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Affogarne 60 per educarne un miliardo

Non ci paga nessuno per discuterne, e quindi tanto vale essere franchi: riguardo ai migranti, non c’è un governo italiano che non abbia le mani insanguinate, perlomeno da Berlusconi in poi. Alcuni hanno avuto il relativo merito di trattare la situazione come una crisi umanitaria – il che non significa che non abbiano commesso negligenze imperdonabili. Altri hanno deliberatamente lasciato annegare migliaia di persone, mentre cercavano di coprire le loro responsabilità sviluppando teorie del complotto risibili (i “taxi del mare“); quello che è successo insomma a Cutro, e tra breve succederà altrove, non è niente di nuovo: possiamo dire che il governo Meloni ha dimostrato, nel frangente, una determinazione criminale, ma non diversa da quella mantenuta ad esempio ai tempi di Minniti. Quello che sorprende, nella tragedia di Cutro, quello che ci costringe a collegare i morti annegati al voto dello scorso settembre, è la specifica assurdità dell’episodio: non il fatto che siano morti, ma che siano morti a duecento metri dalla terraferma, a poche ore da un avviso di Frontex e mentre le imbarcazioni più adatte al soccorso restavano al molo. Tutto questo può anche essere successo a causa di una terribile coincidenza di eventi – vedremo cosa ne penserà la magistratura – ma non si può escludere che c’entri la profonda insipienza di alcuni elementi della catena di comando che fino a settembre magari facevano altro, anche se è difficile immaginare che altro fossero in grado di fare. 

2/12/2022

Il fatto nuovo, insomma, non è che si lascino annegare i migranti: è da molti anni che lo facciamo. Ma non in modo così smaccato, non a così pochi metri dalle nostre spiagge: bisogna essere stupidi per ammazzarli così e a quanto pare lo siamo diventati. Siamo probabilmente passati dalla fase in cui i governanti raccontavano sciocchezze per giustificare i nostri crimini (il “pull factor”), alla fase in cui nuovi governanti, persino più ingenui dei precedenti, credono a quel tipo di sciocchezze. Vent’anni di giornaletti fascisti scritti da mestatori fatti passare per giornalisti controcorrente hanno creato quel tipo di politico che probabilmente crede davvero che gli aspiranti migranti s’informino prima di partire su che tipo di governo esiste in Italia: se c’è al governo la “sinistra immigrazionista” corrono subito a fare le valigie; se invece vince aa Meloni subito cominciano a passarsi la voce sui loro smartphone (visto che hanno tutti lo smartphone): eh no, quella è tosta, meglio restare sotto le macerie di un bombardamento o di un terremoto od ovunque ci troviamo. 

Siccome poi qualcuno recalcitra, siccome qualcuno ormai magari è già a metà strada e va dissuaso finché è in tempo, occorrono lezioni esemplari: in fondo una volta ammesso che possa esistere un pull factor, non si può che giungere alla conclusione che esso possa essere contrastato da un non-pull factor, ad esempio dalla notizia di una strage così vicina alle nostre coste. Un avviso a tutti i poveri del mondo: lasciateci perdere, siamo degli animali, potreste naufragare a cento metri dalle nostre spiagge e non faremmo nulla per salvarvi, è chiaro? Affogarne sessanta per educarne un miliardo, probabilmente ai piani alti la pensano così.

Cioè, “pensano” è una grossa parola. Non hanno la percezione della quantità, vivono in un mondo immaginario dai confini elastici. Scambiano l’Africa per un cortile, il Mediterraneo per un oceano, lo straniero è un alieno ostile che però ragiona esattamente come un lettore di Libero, se possiamo definirlo ragionare. Vogliono soluzioni semplici, il che richiede problemi semplici: la pressione demografica mondiale non lo è, e quindi smette di essere un problema, insieme alle cause che la determinano. Ci sono solo migliaia di persone che hanno voglia di venire da noi, ma se gli mostriamo che siamo degli animali spietati e incivili vedrai che la voglia gli passa.

