A Rimini pare sia successa questa cosa curiosa: l’Agenzia delle Entrate, dopo aver rilevato che una signora si era comprata una mercedes, ha dato un’occhiata al conto corrente e ha stimato un reddito di 24.700€: poi ha inviato una cartella esattoriale. A quel punto la signora ha preso un avvocato, perché, benché ritenga giusto pagare le tasse, sostiene che lo Stato non le fornisca gli strumenti adeguati per farlo: in effetti l’attività professionale che esercita – la prostituzione – non è normata in nessun modo. Non è neanche illegale, come alcuni credono (tanto che ne chiedono la “legalizzazione”): una sentenza della Cassazione del 2011 afferma che essa, “seppur contraria al buon costume, in quanto avvertita dalla generalità delle persone come trasgressiva di condivise norme etiche che rifiutano il commercio per danaro del proprio corpo, non costituisce reato”. Un anno prima la stessa corte aveva affermato che i proventi della prostituzione dovrebbero “essere sottoposti a tassazione, dal momento che pur essendo una attività discutibile sul piano morale, non può essere certamente ritenuta illecita”. Insomma i giudici della Cassazione ci tengono molto a far presente che la prostituzione è contraria al buon costume, è trasgressiva, è discutibile: nel mentre che ammettono che no, non è illecita.
Dunque andrebbe normata e normalizzata: ma è una fatica enorme che probabilmente ci risparmieremmo, se la crisi non ci chiedesse appunto sforzi immani, anche di fantasia: così, mentre inseriamo nel Pil il fatturato delle mafie (che d’altro canto, è innegabile, sono inserite nel tessuto economico, offrono servizi, creano ricchezza), dall’altro ci riduciamo a tassare le escort. Se fin qui non l’abbiamo mai fatto – perlomeno dalla legge Merlin in poi – non è certo per distrazione, né per calcolo. Lasciare la prostituzione in un limbo normativo è stata una scelta che a un certo punto la società italiana ha deciso di fare. Ovviamente non eravamo tutti consapevoli, ma alcuni sì. Ogni comunità poi sviluppa le sue ipocrisie, ma quelle fiorite intorno alla prostituzione mi sono sempre parse affascinanti (molto più della prostituzione in sé, che invece mi ispira una certa repulsione). Faccio un esempio: dalle mie parti ogni tanto i carabinieri chiudono un bordello cinese, e la notizia va in prima pagina sui giornali locali. In fondo agli stessi giornali ci sono gli annunci di altri bordelli cinesi. Non c’è niente di strano, in fondo un giornale assolve a diverse funzioni e si rivolge a pubblici diversi. Però non riesco a non pensare a un lettore-tipo che in prima pagina esulta perché finalmente la città è stata ripulita, e una mezz’ora dopo sta già cercando un posto dove rilassarsi.
Quando si parla di prostituzione è molto facile litigare.
Gli schieramenti sono più complessi del solito: per esempio mi sono accorto che la questione spacca in due anche il fronte femminista (almeno su internet). Alcune femministe sono favorevoli alla prostituzione perché è una logica conseguenza dell’autogestione del corpo: se una donna è libera di gestirlo, è anche libera di metterlo in commercio. Altre sono profondamente avverse a questa stessa idea di commercio, che poi si può anche chiamare mercificazione e considerare come una forma di alienazione, magari indotta da un potere maschilista e sessuomane. Tra le due fazioni io sto con la prima e qui sotto cercherò ovviamente di spiegare il perché, ma con una premessa: forse me la sto raccontando.
Forse un perché non esiste, o meglio, è una razionalizzazione di qualcosa di più istintivo. Più invecchio e più mi rendo conto che alcune mie idee che ritenevo logiche, lo sono soltanto apparentemente: che la loro razionalità, è una spennellata che ho messo a vent’anni per coprire certi riflessi condizionati. Se dovessi essere sincero, dovrei limitarmi a dire che odio le gabbie e i collari, non li sopporto, mi danno un’ansia che non si placa. Anche il fastidio superficiale per i tatuaggi ne nasconde uno più profondo, forse per la marchiatura a fuoco con cui un essere vivente diventa un capo di bestiame o un prigioniero. Comincio a pensare che ci sia qualcosa di ancestrale; magari in qualche piega dimenticata della preistoria un gruppo di homo è sopravvissuto perché non si faceva legare da altri gruppi; magari in qualche filamento delle mie cellule c’è questa informazione, e non posso fare nulla per negarla.
Quando si parla di “libertà”, ognuno ha la sua definizione: per alcuni coincide con una serie di licenze che l’individuo può prendersi, anche ai danni della collettività (oggi va molto forte la libertà di insultare gli altri; ci si domanda fino a che punto si può spingere, ecc. ecc.). Per me la libertà coincide col corpo. Non puoi ingabbiarlo. Non puoi costringermi a non usarne una parte o il tutto. Puoi spiegarmi che certe cose mi fanno male, e persino impedirmi l’accesso a sostanze o strumenti che la collettività considera pericolose; ma non puoi impedirmi di usare il mio corpo, perché non è uno strumento, non è un supporto: sono io. E tra me e me non ci può essere controllo. Io la penso così, ma “pensare” è un termine un po’ forte. Io sono così. Le prostitute non mi piacciono, mi mettono a disagio. Sono sicuro che molte di loro non esercitino per scelta – ma in quel caso ritengo che si debbano perseguire gli sfruttatori. L’idea di combattere il fenomeno vietandolo – a prescindere dal fallimento di qualsiasi strategia proibizionista – mi urta nel profondo: non puoi costringere una persona a non disporre del proprio corpo come meglio crede. Vale per la prostituzione come per l’aborto, il suicidio, l’eutanasia e altre pratiche nelle quali non riesco nemmeno a vedere uno scandalo, ad es. “l’utero in affitto”. Se sul serio vi dà fastidio vedere che qualcuno offre il suo corpo per crescere un figlio non suo, in cambio di compenso, non so che dirvi: cavatevi gli occhi, occhio non vede cuore non duole. Se invece pensate di poter mettere gabbie o museruole a questo o quell’organo femminile o maschile, per me siete dalla stessa parte di chi mette un collare e li sfrutta. Lo so che è strano, e in certi casi controintuitivo: ma siccome per me è così, trovo giusto avvertirvi, così magari sapete con che brutta persona vi siete messi a discutere.
A questo punto conosco l’obiezione: che libertà è, se si mette sul mercato? (continua…)


Scrivi una risposta a bdzfvg Cancella risposta