Relativismo culturale for dummies

Giuro, giuro, qui davvero non si parla più di vignette. Si parla però ancora di Luca Sofri, scusate (mi scusi anche lui, se lo riduco a uno stereotipo).
In un pezzo di due giorni fa, su Wittgenstein stigmatizzava…

…l’involontario ma esplicito razzismo che sta dentro il relativismo culturale: è la pretesa di essere indulgenti e rispettosi “perché loro sono fatti così”. Sono diversi, si incazzano e boicottano la Lurpak se un giornale ha pubblicato le vignette, “perché non capiscono la differenza, da loro non è così”. Manifestano e bruciano bandiere “perché per loro l’immagine del Profeta è sacra”. Pretendono le scuse del primo ministro “perché non conoscono la differenza tra governi e privati”. Sono diversi. […]
Dare il diritto a qualcuno di comportarsi da cretino, o anche solo trovargli giustificazioni e provocazioni, è dargli del cretino.

Questa cosa del relativismo culturale sta diventando imbarazzante.
Insomma, no.
Non esiste il relativismo culturale, in questi termini – esisterà come chiacchiera da bar, o commento da blog, ma siamo un po’ seri. È un fantoccio, un idolo baconiano, uno stereotipo culturale: quello del radical chic che apprezza i popoli barbarici nella loro rude e ingenua virilità. E se non erano i radical chic era Pasolini – comunque erano gli anni Settanta! Settanta! Io andavo ancora in triciclo.

Insomma, questi relativisti culturali, che vanno in giro dicendo che dobbiamo amare gli islamici anche se combinano macelli, ma chi li ha visti? cos’hanno in testa? Per loro se nasci occidentale sei democratico, mentre se nasci nella “cultura islamica”, non c’è scampo, ti tocca bruciare le ambasciate e credere nelle 72 vergini. Dovrebbe dunque esservi al mondo un numero finito di “culture”, che evidentemente sussistono come enti a sé, naturali (una contraddizione in termini), determinando infallibilmente il comportamento di chi nasce entro i confini di quella “cultura”. Ma esiste davvero una corrente di pensiero così cretina? Sì, forse sì – salvo che non è la mia. Invece, mi sembra curiosamente più affine a quella dello scontro delle civiltà di Huntington. E io devo essere veramente uno che si spiega male, per suggerire l’idea che sto con Huntington.

Cercherò di spiegarmi meglio.
Io non sono un relativista culturale.
Io sono un assolutista culturale. Perché alla fine credo in un solo tipo di “cultura”.
Per me – e per usare la definizione di un pensatore un po’ out – la cultura è una sovrastruttura. Essa nasce, e si puntella, sulla vera struttura della società, che non è culturale, ma economica. Cito una sola frase, e poi basta: “Non è la coscienza degli uomini che determina la loro esistenza, ma la loro esistenza sociale che ne determina la coscienza“. Se ho capito bene: non è che gli arabi bruciano le ambasciate perché il Corano glielo impone; ma è l’economia dei loro Paesi, la povertà, l’iniqua distribuzione delle risorse, che li fa crescere in un certo modo; e il modo in cui crescono li porta a non transigere sul Corano e a bruciare le ambasciate.

E a quel punto, è inutile che io mi metta a criticare la loro sovrastruttura. È una trappola. Il problema non è il Corano. È quello che sta dietro. L’economia. L’economia. Nessun relativismo. Esiste una sola economia, esistono sfruttatori e sfruttati; in questo si divide il mondo. Anche se la divisione è più corpuscolare, sfumata, fuzzy , di quanto si credeva un tempo. Ma c’è. Forse passa in mezzo a molti di noi – ma c’è. Io ci credo. Nella maniera più assoluta. Relativista a chi? Relativista sarà lei.

In questo caso pratico, io semplicemente non posso accettare l’idea (questa sì, perversamente politically correct) che il ragazzino arabo che tira sassi agli europei per via delle vignette abbia le stesse opportunità di comportarsi civilmente che ho io, qui in Europa, mentre scrivo questo blog. Ma scherziamo? La cultura è un lusso. Io me la posso permettere, il ragazzino no. Perché? Non per il colore della pelle – ma perché io vivo in uno Stato occidentale, faccio tre pasti al giorno, sono laureato, ho letto alcuni libri importanti, ho la tv, l’accesso a internet, l’automobile, l’acqua corrente. Lui no. Magari alcune di queste cose le ha, ma altre gli mancano.

