Caro giovane disoccupato, oppure lavoratore, e quindi sicuramente precario. Caro giovane di sinistra, o di destra, o di nessuno, o del migliore offerente.
Tu che su facebook scrivi almeno una volta al giorno che il sindacato non ti rappresenta; che il PD è un partito di pensionati per i pensionati; che l’articolo 18 è un arnese fuori dal tempo che ti opprime; tu che tra le caste che soggiogano questa povera Italia non ti stanchi mai di ricordare la più odiosa, quella dei dipendenti a tempo indeterminato illicenziabili; tu che non ti perdi un’intervista a Pietro Ichino e me ne aggiorni su twitter; caro giovane disoccupato o precario:
volevo dirti che in linea di massima hai ragione.
Il sindacato davvero non ti rappresenta – del resto dovrebbe? Non sei iscritto. Il sindacato non è un ente benefico che lotta per un mondo migliore: è un’associazione che tutela i diritti dei suoi tesserati. Il PD è davvero un partito di pensionati, anzi ha il suo daffare a tenersi buono lo zoccolo molle di anziani che rimane fondamentale in vista delle elezioni dell’anno prossimo. E quindi, insomma, ti resta Pietro Ichino. Ti ha spiegato che in Italia c’è un recinto di lavoratori tutelati (pochi) e una prateria di precari e disoccupati, e la sua proposta è più o meno: aboliamo il recinto. Dopo ci sarà più lavoro per tutti e anche più diritti, sì, per tutti. Sto semplificando, ma non è che Ichino e i suoi altoparlanti su giornali e tv la facciano molto più complicata, eh? Diciamo che la mettono giù in un modo più convincente.
Però, caro giovane, tu e Ichino potreste avere ragione anche su questo. Che ne so io, dopotutto. E quindi non ti chiedo di smettere di prendertela col PD, o con la CGIL, o con quel feticcio che è l’articolo 18. Puoi continuare se ti va a vedere in me un membro della casta, perché ho un contratto a tempo indeterminato, anche se alla fine del mese magari piglio meno di te. Vorrei soltanto essere sicuro che tu abbia capito cosa stai chiedendo.
Tu non stai chiedendo di abbattere il mio steccato. Quello ormai resta. La Fornero non si pone neanche il problema. Nemmeno Ichino osa. Il mio steccato non è in discussione. Tu stai semplicemente lottando perché nessuno sia più ammesso dall’altra parte. Chi è stato assunto prima della futura riforma Ichino resterà più o meno garantito. Gli altri, anche se sono arrivati a un tempo determinato dopo anni di contratti a progetto, resteranno per sempre al di qua. Licenziabili per un capriccio.
Posso essere più chiaro? Tu non stai lottando per togliere un diritto a me. Tu stai chiedendo che lo stesso diritto non possa più essere esteso al te stesso di domani. E si capisce, sei giovane e pieno di energia. Cambiare contratto una volta al mese non ti spaventa, perché dovresti ambire a una sistemazione a tempo continuato sotto l’ombrello dell’articolo 18? e a una panchina ai giardinetti, già che ci siamo? Largo ai giovani.
Lo stesso vale per le pensioni. Quando chiedi che siano tagliate, non stai parlando delle pensioni dei tuoi genitori. Stai parlando della tua. Quando auspichi l’abolizione della pensione di anzianità, non stai parlando della mia anzianità: stai parlando della tua. Quando chiedi che sia innalzata l’età pensionabile, è della tua vita che si parla. (Ma tanto tu non invecchierai come tutti gli altri, tu a 66 anni sarai ancora pieno di tanta voglia di fare). Lo so che sei in buona fede, quando pensi che il corpo flaccido e inerte del mondo del lavoro si meriti una sferzata: voglio solo essere sicuro che tu abbia capito che l’unica schiena a disposizione è la tua. Dopodiché, puoi continuare a ichineggiare e perfino sacconeggiare, se ti fa sentire bene. Magari hai ragione. Magari davvero l’unica strada è quella di alzare l’età pensionabile (la tua), e rendere più facile il licenziamento (tuo). Io resto scettico, ma è Ichino l’esperto.
E lui sta pur tranquillo che non lo licenzia nessuno.
