articolo 18, ascesa e caduta di S. Cofferati, Pd

Il mio Piave

Vecchio arnese a chi

Poi per carità, a chi non piace sentire finalmente qualcuno che dice basta con le solite chiacchiere, le solite polemiche sulle fazioni o sulla leadership, qui servono idee concrete, cominciamo a farci venire delle idee concrete. Piace a tutti un discorso così.
Il punto è che nel breve intervento di Debora Serracchiani al Lingotto, sabato scorso, tutte queste idee concrete ancora non c’erano. Ce n’era una gran voglia, questo sì. Ma al netto di tutti i discorsi contro le chiacchiere e di tutte le polemiche contro i polemici, l’unica proposta un po’ nel merito (in qualsiasi merito) era… il superamento dell’articolo 18. Eh? Aspetta, forse ho capito male.
No, perché dopo ha parlato la Melandri e ha ribadito il punto: “l’articolo 18 è un vecchio arnese”. Ah.

Chiedo scusa, è colpa mia. Ogni volta mi dimentico che sto assistendo alla nascita di un partito di centro, centro, centro, centro, centro, trattino sinistra, e mi stupisco di cose che tutti intorno a me daranno per scontate. Articolo 18, ma chi ne parla più. Metti Berlusconi: lui mica ne parla. Anche perché… come andò a finire quando provò ad abrogarlo? Fammi ricordare.


Comunque è un fatto che non ne parli più. Lui è ossessionato dalla comunicazione, e non ha tutti i torti: la crisi è sistemica, l’unico fattore che si può sperare di correggere è quello emotivo. Forse sarebbe arrivato alla stessa conclusione anche se non controllasse cinque emittenze nazionali e non avesse fondato il suo impero sullo spaccio di emozioni – in ogni caso la strategia ha un senso. Gli italiani devono avere la sensazione che tutto finirà per il meglio. Figurati se in un frangente del genere si mette a riparlare di licenziamenti più facili. Anzi, guai a chi ne parla.

Così va a finire che ne parla la Melandri. Giusto. In fondo, se siamo un partito di centro, centro, centro, centro, centro, trattino sinistra, il populista Berlusconi è allo stesso tempo alla nostra destra e… alla nostra sinistra. Noi invece inseguiamo il centro. Chi ci sia al centro di così interessante non si è mai capito: forse qualche industriale che non ha ancora delocalizzato in Romania. Ecco, forse lui se sente la Melandri dire che “l’articolo 18 è un vecchio arnese”, potrebbe considerare l’idea di votare per noi. Nel frattempo i suoi operai, i dipendenti con vent’anni di contributi e ancora più di dieci anni prima della pensione, il ceto medio nerbo della nazione, prende paura e vota Lega. O Berlusconi, che è più rassicurante. Poi la Melandri verrà a spiegarci che è colpa nostra, dovevamo insistere un po’ di più verso il centro, centro, centro, centro, centro, trattino centro.

Io – che a suo tempo feci la mia modestissima barricata – so benissimo che l’articolo 18 non è la cura a tutti i mali. So che viene già disatteso dai fatti da migliaia di ditte che si scorporano appena superano i 14 dipendenti. E anche nel culmine dello scontro del 2002 non l’ho mai considerato molto di più che una bandiera. Però anche le bandiere hanno una loro importanza – quelle che funzionano. L’articolo 18 ha funzionato. Altroché se ha funzionato.

All’indomani della vittoria di Berlusconi nel 2001, con l’eco delle sirene di Genova ancora forte e chiaro nelle orecchie di molti, Sergio Cofferati divenne il leader della sinistra semplicemente indicando una linea, un fronte, un Piave, e promettendoci che Berlusconi non sarebbe passato. Quel Piave fu l’articolo 18, e Berlusconi non passò. Lo ricacciammo indietro, il 23 marzo 2002, qualcuno se ne ricorda? Roma invasa dai manifestanti convocati da un solo sindacato, e Marco Biagi era appena stato ucciso. Così si fa opposizione, prendete nota: si indica un punto sulla mappa, ci si raccoglie e non si cede fino alla fine. L’articolo 18 non fu modificato. Tremonti non ne parla più da allora. (Adesso parla solo di vegole, vegole, vegole, è diventato un maniaco delle regole: chissà se tra queste include lo Statuto dei Lavoratori).

Ma adesso lo vuole modificare il PD. Pare che sia l’unica idea nuova che la Serracchiani aveva pronta da portarsi a Torino. Pare che l’articolo 18 sia “un vecchio arnese”. Ma insomma, quelli che andarono a Roma il 23 marzo non avevano capito niente? Oppure hanno cambiato idea? Più semplicemente hanno smesso o smetteranno di votare PD. Ma siete sicuri che i loro voti non vi servano? Quante migliaia di voti intendete bruciare per conquistare quello della Marcegaglia?

No, scusate, lo so benissimo che non ragionate in termini elettorali. Ci mancherebbe altro. È proprio per questo che, mentre state all’opposizione, proponete di rendere i vostri elettori un po’ più licenziabili. La maggioranza se ne guarda bene, ma se gli allungate una bozza Ichino, è probabile che la voterà. Senza dare troppa pubblicità alla cosa (la Melandri, invece, scommetto, sogna già i manifesti: Licenziamenti più facili grazie al PD! Grazie, PD!)

Ripeto, io non credo nella sacralità dell’Art. 18. Ma ne faccio una questione di comunicazione. Ci sono migliaia di persone che per quell’Articolo hanno combattuto: non si meritano qualche spiegazione? Nel 2002 si rifiutavano di credere nell’equazione “più licenziamenti = più opportunità di lavoro”: erano così stupidi? Il loro intuitivo scetticismo nei confronti dei dogmi del libero mercato non meriterebbe di essere un po’ rivalutato, alla luce di quello che è successo più tardi in tutto il mondo? Ma sul serio intendete mandare gente come la Melandri a spiegare che si sono sbagliati, hanno fatto le barricate per salvare un vecchio arnese che va tolto di mezzo, e che se Berlusconi non vuole più farlo tocca a noi?

