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Sta terminando la stesura del quindicesimo volume dell’Enciclopedia della Nausea, o una cosa del genere. |
Mood indigo – La schiuma dei giorni (L’Écume des jours, Michel Gondry, 2013).
Colin vive felice in un mondo assurdo, dove le scarpe abbaiano, il jazz ti allunga le gambe e l’esistenzialismo si assume in pasticche. In questo mondo decide di innamorarsi, cioè di crescere lavorare e soffrire. Colin è un’invenzione di Boris Vian, incredibile trombettista e scrittore che morì nemmeno a quarant’anni, in un cinema, mentre assisteva alla prima di un film tratto da un altro suo romanzo.
Boris Vian ha vissuto poco e faticosamente; in quel poco ha scritto parecchio – tra cui una manciata di canzoni meravigliose – e non si esagera a definirlo un cardine della cultura francese del XX secolo: ha radici solidissime piantate in territori diversi, il surrealismo e lo swing, frequenta Sartre e Camus in quel breve ma cruciale periodo in cui l’esistenzialismo è un fenomeno di costume. Con lui arrivano a Parigi il bebop, la narrativa pulp e la fantascienza; senza di lui inoltre Gainsbourg non avrebbe mai pensato di scrivere canzoni a partire da sciocchi giochi di parole, e quindi insomma il pop francese sarebbe totalmente diverso da quel che è. Anche Gondry sarebbe diverso, forse non avrebbe mai girato l’Arte dei sogni. Insomma La schiuma dei giorni era un film che sulla carta aveva tutto per funzionare, e in effetti, a modo suo, funziona: e se vi sembra invece che qualcosa non vada, se vedete che qualcuno comincia a uscire dalla sala, e anche a voi vien voglia di farvi un giro e risparmiarvi il finale, vi invito a considerare l’ipotesi che il problema non sia Gondry. D’accordo, questo è il film in cui spalanca la sua valigia dei trucchi, mostrandocene il fondo; non è che siano pochi, ma dopo un po’ sono sempre gli stessi: ancora art-attak a passo uno, ancora trovarobato vintage, ancora lana dove dovrebbe esserci carne. D’accordo, certe scene sembrano semplicemente non funzionare, soprattutto all’inizio si percepisce una concitazione che serve a distrarre lo spettatore quando il trucco non è troppo buono; la stanza che diventa sferica non sembra davvero sferica, il picnic tra pioggia e sole lascia perplessi, d’accordo, l’illusionista non era in giornata, però non è quello che vi fa sentire freddi. Ve lo ricordate il libro? Quand’è che l’avete, ehm, riletto? (continua su +eventi!)