Poi la domanda perchè un datore di lavoro dovrebbe licenziare chi lavora bene merita il Nobel per l'ingenuità e mancanza di esperienza diretta in contesti lavorativi anche molto diversi tra loro (comunque è Natale anch'io sono più buona e te lo spiego perchè: perchè anche se io lavoro bene, in questo periodo di crisi, un capo cui sto sulle balle, magari perchè sono di estrema sinistra, mi manda via perchè tanto sa che ne trova a iosa di sostituti)
Tyche
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Tyche
Intanto vedo che sul sito di Pietro Ichino ci sei andata: questo è importante. Leggi anche tutto il resto.
Poi: cosa c'entrano l'apprendistato o il part-time o il telelavoro? Se poi leggessi più attentamente, ti renderesti conto che Ichino non propone di assumere le persone full time e a t.i. per lavori che durano due settimane o pochi giorni l'anno (come i lavori stagionali).
Inoltre sarebbe anche bene che cominciassi ad uscire dal romanzo di Dickens in cui vivi adesso: secondo te come fanno quelli che già adesso lavorano in imprese sotto i 15 dip. dove il reintegro non c'è? Vogliamo uscire dalle visioni ideologiche?
Uqbal
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Per anni ho lavorato come precario nella pubblica amministrazione, insieme a tanti colleghi precari come me. Quando cominciammo i diritti erano a zero. Insieme, unendoci, con qualche aiuto – scarso – da parte del sindacato, lottammo a viso aperto contro la dirigenza e l'amministrazione, per acquistare e conquistare qualche diritto primario nel deserto dei diritti. So cosa significa non sapere, ogni dicembre, se a gennaio il contratto sarà rinnovato o no. So cosa significa restare senza contratto per mesi, con gli stipendi bloccati, forse anche come conseguenza della lotta per qualche diritto fondamentale. Ma alla fine del percorso – quando io e alcuni altri colleghi vincemmo un concorso e fummo stabilizzati – avevamo ottenuto, certo anche grazie alla sensibilità di alcuni dirigenti, il diritto alla malattia e alle ferie, il riconoscimento della gravidanza, perfino il buono pasto.
Avevamo lottato, ci eravamo uniti, eravamo stati riconosciuti come gruppo e come gruppo ottenemmo alcuni diritti basilari del lavoro. Questo è quello che i precari oggi – e molti già allora – non facevano e non fanno: unirsi e lottare. Lottare, non dare per scontato che “il mondo è così e non cambia”, non c'è alternativa, il potere ha sempre ragione e tutto quello che possiamo fare è adattarci per soffrire il meno possibile. Questa è la filosofia sottesa all'ichinismo: la situazione è data e non si cambia, c'è un solo mondo, quello dei padroni, dell'azienda, del mercato, del profitto, del lavoro come merce, del lavoratore come macchina fungibile al servizio del profitto altrui. E gli unici “miglioramenti” concepibili sono quelli che consentono all'ingranaggio fungibile di guadagnarsi il suo tozzo di pane senza dare fastidio al proprietario, che ha da far soldi in santa pace. Quindi via i diritti, ridefiniti “privilegi” in un contesto lessicale forgiato da autentici criminali dell'ideologia liberista.
E allora cari precari, se andate dietro a Ichino e il suo ricettario marchionnista, se non vi svegliate e non lottate per i VOSTRI – non i nostri – diritti, e per quelli dei vostri figli e nipoti, ha ragione chi dice che vi meritate Sacconi. Sacconi forever. Vi meritate di essere licenziati tutti, così magari smettete di rompere le scatole con le vostre querimonie da castrati ai “tutelati” e nuocete di meno ai vostri padri e fratelli maggiori che un posto fisso se lo sono sudato e conquistato. Poi arrangiatevi, chiedete a mastro Ichino di assumervi. Una generazione-poltiglia, una generazione di imbelli cervelli lavati, non merita altro.
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Aggiungo che sono del tutto d'accordo con l'addetto ai lavori (previdenza pubblica) il cui post pacato e acuto mi sembra perfetto. Tutti questi giovani turchi dell'ichinismo… tutti questi innamorati persi di quel servo del sistema che Ichino è, tutta questa gente puzza d'imbroglio in stile Sessantotto. La rivoluzione sulla pelle degli altri, poi la jeunesse dorée che ha fatto casino si scava la nicchia nel potere e nel sottopotere e fuori al freddo ci restano i fessi.