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Storia di un finto povero

17 settembre – Sant’Alessio (V secolo), povero di rango

Lo trovarono secco nel sottoscala, il mendicante, nella casa del patrizio che diciassette anni prima gli aveva dato riparo. “Anche mio figlio, come te, è in giro per il mondo”, gli aveva detto: “ovunque sia, prego che un altro padre gli dia un tetto e un giaciglio per dormire”. Quando l’ospite morì, e furono per raccogliere dal pavimento le sue ossa irrigidite, si accorsero che la mano stringeva un cartiglio, e che c’era scritto qualcosa; ma non si riusciva a leggere, il morto non mollava la pergamena.

Ci provarono i medici ad aprirgli la mano, i pompieri e i pretoriani, ormai era diventata una specie di sfida. Alla fine chiamarono gli imperatori Arcadio e Onorio, tutti e due, perché l’autore della leggenda probabilmente non era sicuro su quale imperasse a Roma e quale a Costantinopoli; e in effetti probabilmente all’inizio la storia era ambientata nella nuova Roma sul Bosforo, ma poi un copista si confuse, probabilmente un locale, sai come la pensano: di Roma ce n’è una sola, hai voglia a spiegare che ce ne sono almeno tre. In una versione successiva interviene il Papa direttamente, così è chiaro in quale Roma siamo. Dunque ecco arriva il Papa in questo palazzo sull’Aventino, ah ma quindi è in questa casa che dormiva quel sant’uomo del mendicante? Gli volevano tutti tanto bene. Cos’avete detto che ha nella mano? Un cartiglio? Ecco qui (la mano morta si apre senza fatica). C’è scritto… c’è scritto che si chiama Alessio e che ringrazia suo padre per l’ospitalità.

Al padrone di casa si ferma il cuore.

Il papa all’improvviso si rammenta. “Ma tu avevi un figlio che si chiamava Alessio, no? Quello che mollò la fidanzata davanti all’altare, quando fu? Trent’anni fa? Ma non se n’era andato per il mondo?”

“Alessio, figlio mio”.

“Vuoi dire che per tutto questo tempo non l’hai riconosciuto?”

“Figlio mio!”

“Anche lui però poteva dirti qualcosa, eh”.

Di tutti i santi del calendario, Alessio è forse quello che capisco meno. Tutti i suoi atti di eroica santità, ai miei occhi di abitante del 21esimo secolo, mi sembrano un mix indigeribile di ingenuità e stronzaggine. Mollare la sposa all’ultimo momento perché Dio è più importante, ok, può succedere a tutti di cambiare idea all’ultimo momento, per fortuna lei ti capisce, condivide la tua scelta di castità e si fa monaca, a questo punto perché non dovresti farti monaco anche tu? No, tu te ne scappi via, posso capire anche questo. Decidi di dare tutto quello che possiedi ai poveri, molto giusto, salvo che sei andato via senza un soldo e quindi sei povero anche tu: se fossi rimasto a casa dei tuoi almeno avresti avuto a disposizione un budget da destinare in imprese benefiche, microcredito eccetera, e invece niente: vuoi combattere la povertà con la povertà, una di quelle cose omeopatiche. Ti è mai venuto in mente che invece potevi metterti a lavorare? In fondo sei un giovane sano, puoi benissimo trovarti un mestiere e poi elargire elemosine a tutti i poveri che incontri, il Vangelo si rispetta anche così – eh, no, dopotutto sei un patrizio romano, o campi nel lusso o fai l’elemosina, ma lavorare è fuori discussione.

Anonimo, Ritrovamento del corpo di sant’Alessio,
XVIII secolo

A un angolo di strada di Edessa di Siria, dove potrebbe stazionare un povero vero, uno che ha problemi seri, un cieco, uno storpio, un lebbroso ci vai tu che per affettare la miseria non ti lavi per anni; e l’espediente funziona, la gente ti annusa e caccia i pezzi d’argento, che poi nottetempo tu dividi davvero coi poveri, e vabbe’, se questo è il posto che ti sei trovato nel mondo buon per te; ma a quel punto che fai? Decidi di tornare a Roma. La nostalgia, posso capire. ma incontri tuo padre e non gli dici chi sei. Ti fai ospitare 17 anni da tuo padre, tuo padre che è in pensiero per te e si torce il cuore all’idea che tu sei in giro per il vasto mondo senza un soldo ed è sicuramente colpa sua, è stato il padre peggiore del mondo, se solo potesse avere una seconda possibilità, e tu stai lì per 17 anni e questa seconda possibilità non gliela dai.

