Ovvero?”
“Sta lavorando alla nostra versione di Flash e di Robin Hood“.
“Sta lavorando. Ma un film intero lo ha già scritto?”
“Certo, ehm, Awake…”
“Mai visto”.
“Un buon successo del… del… 2007”.
“E poi non ne ha più scritti?”
“Ha fatto altro, e proprio per questo gli abbiamo affiancato un altro valentissimo professionista e coproduttore, Lionel Wigram”.
“Ovvero?”
“Ehm…”
“L’avrà mai scritto un film questo qui”.
“The… The Man from UNKLE“.
“Ma ha floppato!”
“No, non ha floppato, no… diciamo che non ha raggiunto i risultati previsti. Ma mica per colpa sua, lo script era buono”.
“È stato più un problema di regia, dice?”
“Ehm….”
“Mi aiuti a ricordare, io faccio il re nella materia bretone non è che mi intendo così tanto… chi stava dietro la macchina da presa quando avete prodotto The Man from UNKLE?”
“Guy Ritchie”.
“Signori, aiutate un povero monarca altomedievale a capire… volete fare una saga sulla materia bretone in sei episodi, solo per il primo quanto avete intenzione di spendere?
“175 milioni di dollari”.
“È una cifra spaventosa, epperò… si tratta di rivaleggiare coi draghi dello Hobbit, immagino…”
“No, veramente niente draghi per ora”.
“Come niente draghi?”
“Dopo lo Hobbit pensavamo appunto di cambiare un po’, pensavamo a degli elefanti”.
“Elefanti? Ma io sono re Artù”.
“Elefanti enormi!” (continua su +eventi!)

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