Io non escludo che tecnicamente abbiate ragione. So che lo Statuto dei Lavoratori è il prodotto di un’era di relativa espansione economica in cui i rapporti di forza erano molto diversi. Può darsi che quel Piave debba cedere prima o poi. Non ne farò un dramma, crollato un fronte si ripiega e se ne fa un altro. Ne faccio un problema di comunicazione. Basterebbe non insistere troppo sull’articolo 18, sui termini “abrogare”, ma anche “superare”. Dite semplicemente che volete rendere il mercato del lavoro più equo per le giovani generazioni, sentite che suona già molto meglio?

E tecnicamente si può fare senza strombazzare al mondo intero che stiamo modificando l’art. 18. Peraltro, non è detto che si debba realmente modificare. Persino la bozza Ichino mantiene alcuni paletti: non sarebbero ammessi licenziamenti “discriminatori” o per “mero capriccio”. Non sarà il Piave, ma non è ancora l’Adige: si ridefinisce il concetto di giusta causa, tutto qui. Se ne può discutere, ma io quando ho letto che la Melandri riteneva l’art. 18 un “vecchio arnese” non ho pensato “ah, intende sollecitare un dibattito sul concetto di giusta causa”. No, io pensavo che volesse consegnare le chiavi del partito ai poveri piccoli industriali che in mancanza di un’idea nuova (da vent’anni) e di sovvenzioni (dopo vent’anni) vorrebbero licenziare tutti a luglio per riassumerli a settembre con un contratto a progetto.

E siamo al punto di partenza: a tutti piace sentirsi dire basta chiacchiere, servono idee. Ma anche le chiacchiere hanno la loro importanza. Chiacchierare sull’articolo 18, come se fosse un argomento qualsiasi, può risultare controproducente. Non è un argomento qualsiasi. È la nostra Dunkerque, il nostro Forte Alamo. Ci vuole rispetto.

81 pensieri su “Il mio Piave

  1. cercherò di fare un discorso più generale, senza cadere in provocazioni e lasciando un attimo da parte l'art. 18.

    tommaso ha taccato il tema di fondo: in italia il mercato del lavoro è troppo rigido, e bisogna cercare di renderlo più flessibile, il che non vuol dire necessariamente rendere meno sicura e certa la possibilità di lavorare. “se fosse più facile licenziare, le aziende avrebbero meno esitazioni ad assumere”, questo è un dato di fatto. voi mi direte, ma perché dobbiamo iniziare dai lavoratori? d'accordissimo, troviamo un modo equo e giusto di affrontare la questione, ma da qualche parte bisogna iniziare.

    io non sono così esperto del settore per suggerire gli strumenti giusti, ma bisogna dare al possibilità a chi è disoccupato di trovare più facilmente un lavoro. naturalmente nessuno sostiene che si debba prendere a calci nel sedere chi il lavoro ce l'ha, ma rendere il sistema un po' più competitivo credo sia importante.

    brunetta è un rozzo, violento, che spara nel mucchio, eccetera eccetera, però lo vogliamo ammettere che alcune delle cose che dice sono cose vere, che pensano tutti gli italiani? che ci sono alcune fette (alcune, sottolineo) di pubblico impiego dove c'è chi occupa un posto senza fare nulla solo perché tanto sa che nessuno lo schioderà mai da lì?

    licenziare un lavoratore assenteista, che non fa bene il suo lavoro, per assumere al suo posto un giovane volenteroso in cerca di occupazione, è una cosa di sinistra o di destra? scusate l'esempio (stavolta non una provocazione), ma bisognerebbe anche mettersi d'accordo su che cosa voglia dire essere di sinistra.

    e le pensioni? in italia si va in pensione mediamente 5 anni prima che negli altri paesi. la ce ha aperto una procedura di infrazione contro l'italia, chiedendo l'equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne nel settore pubblico. si può iniziare a parlare di innalzamento dell'età pensionabile anche da noi, senza essere accusati di essere di destra? a meno che non si ritenga che in europa siano tutti fasci.

    io non metto in dubbio che nel pd ci siano carenze di comunicazione, di strategia e pure di contenuti. ma se uno poi cerca di affrontare questi temi in maniera innovativa, viene accusato di essere di centro-centro-centro-destra-destra-destra, così, con formulette vecchie e stantie, prive di contenuto, solo perché fa fico dire a uno che è di centro, o di destra.

    ripeto, decidiamo che cosa vuol dire essere di destra o di sinistra all'alba del terzo millennio, perché io rimango convinto che chi punta solo a conservare lo status quo qualche problemino ce l'abbia.

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  2. @ Carlo M.

    “licenziare un lavoratore assenteista, che non fa bene il suo lavoro… assumere un giovane volenteroso”

    Caro Carlo M., sarò brutale, spero che tu non me ne voglia troppo: ti mancano le più minime basi di economia. Di lavoro non ce n'è. Da decenni. (E più precarizziamo meno ce ne sarà; è un circolo vizioso: meno lavoro -> meno consumi -> meno produzione -> meno lavoro…) Questo è il punto. Non ce n'è tanto per lo svogliato quanto per il volenteroso. Cosa dobbiamo fare? Tu proponi un bel posto inutile e improduttivo, spesso pure dannoso per la società, al volenteroso, e la disoccupazione e quindi giocoforza il crimine o comunque l'illegalità per lo “svogliato”, la cui sola colpa, nel 99% dei casi, è aver capito l'economia un filino più di te. E' aver capito che il salario senza produzione è l'unico futuro possibile. Questo ti sembra di sinistra? A me sembra proprio della destra mafiosa che c'è in Italia. Quella che pensa solo ad arraffare oggi, nemmeno al proprio futuro di destra, e ad aumentare la forza lavoro disponiile a lavorare per la mafia.
    Per me, di sinistra sarebbe ripensare tutta la questione, nei modi di cui ho già scritto nel commento precendente.