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In breve perché la proposta Ichino mi sembra buona, anche se ovviamente ce ne possono essere di migliori:
1- Ragioni ad personam: Ichino, almeno col mezzo scritto, tende a essere molto più ragionevole di quanto non lo si sia in discussioni su questo argomento; non so per quanto riguarda le discussioni “dal vivo”, non le ho viste, mi riferisco a testi online e su carta stampata.
2- Ragioni riguardanti il contratto: le modifiche proposte da Ichino alle garanzie dell'articolo 18 (ovvero togliere il divieto di licenziare per riorganizzazione economica) permettono ad un'azienda di essere più dinamica e di prendere più a cuor leggero l'assuzione di una persona a t.i., il che mi sembra positivo
2 bis – sostituire la cassa integrazione (=legato al tuo vecchio posto di lavoro) con un sussidio e l'aiuto a cercare un nuovo posto di lavoro (=corsi di formazione, servizi per entrare in contatto con le aziende, ecc.) non mi sembrano uno scambio cattivo: se la mia azienda è in cattive acque è probabilmente meglio per entrambi se cerco di andare verso altri lidi
3- ragioni sistemiche: se si fornisce una rete di sicurezza al lavoratore in un mercato più “fluido” in cui si può dover cambiare posto di lavoro più frequentemente, e si ha un contratto a t.i., il datore di lavoro dovrebbe tenere di più al lavoratore stesso e quindi formarlo (=renderlo più produttivo)
3 bis – è fondamentale, secondo il mio umile parere, che il mercato del lavoro venga riformato in questo senso prima che la ripresa inizi, altrimenti si rischia un altro ciclo perverso in cui i lavoratori vengono assunti al minimo prezo e per il minimo tempo possibile…con una formazione minimale…e saremo di nuovo esposti a scosse come quella attuale.
In sintesi: sistema più fluido, con più garanzie in media (anche se leggermente meno di quelle a cui si era abituati negli anni precedenti ai '90), eliminazione della selva di contratti atipici attuale, e l'evitare un quasi sicuro ciclo perverso alla ripresa dell'economia. A me sembrano buone caratteristiche di questa riforma del lavoro, e dato che entrano in vigore per i nuovi contratti soltanto, non capisco neanche a chi si stiano rubando i diritti.
Se l'obiezione è “ai noi stessi futuri”, rispondo che preferisco un sistema in cui le garanzie ci sono fin da subito per tutti piuttosto che uno in cui si parte potenzialmente senza garanzie e ce se le deve sudare per entrare nel rango dei “garantiti”. L'abolizione della selva di contratti è secondo me il tratto più pregevole.
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Nessuno degli ichiniani mi ha ancora spiegato perchè non si può mettere in pratica quanto proposto da Ichino senza toccare l'art.18 (che non impedisce di licenziare per riorganizzazione economica)
@uqbal, secondo me tu non hai letto bene: resterebbero in piedi anche quelle forme di lavoro che rendono il lavoratore peggio di una merce: lavoro a chiamata, ad esempio, per tua informazione, lo puoi protrarre ad libitum, non c'entra niente la stagionalità
Tyche
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Lascio solo due commenti:
1) http://www.imille.org/2011/11/lavoro-riassunto-delle-proposte-di-ichino-e-boeri/
http://www.tutelareilavori.it/website/proposte-di-legge/contratto-unico-ipotesi-a-confronto.html
Due link per confrontare le proposte Ichino con quella di boeri/garibaldi (non propriamente dei vetero comunisti) che partono da impostazioni simili ma con esiti diversi.
2) L'art. 18 è un diritto sindacale. Infatti è nel Titolo III dello Statuto dei Lavoratori.
Quando si riflette sul rapporto tra flessibilità e sicurezza (cioè tra gestione aziendale e sue ricadute negative, e quindi salvagenti sociali nel mercato del lavoro) occorre tenere fuori il 18, che nasce come diritto forte, rigido, a tutela dell'attività sindacale, intesa come libera scelta delle persone di associarsi, esprimere un punto di vista collettivo dentro l'azienda sulla propria condizione lavorativa, ed eventualmente entrare in conflitto col datore di lavoro, senza timore di ritorsioni. L'art. 18 è quello che permette di dire in libertà, individualmente o collettivamente, di no. Fuori dal 18 (come sanno i tutti i precari e chi lavora in aziendae <15 dip. ) c'è solo l'arbitrio, ed una vita col cappello in mano (con tutti gli altri diritti che di fatto non sono più esigibili, e restano sulla carta).
