Caro Ministro Gelmini, ho appreso che lei è contro l’ideologia del 6 politico. Siccome sono un insegnante, la cosa non può che farmi piacere. Caro Ministro, continui così.
Tenga duro. Ignori quella folla ipocrita di colleghi, studenti e sindacalisti che da due giorni non fa che chiedersi: “ma che c’entra il 6 politico?” Il 6 c’entra. Eccome se c’entra.
Perché è vero, sarà almeno da 39 anni che nessun istituto o università ne assegna uno. Sono anche molti anni che nessuno ha il coraggio o la sfacciataggine di chiederli. Eppure la diabolica tentazione di affibbiare un sei agli ignoranti senza più nemmeno interrogarli, risparmiando fegato e fatica… ebbene quella tentazione è sempre qui, presente in mezzo a noi, talvolta incarnata nelle forme più insospettabili.
A volte persino in circolari e testi di legge!
Le faccio un esempio, caro Ministro, tratto da un decreto che forse non ha letto (mica si può legger tutto nella vita), che all’articolo 3 comma 3 recitava:
Sono ammessi alla classe successiva, ovvero all’esame di Stato a conclusione del ciclo, gli studenti che hanno ottenuto un voto non inferiore a sei decimi in ciascuna disciplina o gruppo di discipline.
Queste due righe, lette a caldo, erano in grado di portare il panico in un qualunque consiglio di classe di terza media: infatti, per quanto i docenti vi s’ingegnassero di leggervi altro, il contenuto sembrava ben chiaro: chi prende un cinque ripete l’anno. Fine. Come, bastava un cinque? Un solo cinque? Sì. Dura lex, sed lex. Sed dura!
“Oddio, e chi li avverte i genitori, adesso?”
“Vuol dire che ne dobbiamo bocciare cinque, sei per classe? Su cinque classi fanno già una classe in più l’anno prossimo!”
“E dove li mettiamo, nel corridoio?”
“Non si può, lì ci fanno già gli allenamenti di atletica…”
“Ma no, cos’avete capito? Il DL non dice mica che dobbiamo bocciarne cinque o sei”.
“Ma veramente…”
“Leggete bene. Il DL non vi obbliga a bocciare nessuno. Vi chiede semplicemente di prendere i cinque e trasformarli in sei”.
“Come, tutto qui?”
“Certo che è tutto qui”.
“Ma in questo modo…”
“Il rendimento medio della scuola italiana migliorerà in un sol colpo, vedrete”.
“Ma non è giusto”.
“Vedrete le statistiche, l’anno prossimo! Saremo tutti più bravi di un punto secco”.
“Ma questo… è il sei politico”.
“Se intendi che è un sei introdotto dai politici, sì, in effetti possiamo chiamarlo così. Ma questa più che politica è economia: guarda cosa succede con le galere”.
“Che c’entrano le galere con le scuole?”
“C’entrano sempre. Se inasprisci le leggi e non costruisci galere, il risultato che ottieni è liberare detenuti per reati gravi per far posto a detenuti per reati leggeri. Allo stesso modo, se inasprisci la selezione scolastica ma non costruisci una sola aula in più, e non paghi un solo docente in più, puoi anche raccontarti che vuoi una scuola più selettiva; in realtà stai solo inaugurando un diplomificio per asini”.
Lo vede, Caro Ministro? Non importa cosa diciamo o facciamo per scacciarlo: il 6 politico è sempre in mezzo a noi. Per esempio, il sei politico si legge chiaramente tra le righe dell’articolo 3, comma 3, del Decreto Legge 137 del 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 204 del 1/9/2008, e firmato da Silvio Berlusconi (Presidente del Consiglio), Maria Stella Gelmini (Ministro della Pubblica Istruzione), Giulio Tremonti (Ministro dell’Economia) e Renato Brunetta (Ministro della Funzione Pubblica).
Lei comunque si dice contraria. Ne prendo atto.
Ne prenda atto anche lei.
Si levi di mezzo.

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