    Un saluto

    Guido

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  3. Guido, io non sono un economista, e non è mia intenzione polemizzare con te, ma mi spieghi cosa significa “salario senza produzione?” A me (per MIA ignoranza, ripeto) viene in mente solo la Corea del Nord, e non è uno scenario che mi attizza. Mi piacerebbe capirlo in modalità “Piombini_on” come suggeriva qualcuno più sopra. Nel senso delle parole di Costa (o di Civati, non ricordo)che diceva “dobbiamo tornare a farci capire al bar senza l'interprete”. Ecco, vorrei capirlo in quel modo lì. Grazie.

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  4. caro guido, a me mancheranno le basi di economia ma a te mancano le basi di come si discute. che il lavoro sparirà lo dice rifkin, ma io non ne sono così convinto, e rifkin non è la bibbia. io parlo di mele e tu replichi con le pere; hai fatto un lungo e confuso giro di parole, citando la mia domanda, ma alla mia domanda non hai risposto.
    ciao

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  5. Paolo, il PD deve ripartire anche dalla lingua, tra le altre cose. Tra “tutti i negri a mare” e la “piattaforma programmatica” c'è un oceano di mezzo. Perchè non provare a occuparlo?

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  6. @ Diego: guardati intorno, è pieno di gente che percepisce stipendi (meglio, mini-stipendi) senza di fatto produrre nulla di utile e sarà sempre più così, perché c'è sempre di meno da produrre. E non parlo solo di merci in senso stretto, ma anche dei servizi. Se la tecnologia consente la produzione dell'utile con un sempre minor intervento umano, è necessario ripensare, secondo me, l'intera questione “lavoro”. Se poi non si vuole ripensarla a fondo e mantenere il più possibile lo status quo, o accettiamo l'idea che la gente morirà di fame o dobbiamo fare in modo che anche la (futura?) maggioranza non lavoratrice abbia accesso ai beni. Di certo non possiamo continuare a inventarci bisogni fasulli per continuare a produrre l'inutile (l'ecosistema stesso – non solo l'economia – non regge più).

    @ Carlo M.: scusa se sono stato scortese. Rifkin non è la bibbia, ma non credo di averti risposto pere a mele. Sei tu che dici di dare il posto dei fannulloni ai giovani volenterosi e di rendere il sistema “un po' più competitivo”? Se è così, voglio semplicemente dire che la penso al contrario.
    Bisogna dare a tutti accesso ai beni fondamentali (cibo, casa, istruzione, sanità). Anche ai fannulloni. Anche ai “carabinieri ciccioni” di Brunetta. E bisogna smettere di consumare risorse per produrre prodotti inutili. Sei d'accordo su questo? Se non sei d'accordo su questo allora ci capiremo ben poco.
    Queste due semplici necessità implicano un totale rinnovamento del concetto di lavoro: non possiamo e non dobbiamo lavorare tutti, ma tutti abbiamo il diritto ai beni prodotti. E' un rinnovamento che non possiamo lasciare in mano alle destre, a colpi di cassa integrazione e precarizzazione standardizzata, dritti dritti verso il fallimento.

    Un saluto

    Guido

    Ps. scusate se non sono abbastanza chiaro, è vero, non so discutere.

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  7. guido, sui princìpi in generale potrei anche essere d'accordo con te. ma il tuo discorso mi sembra simile a quello di chi dice che per risolvere il priblema dell'immigrazione bisogna fare in modo che i paesi del sud del mondo diventino posti in cui si può vivere bene crescere una famiglia.

    nel lungo periodo siamo tutti d'accordo, ma nel breve ci sono problemi contingenti di cui dobbiamo occuparci, oltre a discettare dei massimi sistemi.

    altrimenti, mentre noi discettiamo, dei problemi contingenti si occupa solo la destra.

    ciao

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  8. Guido, continuo a non capire. Vediamo di semplificare ancora.

    “è pieno di gente che percepisce mini-stipendi senza produrre nulla di utile”. OK. Questa affermazione implica che ci sia chi decide cosa è utile e cosa no. A chi demandiamo questa decisione?

    “La tecnologia consente la produzione dell'utile con sempre minor intervento umano”. sarà, ma io conosco centinaia di medici, avvocati, informatici, artigiani, agricoltori..che la pensano in modo diverso. Certo, se riduciamo il concetto di “lavoro” a “operaio fordista alla catena di montaggio”, allora sono d'accordo che ci sono robot più produttivi. Ma io ne conosco davvero pochi (l'ultima che ho visto, mia madre, è andata in pensione 17 anni fa).

    “Tutti devono avere accesso ai beni fondamentali”. Meraviglioso. ma questa affermazione, di nuovo come sopra, implica una persona fisica (o una commissione di persone fisiche) che all'inizio di ogni anno solare stila una lista di cosa è fondamentale e cosa no. E a me questa implicazione fa paura.

    “Bisogna smettere di consumare risorse per produrre beni inutili. Sei d'accordo?” Sì. Ma torniamo alla definizione di bene utile/inutile. Ricordi la storia di Diogene il Cinico e della ciotola? Quelli che tu dai come parametri non vogliono dire nulla. Cibo? Cosa vuol dire cibo? Duecento grammi di riso per tutti? Grazie, ma, per rispolverare uno slogan che non può certo essere tacciato di nuovismo, io voglio anche le rose, perchè di solo pane non sopravvivo.