E va bene, chi sono io per giudicare, son tre giorni che non telefono ai miei. Però alla fine prima di morire glielo scrivi sul cartiglio, così fa ancora in tempo a guastarsi la vecchiaia dal rimorso che non ti ha riconosciuto – eh no vabbe’ ma allora vaffanculo, Sant’Alessio, sei la leggenda di santi più stronza che conosco. Talmente stronzo che sembri vero. Cioè qui non parliamo di draghi che rapiscono fanciulle o dormienti in una grotta o martiri che accarezzano i leoni; qui c’è un hippy di buona famiglia che sembra stato ritratto l’altro ieri. Figurati se non ce n’è stato almeno uno a Roma o Costantinopoli od ovunque, figurati se in mille anni non è mai successo che un giovinastro mollasse la famiglia per fare il barbone, in teoria in giro per il mondo ma ben presto a pochi metri dalla casa dei genitori. I quali magari a un certo punto si erano impietositi e lo ospitavano pure nella mansarda a uso foresteria, magari fingendo di non riconoscerlo perché il ragazzo ha un suo distorto senso della dignità, che non gli impedisce di chiedere scusa a mamma e papà ma non di chiedere moneta sotto il loro portico di casa. Magari ce n’è stato uno sia a Edessa che a Bisanzio che a Roma, che si svegliavano presto senza mettere a posto la cameretta e uscivano in strada a mendicare, e alla fine che gli vuoi dire? Dopo un po’ sei parte del paesaggio urbano, il giorno che non ti vedono sulla panchina si preoccupano.

Nausicaa s’imbatte sulla spiaggia in un migrante economico.

La leggenda di Sant’Alessio, che io trovo tanto stronza, era una delle più popolari nell’Alto Medioevo. Serviva probabilmente a spiegare che in ogni mendicante ci potrebbe essere un principe, e quindi come tale va trattato; o anche più di un principe: un figlio nostro. Nei tempi in cui capitava a tutti di aver figli in giro per il mondo, su barchette sospesa sui flutti del Mediterraneo o intruppati in qualche legione a portare la pace dove ancora non la sapevano apprezzare; ma ovunque si fossero perduti, avrebbero potuto contare sull’ospitalità, che è la legge più antica. E che ci riguarda tutti, uomini di terra o di mare: se qualcuno è senza tetto, è figlio nostro. Anche se non fosse mai esistito un Alessio, a un certo punto la leggenda ne produsse almeno uno: il primo che mi viene in mente è San Benedetto Labre, un ragazzo francese che nel Settecento arrivò a Roma a piedi senza lavarsi mai, la sua Vita sembra un servizio di Chi l’ha visto. I romani lo presero in simpatia, decisero che era un santo e che faceva i miracoli. Si vede che sotto i pidocchi era un bel ragazzo, ma in un certo senso aveva il terreno preparato dalla storia di Sant’Alessio. Ma io lo so cosa state pensando, voi tre che siete arrivati fin qui (continua sul Post).

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La guerra di Salvini contro le ONG (e l’umanità)

[Questo pezzo è uscito lunedì su TheVision ed era stato scritto qualche giorno e duecento morti annegati prima].

Matteo Salvini non sopporta le ONG. “Non toccheranno più un porto italiano”, ha annunciato martedì scorso a un convegno di Confartigianato (che forse aveva altre priorità). Non che la cosa abbia molta importanza: in una sola settimana di giugno sono sbarcati più di duemila migranti, di cui appena duecento passati per una nave di ONG. Ecco, quei duecento per Salvini sono uno scandalo, una macchia insopportabile nel uso curriculum di Ruspa Umana. Quanto agli altri 1800, possono accomodarsi: non fanno neanche notizia. Mentre la Lifeline rimaneva bloccata al largo di Malta con 234 migranti, la Maersk ne sbarcava tranquillamente 108 a Pozzallo – ma la Lifeline è la nave di una ONG tedesca, la Maersk è un cargo mercantile: nessuno l’accuserà nemmeno velatamente di trescare con gli scafisti.

