Quo vado? (Gennaro Nunziante, 2015).
C’è un mondo là fuori. Può essere la giungla africana o il circolo polare, ma è sempre un mondo più civile. Laggiù, sapeste! non si suona il clacson appena il semaforo è verde. Non ci si fa svegliare dalla mamma a quarant’anni. Non si critica un film comico soltanto perché ha fatto più di venti milioni in meno di una settimana. Non lo si rimpalla tra destra e sinistra, non si approfitta dello spazio di una recensione per parlare di Renzi o della storia della commedia all’italiana. C’è un mondo là fuori, e avremmo tutti una gran voglia di andarci, anzi di esserci già! e invece restiamo qui. Nessuno sa perché. Forse è il prezzo delle ciliegie.
Quelle che alcuni non perdonano a Checco sono in sostanza le regole d’ingaggio della satira di costume. Certo, Checco proietta i nostri difetti rendendoli più tollerabili. Certo, si offre al pubblico più vasto possibile con un prodotto che ha almeno due livelli di lettura – un occhiolino a chi non sopporta più le auto in seconda fila, un cenno d’intesa a chi l’ha parcheggiata sul marciapiede del cinema. Come se questa doppiezza non fosse la formula della commedia all’italiana dai Soliti ignoti fino a Fantozzi e alle sue derive cinepanettonesche. Il fatto che si rimproveri a Zalone di fare bene il suo mestiere significa come minimo che non siamo più abituati a vedere qualcuno che quel mestiere sappia farlo. Che dovrebbe fare un comico, a parte farci ridere mentre suggerisce che come popolo siamo da rottamare? Pretendiamo qualcosa di più? Deve entrare in politica, pure lui? E dopo saremo contenti?
Alcuni si premurano di informarci che Checco non è Totò, né Alberto Sordi – grazie, correvamo il rischio di confonderci – ma il confronto andrebbe fatto con quel che passa in convento negli anni Dieci. Checco continua a sembrare uno dei pochi che ha capito che l’Italia non è un giardino fiorito stuprato da consorterie di uomini cattivi, politici e imprenditori. No, l’Italia è quel che è perché gli italiani sono così. I politici – vedi Lino Banfi, retrocesso con affetto a caratterista – non sono che emanazioni di una civiltà che è da buttar via e rifondare da capo.
A un certo punto del film c’è un bambino razzista. (Continua su +eventi!)

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