    “Non dobbiamo lavorare tutti ma tutti abbiamo diritto ai beni prodotti”. E da chi, scusa, se non li produce più nessuno? E se li producono le macchine, chi progetta/costruisce/fa andare/ripara le macchine? Inoltre non ti dimenticare mai che (Lega docet) dentro le persone cova un egoismo che, se solleticato, esplode. Quanto ci vorrà prima che salti il tappo, se alcuni producono e altri godono della produzione senza dare niente in cambio?

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  9. Rob di solito apprezzo molto quello che scrivi, ma stavolta mi fai un torto, non ho mica detto che l'IdV faceva le primarie, mi sembrava solo una presa in giro dire che il PD le faceva e poi alla fine decideranno gli iscritti.

    Che io sappia in ogni partito decidono gli iscritti chi e' il “frontman”. Nell'IdV, nel PdL, nel PD o nell'MSI.
    Dire che “si fanno le primarie” e poi fare come sempre sa di presa per i fondelli… o no? Mi pare una fregatura mediatica per far credere all'elettorato cio che non e' vero.

    Leggo anche con interesse quello che scrivono gli altri, anche se un mondo senza lavoro mi pare insieme bello e spaventoso. Se non ci saranno piu' artigiani, come faremo a fare fronte a una crisi? La tecnologia e' un cavallo rischioso a cui affidarsi completamente.

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  10. Capisco le vostre obiezioni e in buona parte le condivido.

    @ Carlo: sento benissimo l'urgenza della questione, sono precario a tratti disoccupato ed economicamente disperato, ma credo che senza una visione d'insieme non si possono tamponare nemmeno i problemi contingenti. E' ovvio che le soluzioni devono essere contingenti, ma ci vuole una direzione verso la quale agire: ci vuole una nuova politica del lavoro. Sennò tanto vale chiamare direttamente la Croce Rossa come alternativa alle destre. Lo so che a destra sono più sbrigativi ma per loro è tutto più facile, gli basta fare i loro interessi immediati, coltivare l'odio, far fare la guerra ai poveri, come hanno sempre fatto.

    @ Diego: forse mi sono espresso male, e tu hai letto la mia posizione in chiave un po' troppo estremista. Io non dico che il lavoro sparirà, dico che ce ne sarà sempre meno e che è persino giusto che sia così. Non dico che dovremo ridurci alla ciotola di riso, ma che almeno quella dovrebbe esserci per tutti. Questo nega il liberismo? Io sono per il liberismo e anche per il capitalismo, ma con regole, persino Tremonti se n'è accorto che ci vanno le regole. Mi spieghi come fa un diritto in più a limitare la libertà?
    Quanto all'egoismo, non ci credo, non è vero che cova dentro tutte le persone. “Se alcuni producono e altri godono”: questo è un problema già attuale. Ci vogliono altre forme di gratificazione per chi produce, scollegate dalla produzione stessa, che dev'essere destinata anche a chi non produce.

    Ciao

    Guido

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  11. @ Diego
    Se si vuole parlare di linguaggio, opporre “tutti i negri a mare” a “piattaforma programmatica” non ha senso. Si dovrebbero almeno considerare modi diversi di parlare della stessa cosa.

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  12. Guido, la “ciotola di riso per tutti” è proprio la negazione del liberismo. Come lo è del marxismo classico (a ciascuno secondo i suoi bisogni, ma anche DA CIASCUNO SECONDO LE SUE CAPACITA'). Nel primo caso, c'è meno riso che persone, e chi è più veloce/scaltro/aggressivo mangia tutto il riso. Dall'altro, ci sarebbe un po' meno riso, ma per tutti, però tu introduci uno squilibrio, perchè l'espressione “a ciascuno secondo i suoi bisogni, da qualcuno secondo le sue capacità” non sta in piedi. La ciotola per tutti è possibile solo in Corea del Nord, mi ripeto. Il coreano non ha idea che fuori dalla porta di casa sua oltre al riso c'è anche la carne, e questo permette al regime di controllarlo (semplifico a picozzate, eh). Nel momento in cui tu crei un qualcosa di nuovo, crei anche un bisogno. La soluzione? Basta creare? Fermiamo la scienza e la tecnica al 2 luglio 2009? Chi c'è c'è? E la fusione nucleare? E la medicina basata sulle staminali? Buttiamo via tutta la ricerca perchè Steve Jobs ha apena tirato fuori l'iPhone che ti prende a schiaffi e ha reso obsoleto il cellulare che hai comprato ieri? No, dirai tu, ci sono cose utili e cose inutili. Ma qui torniamo al problema insolubile. A definire utile/inutile sono PERSONE.
    Torno alla tua domanda: il diritto del “carabiniere ciccione” ad avere una ciotola di riso non limita la mia libertà ad avere il riso E la carne. La limita nel momento in cui per dare il riso a lui devo mangiare meno carne io. Probabilmente il processo è inevitabile, e MI STA BENE, perchè le mucche e le risaie non sono infinite, ma se il carabiniere non si accontenta? E se il carabiniere toccato in sorte a qualcun altro trova lo stronzo che gli nega anche il riso?
    Ultima osservazione: tutti egoisti? No. E' sufficiente che sia egoista chi ha le chiavi della risaia.

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  13. @ Diego
    Esprimendomi in modo desueto e paludato direi che il tuo è un sillogismo fallace.
    Ma se preferisci la schiettezza che la politica oggi esige, allora ti dirò che è una stronzata.