Come si può leggere dal link inviato, Ichino prevede che solo dopo 20 anni di anzianità sta in capo all'azienda l'onere della prova della ragione economica o organizzativa del licenziamento. I discrimine tra arbitrio del datore di lavoro, e diritto del lavoratore sta tutto lì, nell'onere della prova: chi è che deve dimostrare che l'azienda DAVVERO non aveva alternative al licenziamento?
Come si fa ad evitare che un'azienda usi il cd “licenziamento economico” per fare fuori i dipendenti più attivi sindacalmente, quelli che insomma rompono di più? Lasciandole in capo l'onere della prova.
Il post di Leonardo mi pare corretto proprio perché prende di mira questo ipotetico futuro (20 anni senza garanzia di diritti) e disinnesca la bomba retorica del conflitto tra garantiti/padri/passato e precari/figli/futuro
Tutto il resto, IMHO, sono discorsi che ricalcano la guerra tra poveri utilissima a chi non fa parte di questa categoria.
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Manca a mio parere un punto nell'analisi di Leonardo : il danno che a me provocano tutti questi contratti da precari è maggiore della tutela datami dell'art.18. Questo perchè se da un lato è vero che io ho un contratto a tempo indeterminato dall'altro è vero che non riesco più a cambiare azienda perchè nessuno più offre contratti seri. Un conto è lavorare nel pubblico, dove si è davvero inamovibili (almeno fino al meritato default nazionale) e un conto è lavorare nel privato, dove se vogliono mandarmi via di modi ne trovano quanti ne vogliono.
E forse sarebbe il caso di ricordarsi che l'art.18 non dice che nessuno può essere licenziato, ma che in caso di licenziamento senza giusta causa un tribunale può stabilire un indennizzo o il reintegro , e il più delle volte si decide per l'indennizzo.
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Privatizzazione del pubblico impiego più riforma o eliminazione dell'articolo 18 uguale metà degli insegnanti di ruolo (e di altre categorie di pubblici dipendenti) a spasso. Già dal 2014, per il sistema della premialità, un quarto degli insegnanti sarà giudicato, a priori, di rendimento insufficiente, e ipso facto, dopo due o tre anni, potrà essere silurato. Non sarei tanto certo che il nostro posto di lavoro sia così al sicuro, di qui al 2040….. Fra gli insegnanti c'è scarsissima informazione. Nessuno sciopera, assemblee sindacali deserte. Tutti ricchi di famiglia, evidentemente. O tutti fessi. O tutti rassegnati. Del resto, c'è poco da fare.
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Questa duscussione nei commenti è un magnifico teatro dell'assurdo, e probabilmente un ottima metafora del perchè la cosiddetta sinistra tende a formare nanopartiti sempre più piccoli, dividendosi come un batterio, a ogni generazione.
Io la proposta ancora non l'ho letta. Mi chiedo però perchè la semplice riformulazione del principio della giusta causa (se è questa la modifica principale all'articolo 18, da quel che si capisce da qui) sia così calda… a me sembra roba abbastanza chiara e piuttosto corretta, persino (ora in tono con il resto della discussione salterà su qualcuno che invece di spiegarsi mi dirà che le nuove generazioni non sanno cosa vuoi dire lottare e scioperare, e che mi sono ichinizzato, o magari che cerco di togliergli i diritti)-
Io ho una storia di lavoratore diendente ma conosco tanti piccoli imprenditori. Storie ne ho sentite tante. Se dovessi mai aprire un'attività imprenditoriale mi guarderei bene dal superare la soglia dei 15 dipendenti.
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Kimboz
Secondo me il problema è di prospettiva: in un paese completamente stagnante e irrigidito da mille corporazioni e leggine, perdere il posto di lavoro equivale ad uscire da un club esclusivo, in cui rischi di non rientrare più.
Allora la difesa del posto del lavoro (e non del reddito!) viene prima di ogni cosa, per il principio che chi lascia la strada vecchia…in Italia finisce dritto in una scarpata. Peccato però che questo prevalga anche sulla valutazione dell'impresa: in qualche modo si pensa che anche un'impresa decotta possa essere tirata su (di solito con soldi pubblici) in modo da mantenere posti di lavoro. Col risultato che le aziende chiudono lo stesso, ma dopo aver dilapidato denaro pubblico e in condizioni ancora peggiori (non se le compra nessuno).