Per favore, notate come io non nutra nessuna forma di multiculturalismo piacione nei suoi confronti. Non ho alcuna simpatia per questo ragazzino, così com’è. Mi odia e mi sgomenta. Vorrei che cambiasse le sue idee su di me, e alla svelta. Ma è inutile che me la prenda con lui per com’è adesso. Per cambiare, gli occorrono tre pasti al giorno, scuola pubblica, biblioteche, tv, internet, automobili, tubature… Occorre una rivoluzione, sì, una volta la chiamavamo così. I neoconi ora lo chiamano “choc democratico”.

Salvo che sono terribilmente superficiali, i neoconi. Per loro tutti gli uomini sono uguali (davanti a chi?) In tutti alberga, naturalmente, l’anelito alla democrazia. Basta invaderli, distruggere tutte le infrastrutture tiranniche (incluse le linee elettriche e le tubature), e lasciare che quest’aspirazione liberata prenda forma. Per la verità le cose non sono andate così. Tre anni fa il primo atto pubblico della comunità sciita liberata fu correre in strada ad autoflagellarsi.

Il problema è che i neocon continuano a confondere sovrastruttura e struttura. La parola “democrazia” non rende liberi. La luce elettrica rende liberi. Se il popolo “liberato” rimane al buio, non sviluppa nessun tipo di “cultura democratica”.
Abbattere un tiranno può essere il primo passo (se la guerriglia non diventa endemica). Ma ridistribuire le ricchezze è molto più difficile. Il comandante in capo si è riempito per tre anni la bocca di questa parola – “democrazia” – senza spiegare come intende ridistribuire al popolo iracheno le ricchezze dell’Iraq (se lo ha spiegato, non ero attento).
In generale, ahinoi, persino i neocon stanno scoprendo che le risorse non sono infinite. E questa è una tragedia. Perché se non possiamo esportare il nostro benessere, allora non possiamo nemmeno permetterci tutti il medesimo grado di cultura.

Se voglio che il ragazzino abbia l’acqua potabile, devo toglierla a qualcuno. Se voglio finanziare lo sviluppo dei Paesi bloccati sulla via dello Sviluppo, debbo pagare un prezzo più equo per le risorse che mi offrono.
Ma allora la mia benzina, le mie banane, i miei datteri, i pompelmi… mi costeranno di più. E questo comincerà a innervosirmi. Finché non dirò e commetterò scemenze. Inizierò a covare un’antipatia (del tutto sovrastrutturale) per gli arabi. Pubblicherò vignette cretine e provocatorie su un quotidiano. In pratica, comincerò a perdere pezzetti della mia squisita “cultura”. È quello che sta succedendo, del resto. Mentre cerchiamo di esportare la democrazia, stiamo importando l’intolleranza religiosa e il razzismo. Servono esempi?

E per favore, non si dica che la guerra è anche “contro di loro”, gli occidentali intolleranti e razzisti. Non è vero. Loro sono coccolati e incoraggiati. Hanno i loro spalti, e i loro giornaletti sui quail possono leggere vibranti appelli contro “i cretini multiculturali”.

Nel frattempo, in un’altra parte del mondo, dopo aver mangiato discorsi sulla democrazia, bevuto discorsi sulla democrazia; dopo essersi illuminati la notte al fuoco astratto della parola “libertà” – gli iracheni sono andati alle urne e hanno eletto i candidati indicati dall’ayatollah al Sistani.
Non tanto perché al Sistani faccia parte della loro “cultura”: ma per il solito, vetusto motivo: sono in guerra, sono poveri, sono disperati. E dove c’è disperazione, lì c’è religione. La religione è la tipica sovrastruttura dell’infelicità. Nella carestia, Sistani ha parole di vita eterna. Bush no.