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  14. Paolo, hai mai sentito parlare Calderoli di “piattaforma programmatica”? Dai, non sappiamo nemmeno se è in grado di fare lo spelling,o (figuriamoci) di scriverlo. E' un troglodita che si rivolge al prossimo con frasi soggetto-verbo-complemento. Hai mai sentito una subordinata? Un congiuntivo imperfetto? No: la Lega non vuole la moschea, la Lega vuole il federalismo (che sono 5 sillabe…pensa che fatica ogni volta)la lega vuole questo e non vuole quello.
    Io sogno il momento in cui Bersani, Franceschini e Civati (o chi per loro)apriranno il loro discorso con: “ok, regà, la soluzione per gestire gli immigrati è questa: (omissis), costa XXX, renderà alle casse dello stato YYY. Chi è d'accordo alzi la mano”. E'un sogno proibito? Che le parole piattaforma, rinnovamento, classe dirigente e ampie convergenze vengano bandite dal vocabolario?

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  15. Tutto questo per dimostrare… ?

    Prima di perderci in dibattiti sulla Corea del Nord, stavamo parlando di articolo 18, no?

    Togliere un diritto ai (pochi) lavoratori che ce l'hanno ancora aiuta gli altri (tanti) che non ce l'hanno perche'…?

    Mi pare che siano state esposte due teorie:

    1) il numero di posti di lavori sarebbe naturalmente limitato, ergo bisogna favorire quelli piu' produttivi a discapito degli altri. Ma chi lo dice che questo numero sia cosi' limitato (a parte gente come Rifkin, che deve inventarsi una cazzata nuova ogni tre anni per vendere libri)? Non sara' mica che questa scarsita' di lavoro e'… artificiale? O quantomeno artificialmente definita?

    2) la flessibilita' nel dismettere aumenta la propensione ad assumere, aumentando la mobilita' e quindi la dinamicita' del sistema nel rispondere ai cambiamenti. Possibile. Pero' i paesi che hanno adottato questo modello (incluso quello in cui vivo), tipicamente su filosofia anglosassone, sono quelli che tendono a vivere momenti di boom piu' estremi (dove tutti assumono) per poi ricadere in depressioni acute (dove tutti licenziano). In posti come Italia e Francia, dove si ripete a dismisura che “il mercato del lavoro e' ingessato”, ci sono meno periodi di crescita (il padro–sorry, CEO ci pensa tre volte prima di assumere ed espandersi), ma generalmente si sopravvive meglio a periodi di “bassa” (proprio per il motivo di cui sopra, si assume solo quando c'e' la certezza matematica di poter sopravvivere con personale invariato per i prossimi 15 anni). Questa paura di assumere, peraltro, e' abbastanza ridicola; ci sono mc-jobs in qui, realisticamente, pochissimi resistono piu' di qualche anno a prescindere dalle garanzie. Se il problema e' il rischio del padr-CEO di accollarsi un lavoratore in periodo di bassa, il meccanismo c'e' gia': e' la cassa-integrazione, un sistema che va *riformato*, *esteso* e *incentivato* e da solo farebbe tantissimo per il precariato. (c'e' un problema di bilancio, mi direte, ma quello purtroppo c'e' sempre, magari sarebbe l'ora di avere un bel default argentino che almeno ce lo togliamo dai maroni).

    Quindi, invece di andare a picconare i diritti dei lavoratori, perche' non andiamo a vedere, ad esempio:
    1) in quali settori dell'agire umano c'e' meno lavoro, magari perche' difficile da motivare economicamente (i.e. no-profit) e incentivarlo *seriamente*, in modo da ridurre la percepita scarsita'. Ci sono tanti cicli virtuosi di auto-sussistenza che necessitano solo di una spinta iniziale.

    2) cerchiamo di uscire dalla schiavitu' del ciclo economico, della “crescita” come fine ultimo, cercando di non penalizzare la ricerca tecnologica.

    3) incentiviamo *la piccola e media imprenditoria* ad assumere lavoratori *con piu' garanzie*.

    Cosi' si fanno discorsi di sinistra… non dando del “vecchio arnese” a diritti conquistati con il sangue dai nostri padri e i nostri nonni.

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  16. @ Scudy: Mi dispiace, non volevo essere scortese, ci tenevo a precisare che per quanto imperfette le primarie del PD restano l'unico esempio in Italia di questo genere. Sul fatto che siano aperte o chiuse, al di là di quello che dice lo statuto del partito, penso che in genere tocchi agli iscritti decidere chi guida un partito e magari, come Bersani, che ad essere aperte siano le primarie di coalizione.
    Preciso che non sono tesserato ed ho votato a tutte le primarie. Con la sensazione di partecipare ad un rito un po' fasullo, però, è vero. Ma se non ci fossero state mi sarei sentito ancor più preso in giro.

    Apprezzo alcune posizioni dell'IdV, ma ancora adesso mi sembra un altro partito personale, se non familiare, dalla collocazione non sempre chiara. Per me i termini destra e sinistra contano ancora e devono tornare a contare di più.
    Non capisco un tubo di economia, ma so solo che è l'interesse personale, di gruppo o di classe ad influenzare le decisioni. L'interesse di chi guida un'azienda, una chiesa, uno studio professionale, un tassì, è di guadagnare il più possibile, e la forza lavoro è (per ora) una scomoda necessità, facilmente rimpiazzabile, regolata da leggi che oggi un clima molto favorevole permette di cambiare in maniera più vantaggiosa. E' compito dei centri studi finanziati, dei giornalisti posseduti e di tutti gli altri Meneni Agrippa far passare questi interessi particolari come necessità generali.
    Questi gruppi hanno sempre chi tutela i loro interessi (detassazione, evasione facile, finanziamenti) mentre invece le “risorse umane” no, non più: tutto qui.

