13 agosto 1942 – prima mondiale di Bambi
Settantadue anni fa stasera, centinaia di bambini entrano accompagnati dalle loro mamme e dai loro papà nei cinema in cui si proietta il quinto lungometraggio animato della Disney. Non sanno ancora che mamma cervo muore. Lo impareranno all’improvviso durante il film. Una corsa affannosa nella neve, una fucilata – ma Bambi è salvo. “Ce l’abbiamo fatta. Che corsa, eh, mamma?”
Mamma?
Bambi non è solo al terzo posto nella top10 delle pellicole d’animazione secondo l’American Fim Institute (dietro Biancaneve e Pinocchio; ma Shrek arriva misteriosamente settimo). Bambi è anche ventunesimo nella top25 dei film horror di tutti i tempi secondo Time), per “lo shock primario che ancora affligge gli anziani che lo videro quaranta, cinquanta, sessantacinque anni fa”. E pensare che Disney stavolta si era pure autocensurato.
Tutti i primi lungometraggi disneyani hanno un lato inquietante e orrorifico: la matrigna che si trasforma in strega, Pinocchio e Lucignolo in somari, il terrificante viaggio psichedelico di Dumbo. Anche in Bambi la mamma doveva morire davanti agli occhi degli spettatori – poi Disney in sede di montaggio decise che la cosa era un po’ troppo forte. L’orrore di Bambi è più sottile e profondo. La mamma non c’è più. Un momento prima c’era. Un momento dopo non risponde più. Non risponderà mai più. È stato l’uomo.
Anche l’uomo fu tagliato in sede di montaggio. All’inizio si pensava di mostrarne due: l’assassino della mamma e il piromane nell’ultima sequenza. Quest’ultimo doveva bruciare vivo. Alla fine si decise di farne a meno. Era soprattutto una questione di coerenza stilistica. Bambi era un progetto che si trascinava da più di cinque anni – Disney aveva acquistato i diritti del romanzo di Felix Salten nel 1937, e aveva iniziato a lavorarci immediatamente dopo Biancaneve. L’idea originale era forse quella di un film adulto, realistico, con gli animali meno antropomorfi mai visti in scena: la sfida dell’animazione in technicolor ai documentari. D’altro canto bisognava anche far cassetta, e così – tentativo dopo tentativo – gli occhioni di Bambi e dei suoi amici divennero sempre più grandi, e nacque Tippete, forse l’animale più pucci di tutto l’universo Disney. Ma per quanto deformato in senso cartonesco, il bosco di Bambi rimane un luogo radicalmente non-umano. Il nemico viene da fuori e sa soltanto uccidere e distruggere l’equilibrio perfetto della natura.
Il film sarà criticato, per le ambizioni e la crudezza, e non riempirà le sale come previsto: l’incasso della prima uscita sarà inferiore al budget di sessantamila dollari (la guerra era un grosso ostacolo, specie per il mercato europeo). Disney si rifarà ampiamente con le uscite successive – ancor più importante, anche se non monetizzabile, sarà l’esperienza maturata dagli animatori durante la realizzazione del film: un nuovo modo di realizzare la natura e di dare sentimenti agli animali. Bambi permetterà a Disney di realizzare film sempre migliori. Ma Disney non realizzerà più un film come Bambi. Se l’horror tornerà, saltuariamente, molto più edulcorato (Sleepy Hollow), i personaggi importanti non moriranno mai più così all’improvviso. Bambi è l’ultima pellicola di una trilogia del cinismo partita con Pinocchio e proseguita con Dumbo. L’umanità di questi film, che mamma Dumbo non aveva tutti i torti a voler schiacciare, è naturalmente ipocrita e crudele; una tribù malvagia da cui gli eroi di cartone coi grandi occhi dovrebbero tenersi il più lontano possibile.
Nel giro di un anno questa misantropia sarà un ricordo lontano. La guerra interrompe la produzione di lungometraggi e porta molti disegnatori sul fronte della propaganda. Il lungometraggio Disney del 1943 è un docufilm, Victory Through Air Power, la trasposizione su pellicola di un best seller che stava cambiando la prospettiva degli americani su come si vince una guerra mondiale: conquistando lo spazio aereo e bombardando a tappeto. Era stato lo stesso Disney a comprarsi i diritti del libro e a decidere di usare tutta la sapienza dei propri studios per trasformarlo in un pamphlet di immagini. La guerra lo aveva fatto passare dalla parte degli uomini: quelli che uccidono, che bruciano, che distruggono, per motivi solo a loro comprensibili.
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