È come se gli unici migranti che preoccupano Salvini fossero quelli a cui capita di essere soccorsi dalle ONG. Ricordate l’Aquarius, coi suoi 630 migranti? Dovette affrontare una tempesta e riparare in Spagna, mentre Capitan Ruspa mostrava i muscoli in campagna elettorale twittando #ChiudiamoIPorti; nel frattempo la Guardia Costiera sbarcava 932 migranti a Catania senza che né Salvini né Toninelli trovassero nulla da ridire: insomma i porti sono “chiusi” soltanto per le ONG, e siccome le ONG soccorrono soltanto una piccola parte dei dispersi in mare, i porti sono “chiusi” solo per chi si beve gli hashtag di Salvini. Allontanare le ONG dai porti italiani gli consente di cantare #Vittoria per un’altra mezza giornata, ma non ha nessun effetto misurabile sul fenomeno migratorio: se le navi non governative non possono attraccare da noi, possono pur sempre chiedere soccorso ad altre navi. Che non glielo rifiuteranno.

Il comandante della Guardia Costiera al proposito è molto chiaro: “Abbiamo risposto sempre, sempre rispondiamo e sempre risponderemo a ogni chiamata di soccorso perché è un obbligo giuridico, ma prima ancora morale”. È la legge del mare: i naufraghi si soccorrono. Che se ne faccia carico un’ONG o la Guardia Costiera, non fa differenza. O meglio, una differenza c’è, che anche l’elettore salviniano dovrebbe apprezzare: la Guardia Costiera la paghiamo noi. Con le nostre tasse. Ogni litro di carburante, ogni ora di straordinario dell’equipaggio. Le ONG invece si finanziano da sole, senza nulla pretendere dal contribuente italiano. Salvano vite senza chiederci un soldo: questa cosa Matteo Salvini non la sopporta. Piuttosto di fare attraccare l’Aquarius in Italia, preferisce buttar via i nostri soldi facendola scortare dalla Guardia Costiera fino a Valencia. Perché? Storia lunga. C’entra uno youtuber, un libro Mondadori e forse anche un po’ Putin (ma non ha senso dare tutta la colpa a Putin).

Prima di raccontarla, fissiamo alcuni punti: le migrazioni nel Mediterraneo non sono un’emergenza (anzi negli ultimi mesi il numero dei migranti è bruscamente calato), ma un processo storico. Non è cominciato a causa del malvaggio Piddì, e non finirà perché Salvini fa la voce grossa con gli interlocutori più piccoli, la minuscola Malta e le minuscole ONG. Né le navi delle ONG, per quanto volonterose, possono essere ritenute responsabili del fenomeno, che non si è intensificato da quando sono in mare. Inoltre a tutt’oggi non risulta che siano colluse con gli scafisti. Probabilmente negli ultimi mesi avete sentito dire il contrario. Da Salvini, che le ha definite “vicescafisti“, o da Marco Travaglio, che anche martedì su Carta Bianca parlava di una “collaborazione di fatto” tra scafisti e operatori ONG. È almeno da un anno che ne parla, ma martedì ha precisato che non sta parlando di reati, e che non si aspetta che le indagini “arrestino o colpevolizzino” le ONG. Ne ha parlato molto anche il procuratore di Catania, Zuccaro, anche se confrontando le sue dichiarazioni sembra evidente che col tempo ha corretto il tiro: all’inizio diceva di avere delle prove, ma già da un anno sta parlando di “ipotesi di lavoro”. Ultimamente nelle interviste preferisce parlare di reti criminali basate in Africa: non sempre i titolisti se ne accorgono.

Nel frattempo però la procura di Palermo ha archiviato le indagini su due ONG, Sea Watch e Proactiva. La sentenza è importante perché ribadisce che secondo le convenzioni internazionali “le azioni di soccorso non si esauriscono nel mero recupero in mare ma devono completarsi e concludersi con lo sbarco in luogo sicuro“: se la Libia non lo è, e Malta non sempre collabora, le navi delle ONG hanno tutto il diritto di attraccare in un porto italiano – o perlomeno non commettono un reato provandoci. Sì, c’è una sentenza di un tribunale italiano che dà ragione alle ONG e torto a Salvini e Toninelli (Continua su TheVision).