    Non voglio dare del disonesto al “popolo delle partite IVA”: dico solo che oggi chi vuole evadere in Italia può farlo con una certa tranquillità che invoglia: lo fanno il mio dentista, il mio meccanico, il mio fotocopiaro, il mio barista, il mio ristoratore, il mio notaio, il mio agente immobiliare, pure mio cuggino avvocato e persino qualche amico dipendente che lavora in nero e che la pensione non l'avrà mai. Quisquilie, direbbe Totò, ma che fanno un bel cumulo.
    E poi i fondi neri di Agnelli, di B., di tutto quel padronato rapace che dal 2001 ha incamerato il plusvalore derivato dall'aumento incontrollato dei prezzi, dal blocco degli stipendi, dal precariato, dalla riduzione della sicurezza e sotterrato tesoretti qua e là per il mondo.Però ci dicono che il problema è che abbiamo troppi diritti e andiamo in pensione troppo presto.
    A questo riguardo,vintanto, per quanto riguarda le donne, non credo che si possano equiparare la posizione di una donna italiana e, per esempio, di una francese. Chi ha visto “Sicko” di Michael Moore sarà rimasto incredulo come me nel vedere quale tipo di assistenza riceve una giovane coppia con figli, a cominciare dalla tata comunale a casa.
    Per tutti gli altri lavoratori lo dice bene l'intervento di Tommaso: ci sono talmente tante distorsioni nel mercato della casa, dei trasporti e dei servizi in Italia che un paragone con altri paesi è impossibile.
    Eppure per me lo scopo di una unione europea è di creare diritti uguali per tutti e condizioni uguali per tutti: credo che rappresentiamo un mercato abbastanza vasto da poter anche imporre dei punti di vista, e non solo subirli.
    In fondo si tratta di usi e convenzioni, mutevoli nel tempo, frutto delle pressioni di una forza politica o di un'altra secondo la rispettiva forza e pressione. Se non premi, non ottieni.

    Ricordo che in un libro di Mack Smith sul Risorgimento era indicata come una delle sue cause principali quella di una intera generazione di giovani diplomati privati del futuro dall'apparato burocratico austriaco. Be', mi pare che non siamo tanto lontani.

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  17. Il “caso concreto” (e unico) con cui “Diego” ha pensato di rispondere al commento non riporta un solo esempio e non spende una sola parola per dimostrare che se i contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato o l'articolo 18 non ci fossero in Italia la sua condizione lavorativa sarebbe migliore. Il resto del suo discorso è off topic.
    La dama del lago

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  18. Quello che scrive Tommaso non è più vero da un pezzo. Il precariato ha flessiblizzato il lavoro, la sicurezza sul lavoro, il futuro. Chi va in pensione non viene sostituito perché è più conveniente usare precari che appunto non hanno orari né futuro, né ragionevoli certezze. Quel che aumenta sono i profitti, perché i precari costano meno. E stiamo ancora a raccontarci la favoletta del merito? Del fatto che non si assume perché non si può licenziare? Allora aperché non si fanno semplicemente contratti a tempo determinato, anziché le partite IVA, e i copro? E' perfettamente legale. Però vanno pagati i contibuti, le ferie, la malattia… conviene meno al datore di lavoro. O no? Della cassa integrazione ha parlato GiacomoL. Aggiungerei che la qualità di ciò che si produce, merci o servizi, è scaduta negli ultimi quindici anni, non aumentata. Perché il lavoro di qualità costa, e il profitto facile sulla pelle del precario rende meglio e prima. Intanto tiriamogli davanti la carota della meritocrazia, colpevolizziamolo: se non ce la fa è perché non è abbastanza competitivo. Non funziona? E allora diciamogli che è colpa dei “diversi” se la sua vita fa schifo, non di chi facendo lavorare la gente con i contratti parasubordinati intasca molto di più che applicando quelli da lavoro dipendente. No, la colpa è di quelli che lavorano in altre condizioni contrattuali. Consiglierei di vedere il film di Ken Loach sulla privatizzazione delle ferrovie britanniche: Paul Mick e gli altri.
    Questi luoghi comuni ci sono tutti e ci sono anche le loro conseguenze. (Le ferrovie britanniche hanno avuto una serie di incidenti mortali elevatissima, dopo le privatizzazioni, tanto per dire. Ricorda nulla?)
    La dama del lago

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  19. Devo dire che è una discussione molto intensa, che mi onora e che forse non mi merito.

    – Non per l'ansia di dire l'ultima parola, ma per ricapitolare alcuni punti: c'è qualcuno, anche tra quelli che sostengono che l'art. 18 va superato, a cui è piaciuto l'intervento della Serracchiani e (soprattutto) come l'ha messa giù la Melandri? Perché, ribadisco, al di là di tutto c'è un colossale problema di comunicazione. Se alla fine si tratta di spingere la bozza Ichino, si può fare anche senza chiamare “vecchio arnese” qualcosa che è stata la bandiera di milioni di persone.

    – Rispondo a una cosa scritta più sopra: licenziare un lavoratore assenteista, che non fa bene il suo lavoro, per assumere al suo posto un giovane volenteroso in cerca di occupazione, è una cosa di sinistra o di destra?

    E' una cosa neoliberista. Non nel senso che i neoliberisti siano meritocratici e gli altri no; ma sono stati i neoliberisti a semplificare il problema in questo modo: c'è un numero finito di posti, ci sono persone che nascono motivate e altre che nascono scansafatiche, isoliamole e tornerà l'era dell'oro.

    Persino Berlusconi è più avveduto di loro: lui sa che il problema occupazione è connesso al problema sicurezza. E non minaccia licenziamenti a destra e a manca (anche se nel frattempo taglia il settore pubblico).

    Non sto scherzando quando dico che Berlusconi è decenni avanti la Melandri: lei fa un discorso Thatcheriano fuoritempo, sgomberiamoci dei vecchi arnesi e vedrete. Lui invece conosce la dimensione delle coscienze. Ci tratta tutti da undicenni, è vero, ma è meglio essere trattati da undicenni che da quarti di manzo.