Anche da noi la religione sta tornando, del resto. E molti iniziano a navigare nell’irrazionale spinto.
Irrazionale è Giuliano Ferrara, il nuovo ultrà cattolico che non so se si sia già preso la briga di cresimarsi. Comunque già avverte che non intende “morire per un branco di cretini“. Cretini a chi? Ma “Cretini multiculturali”, naturalmente.
A questo livello, uno cosa può rispondere? Il relativismo culturale, nella sua versione for dummies, è un’invenzione dialettica di Ferrara e del suo giornaletto. Serve semplicemente ad abbassare il dibattito, al livello di: “tu-cretino-pensa-che-loro-non-capaci-di-democrazia, perché-sei-razzista”.
No.
Io no cretino.
Io studiato queste cose e so che democrazia è processo graduale e difficile.
Che suffragio universale in situazione di crisi economica e no garanzie, porta quasi sempre a tirannide e guerra.
Ed ultime elezioni in Iran, Iraq, Palestina, sembrano dare a me ragione.
È chiaro?

Mi dispiace, ma dopo un po’ dummy è chi dummy fa. Voi non siete ragazzacci di un Paese bloccato sulla Via di Sviluppo. Avete il gas, avete la luce, avete l’adsl e i trasporti pubblici. Quindi io vi considero in grado di formulare argomenti più complessi. (Senza tirar fuori l’annoso problema che, come contribuente, vi pago abbastanza bene proprio per questo. Per approfondire la complessità degli argomenti. Non per sentirmi dare del cretino a vanvera).

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67 risposte

  1. scusate se mi permetto di tornare on-topic.leo, ma ci credi veramente che la cultura sia sovrastruttura e l’economia spiega il mondo o l’hai scritto per verve polemica ?perchè nel secondo caso va bè.nel primo pure però.lungi da me perdere tempo e lunghissimi post a contestare questa cosa però.

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  2. Sì, Cragno, ci credo.

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  3. Denunciarti? E perché? Si denunciano quelli ‘seri’, appunto, quelli che fanno gli attentati, non chi fa l’Erode dei Poveri (è una tua definizione, io non saprei trovarne di migliori) sulle macerie degli hotel e sui cadaveri. Del Nemico Sionista? Macché: delle studentesse salentine.Altro che shahid, sei un Cristiano senza Carità (e se deve venirtelo a dire un senzadio come me, siam messi male).Siccome sono per la separazione fra Chiesa e Stato, non vedo perché dovrei denunciarti per questo.PS: Dossier? Naaah: non sono mica l’Inter.

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  4. Sei comunque parecchio buffo.

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  5. Boh non ho letto i post precedenti, potrei sbagliarmi. Però mi pare che Leo non faccia almeno quella cosa molto sgradevole di altri che dicono cose “che piacciono ai giovani” per poi invece sputare sulla democrazia, paranoizzare sul comunismo e distillare veleno a nastro. A me questa riflessione piace, anzi, è anche un po’ antiretorica se vogliamo. Carolina

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  6. Censurata immediatamente la riflessione della Namazie da Leonardo. Vuol dire che aveva proprio ragione a dire che il relativismo culturale è il fascismo della nostra epoca.

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  7. Ma il minimo senso della decenza?In cima ai commenti c’è scritto che io sono libero di cancellare tutto, se mi va. Perché il blog è mio. Sono molto poco relativista al riguardo.Il commento “censurato” aveva in realtà le dimensioni di un post. Se volessi che altri scrivessero post sul mio blog, darei loro l’accesso. Evidentemente non voglio.Come saprà l’anonimo (se ha letto un po’ in giro), io non credo che “il relativismo culturale” sia “il fascismo della nostra epoca”. Una frase del genere mi sembra uno sproposito enorme. Chi dice queste cose non ha una minima idea di cosa sia né il relativismo culturale, né il fascismo. Io non ho tanta voglia che queste cose circolino sul mio blog. Anche perché c’è sempre qualcuno che non capirà che non l’ho scritta io, e che anzi non sono d’accordo.Se chiamate questa “censura”, avete veramente una scarsa nozione di cosa la censura sia. In Italia la libertà di espressione su internet è pressoché totale. Se volete che qualcuno legga la vostra *riflessione* sul relativismo culturale, non avete che ficcarla su vari forum o su un blog a nome vostro. Con una fatica minima, potete ottenere molta più visibilità di quanta ci sia qui.Ma è evidente che vi piace giocare ai censurati, alle vittime del liberticidio. Mi verrebbe da consigliarvi una piccola vacanza in Cina, quella popolare. Credo che le vostre riflessioni su cosa sia il fascismo e la censura ne trarrebbero giovamento.(Uno potrebbe anche domandare perché un flame delirante di Griso e Le sue Vacche sì e un pippone sul relativismo culturale no. Ebbene, in effetti dovrei cancellare tutto quanto. Ma la sola idea di Griso che libera le giovenche al grido di “Censura” mi fa tremare i polsi, e comincjao a farte ,ferorri di battrtfitura).