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Come costruire un ghetto (ti aiuta anche Gramellini)

Qualche giorno fa sono entrato in un bar e mentre addentavo un cornetto ho scoperto che il mio quartiere è un ghetto. C’era scritto sul giornale. Un ghetto.


Sono uscito a dare un’occhiata. Sembrava proprio lo stesso quartiere. Il parcheggio, la palestra, la chiesa dei frati, tutto regolare. Lo stadio, il sindacato, la bocciofila nell’ex macello, la discoteca dei ragazzini e proprio di fianco la scuola dai muri giallo canarino dove gli italiani sarebbero discriminati dagli… “extracomunitari”. Così diceva il giornale.


Non era un giornale locale. Era il Corriere della Sera. In prima pagina, Gramellini stava dicendo che la Cittadella di Modena – neanche un quartiere, in realtà, un riquadro di strade appena fuori dal Centro – è un ghetto “poco frequentato dai radical chic”. Il feticcio preferito dei giornalisti italiani, i “radical chic”, esistono dunque anche a Modena? Non ne sono così sicuro; ma nel caso senz’altro cercherebbero di iscrivere i figli al liceo qui davanti. Cosa sta succedendo? Perché un affermato giornalista su un quotidiano nazionale sta parlando male del mio angolo di strada – dove evidentemente non ha messo mai piede – e in particolare di… una scuola elementare?


Un passo indietro: a settembre una signora modenese si è resa conto che sua figlia era l’unica, nella sua classe seconda, ad avere un cognome italiano… (ho scritto un pezzo sulla Cittadella su TheVision, perché Modena non ti molla mai).

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Quanti marinai cingalesi servono per portare 8 ragazzi bianchi a salvare l’Europa?

Dopo vent’anni di lutto, finalmente la regina ha acconsentito a risposarsi. Ma proprio durante il banchetto di fidanzamento scoppia una rissa incresciosa: un mendicante trucida tutti gli invitati affermando di essere il vecchio re, tornato da un lunghissimo viaggio. Dice che ha conquistato una grande città (ma non porta con sé nessun bottino); che nel viaggio di ritorno ha sconfitto mostri, litigato con dèi, visitato il mondo dei morti, insomma era assente giustificato. Questo è più o meno quel che resta dell’Odissea se togli lo storytelling e lasci lo squallore.

Ho ripensato a Ulisse, e a quanto gli piaceva raccontarsela, quando l’altro giorno su Libero ho ritrovato Lorenzo Fiato e i suoi amici di Defend Europe. Era da un po’ che non ne sentivo parlare. Il loro profilo twitter è inattivo da un mese, c’era di che preoccuparsi. Fiato è un vero Ulisse del mediterraneo contemporaneo. Non ci credete? Sentite cosa scrive su Libero un tizio che non è Omero, ma si sta attrezzando:
“Hanno fermato gli scafisti, l’immigrazione clandestina e le Ong, e sono appena 8 ragazzi. Per questo li hanno definiti “pirati” o “fascisti” ma oggi l’equipaggio di Defend Europe può dirsi vincitore. A bordo della loro C -Star hanno svelato i lati oscuri e, forse, gli affari delle Organizzazioni non governative attive nel salvataggio dei migranti…”
Otto ragazzi, pensate. Otto giovani a bordo di una nave hanno “svelato i lati oscuri” delle ONG, e hanno vinto! (su TheVision c’è un pezzo mio, sottilmente intitolato LA NAVE ANTI-ONG DEFEND EUROPE È AFFONDATA IN UN MARE DI SFIGA).

