(Stasera, 29 maggio, alle 21 sono al Mattatoio di Carpi, un posto che ha rischiato di chiudere e invece è bello aperto, a leggere pezzi della Scossa, un libretto che ho scritto un anno fa per Chiarelettere).
Il 29 maggio del 2012 fu il giorno più lungo per i terremotati della bassa emiliana, molti dei quali stavano cercando di superare lo shock sperimentato una settimana prima ed erano tornati da poco sul posto di lavoro. Le interminabili scosse tra le nove e le tredici non furono un colpo micidiale soltanto per chiese e capannoni, ma anche per il morale di migliaia di persone. Quello che capimmo il 29 è che non si trattava semplicemente di un terremoto, ma di qualcosa di più lungo e perfido: uno sciame sismico, uno stillicidio di scosse e scossette che poteva rubarci il sonno e la tranquillità ancora per mesi e forse per anni. Proprio come lo sciame del 1570-1574, che aveva terrorizzato Ferrara per più di quattro anni. Quello che facemmo in molti la sera del 29 – piantare una tenda in cortile – nel 1571 lo aveva fatto il duca Alfonso nei giardini estensi. Nulla di nuovo, insomma: quello di Ferrara è uno degli eventi sismici che ci hanno lasciato una più ampia documentazione storica. I documenti, però, ogni tanto qualcuno dovrebbe fare la fatica di andarseli a leggere: sennò restano lettera morta e ci si convince – in barba alle mappe del rischio sismico – di vivere in terre misteriosamente sicure.
Il 29 maggio del 2012 Federica Salsi – consigliere comunale m5s a Bologna, non ancora caduta in disgrazia presso l’entourage di Grillo – segnalava sul suo profilo facebook il vero colpevole dei terremoti in Emilia: il fracking delle compagnie petrolifere in combutta con “Matto Morti”. Fonte: un video complottista proveniente da un sito universalmente screditato. La Salsi lo aveva trovato su internet e non si era posta il problema di verificare se effettivamente ci fossero prove di un’attività invasiva come il fracking in Emilia, o in Italia, o in Europa. Fu senz’altro un’imprudenza, da parte di una persona ancora poco esperta di comunicazione. Diverso dovrebbe essere il discorso per Beppe Grillo, che inesperto non è, e che ha avuto tutto il tempo per approfondire il problema – se proprio ci tiene a parlarne. Anche perché nel frattempo è passato un anno e nessuno ancora ha capito o visto dove le compagnie petrolifere avrebbero estratto gas o altro nella bassa emiliana. Negli USA, dove il fracking si fa sul serio, di solito vengono evacuate intere contee.
Nelle dichiarazioni strappate dai giornalisti a Mirandola, e al comizio di Sestri Levante, Grillo ha giocato ancora una volta sull’equivoco tra fracking e stoccaggio di gas. Sono due cose molto diverse: la prima in effetti può provocare scosse – forse anche superiori al grado 5 magnitudo – il secondo no. In ogni caso nella bassa emiliana non risulta né l’una né l’altro (continua sull’Unita.it, H1t#181)
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