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  8. Certo hai il diritto di cancellare quello che ti da fastidio, quello a cui non riesci a replicare.A te consiglio una vacanza in Iran da dove è originaria la Namazie che ha appunto definito il relativismo culturale una forma di fascismo. Spiega che cos’è per te allora il relativismo culturale.Che cosa ti permette a questo punto di condannare il fascismo, guantanamo l’infibulazione, la pena di morte se segui il relativismo culturale?Io li condanno perché non credo al relativismo culturale. Per gli islamici la dichiarazione dei diritti dell’uomo è un’invenzione sionista. Sei d’accordo con loro?

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  9. Ma è fantastico.Io sto qui a replicare con un anonimo che evidentemente non ha nemmeno letto il post che sta commentando, visto che mi chiede di spiegare “cos’è per me il relativismo culturale”.E dire che c’è scritto: se leggi in cima c’è scritto a chiare lettere che il relativismo culturale, come lo intendete voi, per me non esiste. E’ un fantoccio retorico. Basta leggere.Invece qui arriva uno che non legge e mi chiede di replicare. Anonimo, che io sappia non c’è una sola cultura che giustifichi il comportamento di una persona che senza presentarsi, e ignorando di cosa si sta parlando, pretende di interrogare immediatamente il padrone di casa su quello che pare a lui. Nessuna. In Iran ti darebbero del maleducato. In Cina, maleducato. Qui, maleducato.

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  10. Un fantoccio retorico? In Germania, nell’agosto del 1997, una ragazza di 18 anni è morta bruciata per mano del padre per aver rifiutato di sposare l’uomo che lui aveva scelto per lei. Il tribunale tedesco gli ha concesso una riduzione di pena, affermando che lui praticava la propria cultura e la propria religione.Mai sentito parlare dei tribunali islamici in Ontario? Grazie alla mobilitazione delle donne sono state evitati. Ma per capire queste cose occorre abitare in paesi di più antica tradizione migratoria e avere un contatto più concreto con una vera società multietnica. Fortunatamente sono spesso le donne islamiche ad essere contro il relativismo culturale anche perché lo subiscono sulla pelle contrariamente a certi intellettuali.Sing

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  11. Sing, è ovvio che se per me non esiste il relativismo culturale, non devono esistere nemmeno tribunali islamici in Germania o in Ontario.Dove probabilmente io e te divergiamo è: tu forse pensi che sia una manovra dell’islam per musulmanizzare l’occidente: io tendo a vederci un problema economico. Dove c’è benessere e occupazione, secondo me, i tribunali islamici non attecchiscono (del resto fino a qualche anno fa non vigeva la sharia neanche nelle regioni islamiche della Nigeria).Per me, più delle discutibili sentenze canadesi (come se da noi la Cassazione non cassasse cazzate) è drammatico che si ricominci a parlare di Sharia in Iraq o in Palestina, dove un tempo c’era oggettivamente più laicismo di adesso.E allora il controsenso è: mentre abbiamo paura di qualche saltuaria infiltrazione della sharia in Canada, noi con le guerre in medio oriente, alimentiamo il risentimento islamico.Che poi, magari fosse davvero un controsenso. No, ahimè, il senso c’è, ed è: stiamo laviorando per fare scoppiare il conflitto di civiltà. Se non è già scoppiato.