    E' lo stesso motivo per cui la Lega piglia voti dagli operai: sono insicuri. Bene, e allora diamogli sicurezze. Alt, no, dobbiamo renderli più insicuri sul piano contrattuale. E dopo voteranno per noi? No. Però continuerete a spiegarci che abbiamo perso gli operai leghisti perché non abbiamo capito la loro insicurezza. In realtà l'abbiamo capita: poi, siccome siamo “di sinistra”, l'abbiamo considerata da un punto di vista economico-sociale e non etnico come fa la Lega.

    Noi non siamo una società nordica o anglosassone, per tanti motivi che alcuni sopra hanno citato. Staremmo meglio se avessimo un mercato del lavoro modellato su un esempio anglosassone? Questo mi sembra oggi più discutibile che in passato, ma facciamo anche finta che. Ci sono vari passaggi da fare.
    Per prima cosa occorrerebbe istituire un regime di vera concorrenza tra le aziende, che mi consentirebbe davvero di ritrovare più facilmente il posto se lo perdo. Quindi bisognerebbe fare la guerra a monopoli, oligopoli, conflitti d'interesse, ecc.. Questo, molto più che l'art.18, consentirebbe la nascita di una meritocrazia.

    Bisognerebbe anche combattere il nero, con tutte le forze, perché sporca tutti i discorsi che facciamo. Ribadisco l'esempio di ieri: se mi licenziassero con l'obbligo di darmi un 80% del salario finché non trovo lavoro, io dal giorno dopo lavorerei in nero e prenderei due stipendi (e il popolo della partita iva la piglierebbe comunque in culo, ma in modo più anglosassone).

    Quindi:
    (1). Prima si eliminano i monopoli e gli oligopoli e si stabilisce la concorrenza.
    (2). Poi si combatte l'evasione in tutte le sue forme.
    …e a questo punto (3) si liberalizza il mercato del lavoro. Che comunque sarà già diventato molto più fluido senza aspettare i disegni di legge.

    Quello che trovo insopportabile nell'intervento della Melandri è questa enfasi sul punto 3, senza neppure toccare i primi due. Ci sono tanti modi di diventare anglosassoni, ma noi dobbiamo diventare anglosassoni partendo per forza dal didietro dei lavoratori dipendenti. Ma diventeranno più insicuri, meno consumisti, più razzisti… non importa. A noi non interessano le loro paure, su quelle ci lucra Berlusconi. A noi interessa diventare anglosassoni nel modo più veloce.

    Ma è solo il modo più veloce di mettercela in culo, scusate.

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  20. Scusate, non mi sono eclissato, ho scritto un intervento di cui ero orgogliosissimo, solo che l'ho scritto su word per raccogliere meglio le idee, così quando è stato il momento di copincollarlo…niente. Vabbè. Pazienza. Sarà per la prossima discussione. OT: il pezzo del tipo che si costituisce per il paccheto sicurezza è meraviglioso. Alla prossima,
    Diego

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  21. @Leonardo: sono assolutamente d’accordo su 1). Volevo menzionarlo fra le varie distorsioni presenti in Italia. Pero’ attento a distinguerlo cosi’ tanto da una maggiore flessibilita’ sul mercato del lavoro. Un mercato competitivo si basa sul fatto che, se mi rendo conto che posso produrre un bene o servizio ad un prezzo piu’ basso di quello attuale sul mercato, allora mi e’ abbastanza facile aprire un’azienda, assumere dipendenti e, se ce n’e’ bisogno, anche licenziarne alcuni con cui non mi trovo. Un mercato del lavoro rigido e’ un ostacolo a riallocare le risorse laddove sono piu’ produttive. Ma, sono d’accordo, e’ uno fra i vari ostacoli e non e’ detto che si debba partire da li’ nelle liberalizzazioni – sia da un punto di vista strettamente economico che da quello di vendibilita’ politica.

    Su 2) non capisco il tuo esempio. Si possono avere sussidi di disoccupazione che hanno una durata limitata nel tempo: te ne potresti approfittare durante quel periodo ma poi basta. Non credo che l’evasione sia una delle cause delle inefficienze del mercato del lavoro: anzi, se tu elevassi i controlli contro l’evasione, qualche attivita’ cesserebbe perche’ non se lo puo’ piu’ permettere e i suoi lavoratori ne risentirebbero. Poi, certo, ci possono essere altri motivi per combattere l’evasione.

    In ogni caso, queste riforme non sono facili da portare avanti politicamente perche’ intaccano interessi costituiti e perche’ i frutti si vedono spesso dopo un po’ mentre i costi si pagano subito. Ci vuole abilita’ di capire i problemi e capacita’ di comunicarne le possibili soluzioni. Di tempo pero’ i partiti di sinistra ne hanno avuto: Berlusconi entro’ in politica 15 anni fa e ancora non si vede uno straccio di alternativa a questo peronismo.

    @Diego: prova ad aprire una nuova tab cliccando sulla parte destra del mouse (e poi sulle opzioni) quando sei nello spazio commenti. Ieri ho avuto il tuo stesso problema.

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  22. Quello che in realtà volevo fare è tornare ai miei primi commenti e rientrare in discussione, così da rispondere alla dama del lago.

    PUNTO 1: l'identificazione del lavoro nel sottoinsieme di “contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato”. E' questo l'unico modello a cui possiamo pensare? No, ci sono altre proposte. C'è chi parla di “contratto unico del lavoro” a tutele crescenti col tempo. Non è uno strumento su cui lavorare?

    PUNTO 2: l'imprenditore che non vuole mettersi in casa “rapporti a vita” e va ad aprire in Polonia. Fermo restando che chi delocalizza per mero profitto è un delinquente e danneggia il mercato due volte perchè: a) va a produrre in situazioni tecnologicamente arretrate quindi produce robaccia b) crea dumping e ricatto sociale sui salari, conosco persone per le quali avere un dipendente in più o in meno incide sul bilancio di fine anno. La soluzione non può essere “porco padrone, cazzi tuoi”. Poi possiamo discutere di art. 18 e di garanzie di ogni tipo (l'estensione della Cassa alle PMI è un'ottima idea, ad esempio), ma il problema deve essere visto da ambo i lati, pena la radicalizzazione del conflitto.