Ma pare che la lungimiranza per capire questo non ce l'abbiamo…
Uqbal
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Paolo
Il reintegro previsto dall'art. 18 probabilmente è stato, in principio, quel che dicevi tu. Nell'industria fordista, però. O con un datore come Wal-Mart, in America.
Le cose però sono un po' cambiate in 42 anni. Si può pensare di aggiornare le leggi al mondo concreto? Nessuno peraltro vuole eliminare il principio della tutela del lavoratore (e su questo c'è una MASSICCIA disinformazione).
Oggi con l'art. 18 si chiede, ad es., ad un omosessuale (o ad un sindacalista) di rimanere a lavorare con un datore che ha dato prova di disprezzarlo. Meglio che il lavoratore si trovi un ambiente di lavoro migliore, e che l'omofobo, o l'antisindacalista, si ritrovi economicamente spellato.
Ma questo non si può…perché se perdi un posto, nella nostra moribonda economia non ne trovi un altro…
Allora cerchiamo di dare anche ai lavoratori un po' più di libertà di movimento: saranno anche meno ricattabili (che poi è quanto giustamente rileva Paolo).
Uqbal
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Matteo Veronesi
Stai dicendo che i prof. di ruolo non devono essere valutati? Che meriti di lavorare anche se sei un fannullone (e non sto certo dicendo che tutti gli insegnanti lo siano)?
C'è una ragione, tra le altre, cmq, per cui in Italia ci possono essere 200.000 precari (tutta la Fiat) senza che scoppino rivolte. L'85% degli insegnanti in Italia è donna, con punte ben oltre il 90% nella primaria. Orario e retribuzione sono da part-time.
In altre parole, in Italia il lavoro del docente è ancora visto come una funzione vicaria delle donne-madri, che al mattino vanno a scuola e il pom. stanno a casa (a lavorare, sempre, ma con un occhio ai figli). Il primo reddito lo porta a casa il marito.
Certo, il secondo reddito è disagevole e incerto, ma non fa abbastanza danni da creare vere proteste (paragonabili a quelle dei 5000 di Termini Imerese).
E prima che qualcuno si inc..zi, notate che ho detto una cosa femminista, non maschilista…
Uqbal
(PS: ho scritto tre messaggi brevi per non incappare nell'antispam)
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Il problema sono i criteri di valutazione. Per una valutazione almeno potenzialmente seria ci vorrebbe un esercito di ispettori ministeriali, che mancano (perché andrebbero pagati, e bene, essendo dirigenti). E non si può dire, a priori, come voleva Brunetta, che un quarto degli insegnanti sia costituito da incapaci. Verissimo, invece, che quello dell'insegnante è un lavoro da donne: pochi soldi, ma tempo libero per star dietro ai figli (sai che allegria: scuola, far la spesa, badare ai pargoli, correggere i compiti… ma questo è un problema esistenziale, oltre e più che lavorativo). Ammesso e non concesso che il marito guadagni bene.
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oh certo, sì, povere, povere aziende… viva la flassibilità (perché non è mica la stessa che ci ha portato a questa situazione). evviva, evviva ichino. distruggili tutti questi bastardi privilegiati. bisogna aiutare i pover padroni…
mi sembra di essere in una scena comica con cornacchione, solo che al posto del berlusca c'è il capitale.
vogliamo il reddito di cittadinanza come progettato dalla fornero? i gusti son gusti ma si metta prima questo e poi si faccia la riforma del mercato del lavoro. altrimenti vi negate da soli: “sì, più sicuro” ma se poi nessuno vi paga il welfare che si fa? si va a protestare a legge già fatta. è come dire: eh ma non si può fare la riforma del welfare prima di quella del lavoro perché non ci sono soldi. peccato che a meno di non essere dei capitalisti alla dickens quello che succede è: cancelliamo la sicurezza sul lavoro, io, azienda, dico che sono in difficoltà economica (chi non lo è in questo momento?) e licenzio. poi? peccato, non abbiamo ancora fatto la riforma del welfare. muori pure di fame tu e i tuoi figli, tanto sei proletariato e ti posso sostituire senza problemi solo spostando l'azienda all'estero. evvai, questo sì che ci piace, no?