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Comunicatori che ci comunicano che lo Ius Soli è comunicato male

Ogni volta che mi capita di preparare una visita d’istruzione all’estero, so già che ci sarà almeno un mio studente che dovrò lasciare a casa perché non ha i documenti per l’espatrio. Immaginate la situazione: due ragazzi uguali, nati nella stessa città (la mia), che vanno nella stessa scuola, pisciano nello stesso gabinetto (meglio se non contemporaneamente), ma che non hanno lo stesso diritto di andare in Costa Azzurra, perché? Perché uno ha i genitori, per dire, moldavi e l’altro rumeni. Quindi il secondo ha i documenti per andare in gita e il primo no. Al primo cosa posso dire? Mi dispiace, ho visto che ti impegni e mi stai pure simpatico, ma i tuoi genitori sono nati a est del fiume Prut a quanto pare la cosa è molto importante; infatti chi viene da oltre il fiume Prut è una minaccia per la nostra identità, nel senso che può anche lavorare e pagare le nostre tasse, ma suo figlio in gita in Francia, eh no. È una pura assurdità, che almeno un partito (il PD) aveva promesso di eliminare, con una legge (il cosiddetto Ius Soli) che questa settimana con ogni probabilità si impantanerà in Senato e molto difficilmente nella prossima legislatura qualcuno avrà le palle di riproporre. E questo perché?
Forse perché negli ultimi mesi alcune testate si sono messe a pompare al massimo un certo sentimento xenofobo, inventandosi una specie di invasione africana che – dati alla mano – non esiste?

(Ciao. Su TheVision c’è un pezzo mio, si chiama Che c***o sta combinando il Pd con lo Ius Soli ma ce l’ho più col Corriere che col Pd. Non è che uno può sempre prendersela col Pd. Ok, un’altra volta me la prendo col Pd).

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Fa un po’ male, ma poi (il razzismo)

“Ma hai sentito la storia del mediatore culturale?”
“Come facevo a non sentirla? Sei colonne su Libero”.
“Ma come si fa a scrivere una cosa del genere?”
“Nel giorno in cui un missile nordcoreano ha attraversato lo spazio aereo giapponese”.
È un atto peggio ma solo all’inizio, dio mio”.

“E poi mezzo Texas sott’acqua, il vertice europeo sui migranti…”
“Ma come si fa a credere a una cosa del genere”.
“Eppure Libero aveva in prima pagina soltanto la stronzata di un mediatore culturale – in pratica il dipendente di una cooperativa – definito “capo musulmano“”.
“Cioè secondo te la notizia è che Libero ci faccia un titolo?”
“Non un titolo. Il titolo di apertura. A tutta pagina. Per la scemenza di un tizio su facebook. Che diventa miracolosamente la tesi di un capo musulmano“.
“Non è una semplice scemenza. Era una stronzata orribile, maschilista, portatrice di una visione arcaica…”
“Più che arcaica forse consolatoria”.
“Consolatoria?”
“L’idea che una donna non soffra durante lo stupro. Sembra un’autocensura. Non posso credere che qualcuno soffra per così tanto tempo, e così decido che non è vero, che non sta soffrendo. Più che da una cultura arcaica, credo che sia il risultato di uno choc culturale. Un maschilista puro perché dovrebbe preoccuparsi se la donna soffre o no?”
“Ti stai infilando in una fessura pericolosissima, te lo dico”.
“Ma no, è che quando incontro una nozione falsa, mi chiedo sempre da dove salta fuori. Oggi si tende a pensare che le fake news servano a mandare avanti un’agenda politica, o semplicemente ad attirare attenzione e clic. Ma le nozioni false le abbiamo sempre avute, prima della politica e prima dei clic. La maggior parte serviva a proteggerci”.
“A proteggerci?”
Dov’è il nonno? È andato in cielo“.
“Serviva a proteggerci?”
“Magari non funzionava, ma non te la raccontavano per altri motivi. Fa molto male? No, solo all’inizio, poi passa“.
“Stai cercando di giustificare…”
“Sto cercando di capire”.
“Non è che puoi passare la vita a cercare di capire gli ignoranti”.
“Ma è proprio quello che dovremmo…”
“No. Non funziona così. Anche perché gli ignoranti sono troppi. Non ce la faremmo mai. Devono essere loro a fare un passo avanti”.
“Ma che significa, non è mica un match noi contro loro. Siamo tutti ignoranti di qualcosa. Usiamo tutti qualche falsa nozione per proteggerci”.
“Fammi un esempio”.
“Ogni agosto, hai notato che a ogni fine di agosto esce una notizia ambientata sulla spiaggia che riassume il nostro approccio stagionale al problema dei migranti? Due anni fa, la foto di quel bambino siriano annegato sul bagnasciuga“.
“Non era una falsa nozione”.
“Era una foto tra tante, riassumeva un problema generale e complesso, simboleggiò una specie di svolta: la Merkel cambiò atteggiamento, tutti cambiarono atteggiamento – molti perlomeno – per un po’ prevalse la linea dell’accoglienza. L’anno scorso, sempre su una spiaggia, il ladro di bambini“.
“Me l’ero dimenticato”.
“Anche quella volta, paginone di Libero. Tutto rapidamente sgonfiatosi, non c’era stato nessun tentato furto di nessun bambino. Ma riassumeva l’aria che stava tirando. Quest’anno il capo musulmano che insegna su facebook la meccanica dello stupro”.
“Riassume la situazione?”
“Serve a difenderci”.
“Ma cosa stai dicendo?”
“Vuoi la notizia vera? Quella che non ha dato Libero, e che anche i giornali rispettabili sono un po’ restii a comunicare? Per risolvere la cosiddetta emergenza immigrazione, in due mesi abbiamo probabilmente lasciato annegare trentamila persone”.
“Forse un po’ meno…”

