“A gennaio presenteremo l’impeachment contro Napolitano, spero che come Cossiga si dimetta prima”. È probabilmente l’affermazione più rivelatrice sfuggita a Grillo nel suo discorso alla nazione. Grillo, si sa, ha cominciato a fare i discorsi di fine anno ben prima che Napolitano. All’inizio (su Tele+, nel 1998) era considerato uno show di satira, poi l’abitudine gli ha un preso la mano e ora risulta più serioso e retorico del presidente vero.
Grillo sa benissimo di non avere nessun appiglio concreto per incriminare Napolitano. Lo ha anche ammesso coi suoi, l’impeachment è una “finzione politica” (Il Fatto, 30/10/13): “Non possiamo dire che ha tradito la Costituzione. Però diamo una direttiva precisa contro una persona che non rappresenta più la totalità degli italiani. Noi siamo la pancia della gente”, eccetera. D’altro canto, prima o poi Napolitano si dimetterà: lui stesso ha sempre ammesso che il suo secondo mandato non arriverà alla scadenza naturale (il 2020!). Potrebbe anche essere questione di mesi, se ci si mettesse d’accordo sulla legge elettorale. In ogni caso, in qualsiasi momento accada, Grillo potrà vantare coi suoi di avere causato le dimissioni col suo impeachment. La finzione politica non ha altri scopi che non siano elettorali: Grillo deve dimostrare di aver fatto qualcosa di concreto – a parte riportare per qualche mese i berlusconiani al governo. Per inciso: se Napolitano davvero non gli fosse piaciuto, avrebbe potuto chiedere ai suoi di votare Romano Prodi il 19 aprile scorso. Ma probabilmente a questo punto starebbe chiedendo l’impeachment anche di Prodi (o di Rodotà, o della Gabanelli).
(continua sull’Unità, H1t#212).

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