direte: “sì, ma l'azienda deve pagare i soldi, mica c'è bisogno di welfare”. i gusti son sempre gusti, ma se l'azienda non ce la fa? magari schiacciata dal credit crunch (già, proprio le aziende sotto i 15 dipendenti) va in fallimento e ti saluto mutuo, cibo e quello che vuoi. poi vagli a spiegare come nascono i ghetti negli stati uniti, o cosa sono gli hobo…
Bisogna ripensare ai meccanismi di accumulazione, non pensare a triturare i diritti… Bisogna unirsi e lottare per un sistema diverso da quello che ci pone tutti contro tutti per raggiungere uno scopo che è sconosciuto a tutti noi… (e lo dice uno che un posto fisso non ce l'ha e probabilmente non lo avrà mai)
— Giovanni
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se una azienda va in crisi oggi si porta la crisi al ministero
lì i sindacati discutono come salvare i POSTI DI LAVORO cercando di caricare i costi allo stato
NON FUNZIONA
ichino dice:
se una azienda va in crisi si ricolloca la gente agendo in modo diffuso e decentrato
azienda, regioni e sindacati gestiscono un sistema per SALVARE LA PROFESSIONALITà E IL LAVORO DELLE PERSONE
FUNZIONEREBBE anche in Italia non solo in Danimarca
resta la tutela antidiscriminazione dell'art. 18
sparisce il congelamento delle crisi aziendali
cresce la capacità di adattamento del sistema produttivo
cessa la precarietà (anche dei garantiti che devono pregare i sindacati che negoziano la cassa integrazione, altro che dignità dei lavoratori)
o no?
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mi spiace ma se non siete daccordo con Leonardo vuol dire che il Grande Fratello vi ha bene indottrinato.
Voi poveri cristi a 1000 euro al mese vi state facendo carico dei problemi di persone che hanno lo stipendio di Marchionne!!!
Vi sembra logico spostare i problemi da un manager milionario ad un padre di famiglia?
Poveri voi, ve ne accorgerete crescendo cosa vi aspetta.
Io ho quasi vent'anni di fabbrica sulle spalle e vi posso garantire che quei pochi diritti che ho li devo al sindacato,anzi alla FIOM CGIL.
Non certo al mio datore di lavoro che pur di aumentare la produzione mi toglierebbe anche la pausa (come hanno appena fatto in FIAT)e vi posso garantire che quando 'LAVORI' l'appetito ti viene.
ogni giorno devi lottare non solo per il lavoro, ma per la tua dignità.
Ogni tanto penso e dico ma che ti aspetti da questo popolo???!!!!
Ha avuto il famoso ventennio fascista.
Ha votato '40' anni la DC.
Ha votato '17' anni Silvio.
E' un popolo giovane, senza storia,senza amore per la patria e mi spiace dirlo senza amore per se stesso.
Sempre disposto a criticare se stesso e ad ammirare gli altri paesi.
Ma siete sicuri che li vivono meglio di noi???
Non è forse ora di dire basta a queste novità estere?
Guardate negli ultimi venti anni come ci hanno migliorato la vita i nostri indistriali!!!
La maggior parte di noi morirà di vecchiaia sul posto di lavoro,altro che più giustizia per tutti.
Ho imparato che ogni modifica della società è sempre peggiorativa per le parti più deboli di questa.
Quindi a meno che non siete dei ricconi,lottate per stare tutti meglio.
Non puoi portare avanti una società dicendo: devono stare tutti peggio!!!
Piuttosto lasciamo giù dei soldi ma teniamoci i diritti.
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Agli ichiniani chiedo: perchè non introducono PRIMA il reddito minimo garantito universale e POI riformano il mercato del lavoro con il contratto unico? Scusate la diffidenza eh, ma dai tempi della legge 300 (detta Biagi) sono diventata più sospettosa, anche all'epoca si diceva, a fronte dell'introduzione della giungla contrattuale, che la precarietà sarebbe costata molto di più rispetto al posto fisso, che avrebbero fatto gli ammortizzatori sociali per i cocopro e i precari ecc ecc. Cosa ne è stato poi? Qualcuno ha il coraggio di rispondere a questa domanda? Non chiedetemi di fidarmi ciecamente di questi incompetenti allo sbaraglio (vedi Ichino che oggi sul suo blog dimostra senza tema di smentita di non sapere neanche COSA SIA UN LICENZIAMENTO e poi parliamo dei professori da 1200 euro al mese da licenziare per incapacità) Andatevelo a leggere l'articolo nel blog di ichino che commenta leonardo. Comico se non fosse tragico che un prof universitario di diritto del lavoro, senatore Pd non sappia cos'è un licenziamento
Tyche
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“mi spiace ma se non siete daccordo con Leonardo vuol dire che il Grande Fratello vi ha bene indottrinato.[…]”
se queste sono argomentazioni …
Andrea
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Beh ha letto ben poco del mio messaggio……
Sarà il caso che legga bene tutto e se possibile invece di cercare di ridicolizzare argomenti altrui affronti la discussione.