Dati fieramente elaborati dal Ministero degli Interni
Li aggiornano tutti i giorni!

“Non è stato difficile: abbiamo lasciato che la libera informazione criminalizzasse le ONG, e poi le abbiamo fatte sostituire da una banda di pirati che abbiamo deciso di chiamare guardia costiera libica“.
“Lo so”.
“Nel frattempo abbiamo preso accordi col capotribù che almeno a Tripoli ha preso il posto di Gheddafi, e che istituirà campi di concentramento disumani quanto quelli di Gheddafi. Anche se la Libia continua a essere un po’ instabile e quindi, in concerto con l’Unione Europe che plaude al nostro spirito di iniziativa, stiamo pianificando di finanziare campi di concentramento più a monte, nel Sahel”.
“So anche questo, ma…”
“In questo modo magari l’estate prossima i trentamila morti moriranno così tanto lontano, o lungo una una filiera talmente sviluppata e complessa, che non ce ne accorgeremo neppure, il che ci farà sentire meno assassini e forse farà vincere le elezioni contro i razzisti ignoranti, noi razzisti consapevoli e pianificatori”.
“Senti, ho capito, mi rendo conto che è terribile, ma non andrà così”.
“No?”
“Capisco che in questo momento tu possa sentirti…”
“Un po’ assassino?”
“Diciamo che siamo tutti colpevoli… di una situazione orribile che…”
“Che si poteva evitare”.
“Però non puoi esagerare. Non serve a niente esagerare”.
“Sto esagerando?”
“Trentamila morti ogni estate, per esempio. Non è vero”.
“È una stima”.
“È solo la sottrazione tra gli sbarcati dell’anno scorso e quelli di quest’anno. E può darsi che davvero l’unica causa della differenza, quest’anno, sia che sono annegati. Non c’erano più navi disposte a soccorrerli, e li abbiamo lasciati annegare”.
“Abbiamo fatto sì che fossero lasciati annegare”.
“È successo. Ma l’anno prossimo non saranno di nuovo trentamila”.
“Perché no?”
“Ma è una questione di buonsenso, insomma… quelli che partivano quest’anno, pensavano che sarebbe stato facile come l’anno scorso. Ma l’anno prossimo… ora che lo sanno… partiranno in meno”.
“Cioè la strage sarà servita da deterrente”.
“Purtroppo sì”.
“Ma come fai a saperlo?”
“È buonsenso”.
“O forse è un istinto autoprotettivo”.
“Cosa?”
“Mi stai dicendo che dopo un po’ smette di fare male”.
“Non capisco”.
“Il massacro. All’inizio fa male, ma dopo la gente si abitua e alla fine magari gode anche un po’”.
“Facciamo che non ti sento”.

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