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  12. Caro Leonardo,La disparità tra uomo e donna non è un problema economico ma un problema di forza fisica. Non puoi ridurre tutto ad una questione economica. In America Latina sono più poveri delle monarchie saudite, eppure su certe questioni per esempio i diritti delle donne e dei gay (dei quali mi sembra di aver capito che non te ne freghi nulla) ci danno dei punti almeno a noi italiani. E l’america latina non lo ha subito l’imperialismo occidentale? In ogni caso ben presto alcune città dell’Europa come Amsterdam (fra cinque anni) saranno a maggioranza musulmana vedremo presto chi aveva ragione, spero abbia ragione tu, nel caso contrario non sarai comunque tu a pagare.Ciao

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  13. Dimenticavo sai qual’è il paese che ha iscritto per primo nella sua costituzione la laicità?Il Messico

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  14. Perfetto, e allora facciamo come in Messico: la rivoluzione.<>i diritti delle donne e dei gay (dei quali mi sembra di aver capito che non te ne freghi nulla)<>Chissà dove l’hai capita, questa.In America latina non esiste il fondamentalismo religioso, ma ci sono tante altre cose brutte. Ci sono state dittature militari feroci, c’è il narcotraffico, in certi paesi c’è la guerriglia endemica e una criminalità paurosa. Ma siccome tutto questo resta dall’altra parte dell’atlantico, ci fa meno paura.Quello che ci fa veramente paura è l’immigrazione. Tu ti senti invaso e hai paura. Ma chi ha paura ha già perso.

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  15. In America latina non ci sono praticamente più dittature a parte Cuba. Io non ho paura dell’immigrazione ma dei perbenisti che fanno discorsi demagogici sull’immigazione senza aver mai vissuto in una ad Amsterdam, Anversa o Parigi.

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  16. < HREF="http://leonardo.blogspot.com/2004/07/histoire-dhlm-il-problema-sempre.html" REL="nofollow">Non ci sono solo Amsterdam, Anversa, Parigi<>. C’è pure la provincia.