Perchè le garantisco che anche sui suoi messaggi ci sarebbe da discutere. (a proposito le evidenzio che il Grande fratello' a cui io mi riferisco è quello del libro '1984' gliene consiglio la lettura).
Tornando a noi le ricordo che la Fiat (e così molte aziende)ha fatto il bello ed il cattivo tempo per molti anni.
Prendendo soldi dalle casse dello stato (cioè da noi cittadini che paghiamo le tasse in busta paga per farle capire una situazione che non mi sembra abbia molto chiara)
E oggi non mi sembra che Marchionne nonostante la Fiat abbia sempre avuto tutto dallo stato (soldi per investimenti al sud italia,casse integrazione e via dicendo….impegni immancabilmente disillusi)si faccia problemi a spostare l'auto dall'Italia.
Lasciando migliaia di famiglie alla fame.
Le ripeto invece di importarci il modello di vita da terzo mondo in Italia (perchè è questo che politici e persone come lei vogliono fare) sarà il caso di esportare un poco di giustizia e dignità
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Fornero, coccodrilla di governo, ha chiaramente detto cosa significa questa riforma, così sintetizzata da Repubblica il 29 gennaio nell'articolo “Lavoro ecco il piano Fornero”: “Si parte da una premessa di base: nella insostenibile “giungla dei 46 modelli contrattuali” attualmente in vigore, alcuni hanno dato buona prova (contratti a progetto, part time)…” quindi NON saranno aboliti.
http://www.repubblica.it/economia/2012/01/29/news/lavor_piano_fornero-28945203/index.html?ref=search
(quinto capoverso).
Si tratta dei contratti parasubordinati (copro e variazioni sul tema), quelli peggiori, cioè quelli che non prevedono ferie, malattia (se non con la conservazione del posto) e nemmeno contributi decenti, quelli che se chiedi se “hanno dato buona prova” a qualunque precario ti risponde con una pernacchia e ogni datore di lavoro fregandosi le mani perché di fatto sono un'evasione contributiva legalizzata, quelli che hanno dato luogo ad infiniti abusi, mascherando normali posti di lavoro sotto la falsa dicitura di “progetti”. Quindi, il commentatore che urlava più su “ferie malattia pensione” vedendoli nell'abolizione dell'art. 18 si rassegni: il problema è un altro.
L'abolizione del precariato è un pretesto, abbastanza squallido, per l'ennesimo favore ai ricchi e potenti di questo governo (quelli che già hanno il 45,9% delle risorse delle famiglie essendo il 10% della popolazione, ma ne vogliono ancora, sì, quelli lì). Quei contratti non saranno aboliti perché costano meno alle imprese e l'art. 18 è in discussione perché gli costa troppo, più che in denaro, perché gli impone delle regole a cui sono allergici e soprattutto perché garantendo coloro che ce l'hanno resta un'alternativa, difficile ma possibile. Chiunque fosse davvero interessato a cosette previste dalla Costituzione come ferie, malattia e pensione conviene che gli avversari se li cerchi altrove, non fra gli scettici delle riformichine.
P.S.: Vivo all'estero (proprio per scappare dal paese dei contratti a progetto) e qui l'anomalia italiana non è l'art. 18 e nemmeno il precariato, ma proprio il contratto parasubordinato che ha dato tanto buona prova per la coccodrilla Fornero. Qui il precariato esiste eccome, è considerato un problema sociale enorme, ma non esistono contratti a progetto: quando spieghi cosa sono, vieni guardato un po' come ti gurdavano davanti al primo ministro che riceveva le nipoti di Mubarak. E ti chiedono: “Ma perché accettate queste cose?”. Tanto per capire quali siano le vere anomalie europee.
Commento anche se venire su questo blog mi è ormai decisamente sgradevole, ma l'argomento è di quelli vitali.
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