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Abbiamo tutti un mostro in cantina

Babadook (Jennifer Kent, 2014)

Se un tipo sveglio sei, e ben vedere sai,
un amico speciale troverai,
un amico tuo e mio.
Un suono tonante e tre colpi secchi: babada dook! dook! dook!
che lui è lì così saprai, e lo vedrai se guarderai…

Abbiamo tutti un mostro nello scantinato, un libro sulla mensola più alta che nessuno deve aprire. Un calendario senza un giorno che per gli altri è un giorno qualsiasi. Un incubo che ci fa sentire in colpa se da un po’ non lo sogniamo. E un debito di sonno che ci fa vedere i mostri dove dormono i nostri bambini. Girato e ambientato in un suburbio australiano simile a tutti i suburbi del mondo, Babadook è la storia di Amelia, che ha perso il marito e partorito nello stesso giorno. Ora il bambino ha sei anni e non è come gli altri bambini. Amelia un tempo scriveva; ora il figlio e il lavoro si contendono il suo tempo lasciando le briciole al sonno. Insomma il mostro potrebbe entrare da qualsiasi fessura: approfitterà di un misterioso libro per bambini.

 

Quando dico “insopportabile” so quel che dico.

Babadook è un film che pesca dal torbido della condizione umana quanto basta a giustificare un’ora e mezza di spaventi e disagio. Chi non è avvezzo al genere avrà qualche diritto di dichiararsi esasperato da un film che indulge senza pudore a tutti i vecchi trucchi (porte che cigolano e sbattono, voci inquietanti al telefono, bambini insopportabili); chi viceversa di horror ne guarda parecchi potrà restare deluso dagli effetti speciali volutamente rétro e da un intreccio che non è niente di così originale.

Si capisce che ho in mente Kubrick? Si capisce? Eh?

Il grosso rischio del film era proprio la sua natura compromissoria: si capisce che la regista, al suo primo lungometraggio, aveva in mente qualcosa di più ambizioso di un horror; che gli stilemi del cinema di genere le servivano per tentare un discorso più serio sulla maternità. E allo stesso tempo non c’è dubbio che avesse anche voglia di spaventarci, e tutto sommato c’è riuscita. Le si perdona anche un certo citazionismo da prima della classe (vedi i classici in bianco e nero che la tv somministra all’insonne Amelia – tra un Mélies e un vecchio Dracula c’è posto anche per Mario Bava), perché con tutti i suoi difetti Babadook è un film che non prende in giro lo spettatore, e dopo avergli inflitto qualche serio brivido, gli dà anche il motivo di spremere una lacrima e lanciare un paio di grida al proprio mostro personale. È un film catartico – parola da usare con parsimonia, ma stavolta è proprio il caso di tirarla fuori. E ora scusate, vado a dire due paroline al fantasma qua sotto che ieri notte non m’ha fatto dormire – no, il caldo non c’entra niente. Babadook è al Cinelandia di Borgo San Dalmazzo (17:40, 20:30, 22:40) e all’Italia di Saluzzo (20:00, 22:15). Astenersi minori di 14 anni e cardiopatici.

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