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  17. IL PENSIERO MARXISTA IN PSICANALISI.Dalla Scuola di Francoforte a Marcusedi LAURA TUSSILa scuola di Francoforte rifiuta il riduttivismo e la chiusura di pensiero attraverso un approccio critico alla società. Dalla delusione storica del marxismo il proletariato è incapace di assumere il protagonismo della rivoluzione in un divario tra teoria e prassi politica. La famiglia è il mezzo con cui i valori sociali e il potere collettivo si riproducono. Nel 1930 la scuola di Francoforte si trasferisce negli Stati Uniti per evitare persecuzioni, dove il potenziale marxista diminuisce, subentrando valori liberali omogenei al nuovo contesto sociale. Prima il padre era responsabile della sottomissione psicologica della riproduzione sociale operata dalla società borghese e capitalista con la critica di Reich alla personalità autoritaria contrapposta alla personalità rivoluzionaria. Ora il padre è inghiottito dall’anonimato dei rapporti massificati e in quest’ottica la famiglia risulta una possibile difesa dalla società disumanizzante. La personalità autoritaria contrapposta alla personalità democratica e tollerante nei confronti delle diversità diviene un paragone che suscita le critiche dei marxisti contrapposti ai conservatori, portando alle estreme conseguenze l’incontro con il marxismo perseguito da Reich. Questo porta ad una contraddizione: l’uomo non può essere libero perché è condizionato dalla società. Ogni progetto rivoluzionario decade perché inconscio e contrario alle sue modalità di trasmissione. La soluzione si trova nell’intellettuale critico che riattiva l’individualismo eroico nella filosofia idealistica, nell’ibridazione tra psicanalisi e filosofia come analisi esistenziale per cui si rivela la schizofrenia nell’ottica dell’esistenza umana e nella pura comprensione dell’altro. Il sintomo non risulta quale deviazione morbosa, ma fallimento esistenziale nella mancata realizzazione della libertà, per cui psicanalista e paziente comunicano, adottando modi di comunicare che generano fallimento e tendono ad assumere maschere con gli altri. Karl Abrham, maestro di Melanie Klein, dimostra con il suo lavoro il rapporto vitale tra psicanalisi e clinica, affrontando il problema delle psicosi e affermando le teorie di Freud sulle fasi precoci dello sviluppo infantile. Nel 1908 pubblica “Le differenze psicosessuali tra isteria e dementia precox”. Rivela la componente sessuale di entrambe le sindromi: nella sessualità isterica coesistono pulsioni parziali anarchiche la cui energia è rivolta all’oggetto di possibile sublimazione. Nella sessualità psicotica si verifica la privazione dell’oggetto sublimabile rivolta sul sé. Nella fase orale si denota l’abbozzo di un rapporto oggettuale.Il neonato esce dal narcisismo quando il seno materno diventa l’oggetto con cui intrattiene un rapporto funzionale. La poppata è un desiderio di incorporazione che suscita fantasie cannibaliche. La psicosi può spiegarsi con schemi risalenti a stadi più precoci dello sviluppo sessuale. Le psicosi organiche, epilettiche e senili si distinguono dalle psicosi indotte dal blocco di emotività nella dementia precox. Il blocco emotivo provoca fissazione, in un patrimonio intellettivo malato, causato dal trauma sessuale realmente accaduto, che secondo Freud consisteva in inconsce fantasie di seduzione. Il bambino ha provocato il trauma inconsciamente tramite un’intenzionalità inconscia che rende un rapporto sessuale prematuro psichicamente traumatico, dove il desiderio sessuale è inaccettabile e diventa senso di colpa nel blocco evolutivo: il trauma è il modo in cui il sintomo si manifesta. Esistono tre stadi di sviluppo della libido: stadio orale, stadio anale, stadio fallico. I punti in comune tra sogno e mito sono prodotti della fantasia mentale di appagamento di desideri inconsci deformati dalla censura. Il mito è un frammento della vita psichica infantile del popolo. Il sogno è il mito dell’individuo, è il desiderio di natura sessuale che compare in entrambi. Il mondo è trascritto nelle forme del desiderio sessuale. I simboli usati sono comuni anche alla malattia mentale frutto di analogie riconoscibili. Il mito scompare con un’evoluzione razionalistica dell’umanità e con il soddisfacimento dei desideri infantili. Nel 1926 la psicologia delle masse e l’analisi dell’io prevede la manipolazione delle masse da parte di capi carismatici. Con l’amore per il capo si realizzano le fantasie edipiche infantili, per cui la sessualità è più potente delle pulsioni di autoconservazione.Stekel fu rimproverato da Freud perché propose una lista di simboli con significato fisso corrispondente. Freud accetta l’esistenza di pochi simboli universali, ma fu fedele alla teoria della creazione individuale e della plasmaticità del simbolo onirico. Ferenczi neurologo e psichiatra tra i fondatori dell’associazione psicanalitica internazionale impone la purezza dottrinale. Vive nel periodo di Reich che recepisce l’insufficienza della terapia elitaria per il proletariato. Cerca di salvaguardare la dignità scientifica dell’intervento e di piegarlo alle esigenze di un’utenza più estesa. Considera le condizioni sociali che causano le nevrosi, convinto che la rimozione della pulsione sessuale genera energie psichiche atte a essere manipolate dall’autorità. Con il trauma più acuto è connesso al rapporto bambino madre nella prima infanzia. Egli ricrea le condizioni del trauma e vieta al paziente di esaudire i bisogni elementari comportandosi come il genitore frustrante. il sintomo è un accumulo di godimento, una regressione causata da carenze affettive inconsce. L’analista deve recuperare tali carenze con la disponibilità. Nel 1932 scrisse Thalassa, in cui il metodo psicanalitico converge con la biologia evolutiva e, con la paura per il conservatorismo e l’ortodossia. In origine la sessualità tendeva a stabilire un tutto unico con il corpo materno, in un desiderio della madre legato alla genetica. Vuole ricostruire la sua teoria dell’evoluzione genitale attraverso la biologia.LAURA TUSSI

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