La prima volta che senti parlare di Guardie Regionali pensi: Ok, ci siamo, è ricominciata la stagione delle puttanate leghiste, così presto? Dobbiamo fare il cambio armadi…
La seconda volta che ne senti parlare ti dici: Beh, in effetti stanno semplicemente cercando di creare posti di lavoro – un po’ come i forestali in Calabria – è il nuovo assistenzialismo settentrionale. Non se ne farà niente, ma non è mal pensata.
La terza volta ci rifletti bene. Ehi, questi comandano in Regione e vogliono l’esercito. Ma per farne cosa? Per difendersi da chi? Ma dall’autonomismo provinciale, ovvio.
La Prima Guerra delle Dolomiti (H1T#70) si combatte sull’Unita.it e si commenta laggiù.
Il processo di disgregazione della Repubblica Italiana entra nella fase finale con la prima guerra dolomitica (2029-30). Da decenni, del resto, le Dolomiti erano considerate la “polveriera del Triveneto”: si trattava soltanto di capire quando e come il conflitto sarebbe scoppiato. Le prime rivendicazioni di autonomia sono addirittura precedenti all’istituzione della Guardia Regionale Veneta (poi Guardia Serenissima). Sin dal 2007 alcuni comuni, tra i quali Cortina d’Ampezzo, avevano indetto referendum per l’annessione al Trentino Alto Adige: data al 2010 la prima raccolta firme per il passaggio dell’intera provincia alla ricca regione confinante. Negli anni successivi la questione dolomitica si estremizza, mentre cresce nel governo centrale di Venezia la consapevolezza che anche un minimo cedimento territoriale avrebbe segnato la fine dell’entità regionale (erano del resto gli anni della sanguinosa guerra di Secessione Emiliano-romagnola). D’altro canto la politica di chiusura doganale e autarchia, portata avanti da Venezia nel tentativo di salvare la farraginosa industria del Nordest, frustrava la vocazione turistica del bellunese, che guardava con invidia alle autonomie delle regioni confinanti.
E tuttavia Bruxelles non sembrava considerare così urgente la questione dolomitica. Il rischio era sempre quello di ritrovarsi una massa di profughi ai valichi con l’Austria o la Slovenia. Furono le immagini delle stragi di Lamone e di Lavaredo a cambiare la percezione dell’opinione pubblica europea nei confronti di Abu Galan e del suo luogotenente, il famigerato Sharif Gentilini, contro i quali furono persino spiccati mandati di cattura internazionali. Ma anche i governanti dell’UE non avrebbe mai consentito il bombardamento di un patrimonio Unesco. Mentre comunque tra Bruxelles e Strasburgo se ne discuteva, una primavera precoce aveva riportato la Guardia Serenissima in quota: il venti febbraio la giunta del MAD aveva dovuto abbandonare Belluno in direzione Ponte delle Alpi; il dieci marzo cadeva Longarone; due settimane più tardi capitolava anche Pieve di Cadore, aprendo la strada verso Cortina. Fu a quel punto che quello che restava del MAD si risolse a un gesto che avrebbe cambiato per sempre la Storia europea, votando un solenne atto di sottomissione a Damir Ibrahimovic von Habsburg, presidente della Croazia, nonché titolare di quattro alberghi e un impianto sciistico nel bellunese. Lontano parente di una delle più antiche famiglie dell’aristocrazia europea, Ibrahimovic non esitò a intervenire per salvare le sue proprietà. Mentre la piccola flotta croata bloccava indisturbata i porti veneti (la Serenissima non aveva nessun tipo di marina militare), un contingente di “osservatori” sbarcava il primo aprile a Jesolo, facendosi strada senza colpo ferire fino a Mestre. Fu probabilmente la generosità di Ibrahimovic il segreto del suo rapido successo: invece di arrestare Abu Galan e consegnarlo al Tribunale dell’Aja, il Presidente croato riconobbe al governatore serenissimo l’autonomia sulla laguna veneta e su parte del territorio di Padova e Treviso. Il resto del Veneto, martoriato dalle imprevedibili alluvioni e dalla guerriglia autonomista, fu occupato dai croati, ai quali subentrarono ben presto gli legionari dell’ex Guardia Serenissima, riconvertita da Ibrahimovic von Habsburg in esercito privato. Quest’ultimo in effetti non intendeva annettere i territori veneti alla Croazia, quanto piuttosto creare un suo feudo personale sull’altra sponda dell’Adriatico. La gente era abbastanza stanca di guerre per le autonomie ed era disposta ad appoggiare qualsiasi signorotto garantisse una relativa serenità. I veneti accolsero quindi con entusiasmo le liberali concessioni di Ibrahimovic, che in cambio dell’atto di sottomissione concesse ai comuni più popolati il diritto di battere moneta, riscuotere tasse e gabelle e stabilire i guidrigildi.