Il giovane favoloso (Mario Martone, 2014).
“Signor Conte, come va?”
“Male, illustrissimo, e voi?”
“Non c’è bene, grazie. Ho visto il vostro film. Malinconico al vostro solito”.
“Sì, al mio solito”.
“Sconsolato, disperato: si vede che questa vita vi pare una gran brutta cosa”.
“Eh, che vi devo dire? Mi ero messo in testa questa pazzia, che la vita umana…”
“Fosse infelice. Beh, può anche darsi, ma al giorno d’oggi magari un chirurgo… perdonatemi l’impertinenza…”
“Ve la perdono volentieri, ma non capisco come un chirurgo potrebbe modificare le mie riflessioni”.
“Beh, magari potrebbe aiutarla con quella… quella gobba, insomma”.
“Gobba?”
“Sì, quella cosa lì, insomma, il morbo di Potts o come si chiama”.
“Ma di che gobba state parlando, illustrissimo? Non vedo nessuna gobba qui”.
“Per forza, l’avete sulla destra… o non era la sinistra?”
“Vi sentite bene, illustrissimo?”
“Io mi sento benone. Siete voi che avete una smisurata gobba sulle spalle, il che forse, dico forse, potrebbe spiegare alcuni punti della vostra pessimistica filosofia”.
“Illustrissimo, quella filosofia che voi mi attribuite è tanto nuova quanto Salomone e quanto Omero…”
“Parliamo di un cieco e di un sex-addict, non proprio il massimo dell’equilibrio nel discernimento…”
“…e tanti altri tra i poeti e i filosofi più antichi che si conoscano; i quali tutti sono pienissimi di figure, di favole, di sentenze significanti l’estrema infelicità umana: intendete dunque immaginarvi una gobba sulle spalle di tutti costoro? Ma distruggete pure, se vi piace, le mie osservazioni e i miei ragionamenti, piuttosto di accusare le mie eventuali malattie”.
“Conte mio adorato, ma di che osservazioni, di che ragionamenti stiamo parlando?”
“Di quelli contenuti nei miei libri, illustrissimo”.
“Ma quelli, conte mio, mi guardo bene dal distruggerli, tanto li ho amati leggendoli; e viceversa sarei ben fiero di difenderli da chiunque si attentasse a infamarli. Ma non di quelli stiamo parlando, purtroppo”.
“Ah no?”
“No”.
“E di cosa stiamo parlando allora?”
“Di un film”.
“Ovvero?”
“Un invenzione del secolo XX. Immagini in movimento, proiettate sulla parete di una caverna… hanno fatto un film su di voi, signor conte”.
“Sulle mie opere?”
“Su di voi”.
“Ahi”.
“Capite insomma il problema”.
“Ma insomma, che immagini mostrano in questo film?”
“Eh, tante cose… per esempio, quando voi componete l’Infinito”.
“Ma perdonatemi, come possono alcune immagini proiettate su una parete darci quell’idea del vago, dell’indefinito, che io stavo cercando di…”
“Eh, appunto, non è così che funziona. Al cinema non mostrano l’Infinito. Mostrano voi, conte Giacomo, mentre da ragazzino componete l’infinito”.
“E quindi in pratica che fo? Miro e rimiro una siepe siccome un babbeo?”
“Più o meno è così – salvo che non siete voi, ma un attore, che vi impersona”.
“Ah. E lui… com’è?”
“Bravo, bravo, un po’ sopra le righe ma se la cava. Somiglia, un po’, ehm…”
“A me?”
“A Foscolo”.
“Eh, beh, naturale. E sulle spalle…”
“Gli hanno montato questa gobba enorme che cresce per tutto il film”.
“Dunque è così? La profezia di quello scrittorucolo… come si chiamava?”
“Niccolò Tommaseo”.
“…si è avverata? Solo la gobba mi è sopravvissuta? Di lei sola parlano nel secolo XX?”
“Non è così, conte mio, non è così credetemi. Le vostre poesie, le vostre operette, sono ancora ben salde nella coscienza dei lettori e nei programmi scolastici ben oltre il termine del XX e l’inizio del XXI. La vostra gloria è tale che nel campo delle lettere italiane solo quella di Dante la sorpassa, e non di molto”.
“E Petrarca?”
“Petrarca è out”.
“Aut?”
“Out, fuori, finito, trionfo dell’oblio”.
“Che brutti gusti che avete, nel secolo XXI”.
Si poteva fare un film riuscito su Leopardi? (Se ne discute su +eventi).

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