    PUNTO 3: il ruolo del Sindacato oggi, luglio 2009. Un mio amico e compagno di partito, iscritto alla CGIL e attivista, mi diceva, sconfortato: “abbiamo tre milioni di iscritti pensionati su cinque e mezzo totali, mi sai dire quanto PIL rappresentiamo?”. Il sindacato vive sugli allori e sulla gloria di lotte sacrosante (i famosi 150 anni di Bersani)? Bene, è ora di soffiare via la muffa dal quadretto del Quarto Stato e accorgersi che quella gente esiste ancora, anche se ha facce e mestieri diversi.

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  23. Diego, d'accordo su quasi tutto, a parte due cose che sono in qualche modo opposte: se il sindacato tornasse a contare davvero, il conflitto si radicalizzerebbe eccome. Non e' ruolo del sindacato quello di vedere le cose “da ambo i lati” (o quantomeno, non e' il suo ruolo fondamentale); non e' un caso che, nel momento in cui ha cominciato a farlo davvero (in Italia con Lama), e' cominciato il suo declino.

    Poi e' chiaro che non e' tutto semplice… il declino del sindacato e' stato globale, e ha molto a che vedere con la nebulosita' del concetto di “padrone” nelle nuove organizzazioni del lavoro che tendono a cercare l'orizzontalita' (quasi sempre solo in termini di organizzazione, il salario rimane invece alquanto “verticale”! lol), e in cui l'ingiustizia economica e' meno evidente che in passato. Allora forse bisognerebbe rilanciare il concetto di cooperazione, che peraltro si articola molto bene in alcuni campi (IT); avere il coraggio di *imporre* e *incentivare* nuovi rapporti di lavoro. Ridefinire il concetto di “padrone” (il padrone oggi e' la banca piu' che l'imprenditore, il fondo di investimento piu' che il padroncino) e avere il coraggio di dirgli di no quando necessario (sono i NO che aiutano a crescere! lol). Picchiare duro su questi temi. Questo dovrebbe essere il senso di “guardare alla storia”.

    Purtroppo non c'e' nessuno che parla di queste cose; o meglio, tanti ne parlano in congressi, tavole rotonde, tavole calde e altri inutili consessi, ma poi quando vanno al governo, nessuno (eccetto forse Visco, “anti-evasione” di nome e di fatto) ha il coraggio di metterci il muso, mettere nero su bianco argomenti che danno fastidio agli “entrenched players” (che “poteri forti” e' un po' troppo oscuro). Bersani avra' questo coraggio? Franceschini avra' questo coraggio? una Debora qualsiasi avra' questo coraggio? considerando quanto siano tutti privi di una base politica forte (Bersani deve tutto a D'Alema, Franceschini deve tutto a Repubblica, etc etc), la vedo dura.

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  24. Posto GiacomoL, tranne sul ritratto di Bersani. E' uno che a D'Alema non deve proprio niente ( fu persino “declassato” da ministro dello sviluppo con Prodi e ministro dei trasporti con D'Alema) e con Visco ha pure creato una Fondazione.
    Simonetta

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  25. Mah, sono perplesso.
    La “spinta” per modificare i rapporti di forza politici (in senso etimologico) deve venire dai diretti interessati. Diego sbaglia quado dice che l'industriale che apre in Polonia si comporta male. E' lo Stato che gli permette di farlo che e' in torto.

    Se la maggioranza delle persone vota per partiti che storicamente non fanno gli interessi dei dipendenti, ma dei datori di lavoro, allora c'e' un problema: si sentono tutti datori di lavoro.

    I dipendenti, anche se non saranno la maggioranza, sono comunque una forza elettorale enorme, e' che non sanno piu' chi e' il proprio referente politico. Se no voterebbero i vari brandelli di RC, che invece sono virtualmente scomparsi, e fanno a gara a chi si scinde piu' rapidamente.

    Andrea (No Scudy, Andrea, io mi firmo tutte le volte ma pare che non giunga 😉

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  26. Quello che ha scritto Leonardo è perfetto e mi ci ritrovo in pieno. Al di là del contenuto dell'art. 18, il punto è che i leader del PD ci chiamarono in piazza a difenderlo e negarono apertamente che la chiamata fosse puramente strumentale. Io c'ero, convinto che quell'articolo dello Stauto dei Lavoratori andasse difeso. Oggi fra chi mi dice, “scusa, l'art. 18 è un ferrovecchio ma allora ci facevi comodo in piazza, ti abbiamo preso per il culo ma sai questa è la politica” e chi mi dice “ti chiamai in piazza perché l'art. 18 anche se perfettibile è ancora attuale” propendo nettamente per il secondo.

    Una cosa sull'art. 18 però nel merito la vorrei dire, perché qua sembra che tutti diano per scontato che si licenzino i fannulloni, nel nostro mondo felice. L'art. 18 è la difesa pratica più forte nei confronti del licenziamento discriminatorio, quello fatto contro tizio che sta nel sindacato, contro caio che non va a messa alla domenica, contro sempronio che tifa milan invece che inter (e se pensate che queste cose non succedano…). Perché nei fatti dimostrare che tizio è stato licenziato perchè parlava male di berlusca in pausa pranzo è difficile, impossibile. Ma dimostrare che è stato licenziato in maniera ingiusta e quindi va reintegrato è invece possibile. E' una difesa contro forme di arbitrio che esistono tutt'oggi, soprattutto nei confronti del lavoro a bassa qualificazione (conosco un noto marchio di distribuzione che “imponeva” pena licenziamento alle sue cassiere di fare spesa in quel supermercato – questo almeno diceva loro al momento dell'assunzione).

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